Fondi pubblici ad aziende, arriva l’ispettore del ministero: la soluzione è tragicamente sbagliata

In arrivo l'obbligo di integrare i collegi sindacali o di revisione con un ispettore del ministero per le aziende che ricevono fondi pubblici.
1 mese fa
2 minuti di lettura
Fondi pubblici ad aziende private ed enti, arriva l'ispettore
Fondi pubblici ad aziende private ed enti, arriva l'ispettore © Licenza Creative Commons

Ci sono i conti dello stato da tenere in ordine, attraverso la minimizzazione degli sprechi e, ove possibile, degli illeciti legati alla corruzione e alla distrazione dei fondi pubblici. Sarà stata questa la premessa per l’art.112 della legge di Bilancio per il 2025, recante titolo “Misure di potenziamento dei controlli di finanza pubblica”. Se n’è parlato pochissimo, per non dire niente all’infuori delle categorie a cui fa riferimento. Invece, si tratta di una novità dirompente. Tutte le società private e gli enti che riceveranno fondi pubblici per un importo di almeno 100.000 euro, saranno tenuti a integrare i rispettivi collegi sindacali o di revisione con un rappresentante del Ministero di economia e finanze (Mef).

Fondi pubblici, ecco le realtà coinvolte

L’obbligo ricadrà sulle società di capitali, le cooperative, le fondazioni e le associazioni. Restano escluse le srl, a patto che nominino un sindaco unico o un revisore. Le stime parlano di 40.000 soggetti in tutto coinvolti, di cui 30.000 spa o società per azioni. Entro la fine di marzo il governo fisserà definitivamente l’importo minimo per i fondi pubblici erogati, oltre il quale scatta l’obbligo di integrazione dell’organo di monitoraggio.

Troppi abusi, ma soluzione dubbia

Che lo stato debba controllare in misura più pregnante a chi dà i denari dei contribuenti ed evitare che finiscano per alimentare finalità diverse da quelle previste, è qualcosa che avvertiamo tutti noi cittadini. Ci sono scarsissimi controlli su come molte aziende usino i fondi pubblici, spesse volte non per investire, bensì per operazioni di puro “mordi e fuggi”. E tanti saluti a tutti. Che questa sia la soluzione, però, è altamente dubbio.

Ogni anno, lo stato italiano eroga diversi miliardi di euro ad enti e aziende, al fine di raggiungere obiettivi anche nobili, come lo sviluppo del territorio, la diffusione della cultura, ecc.

Tuttavia, non è inviando un ispettore del ministero nelle sedi di coloro che ricevono fondi pubblici che si risolve il problema degli abusi. In primis, perché la storia ci insegna che là dove esistono commistioni tra funzionari dello stato e soggetti privati, i casi di corruzione si moltiplicano. Chi ci garantisce che un rappresentante del Mef sia più onesto di un professionista come un sindaco o un revisore contabile?

Norma a rischio flop

Seconda critica: ammettendo che realmente il Mef invierà ispettori in tutte le 40 mila realtà da monitorare, dispone di tanto personale? La risposta la conoscete. Anche se ciascuno potrà monitorare più aziende, fondazioni, associazioni ed enti, resterebbe il problema di provvedere in tempi stretti alle nomine e ad eliminare sul nascere i possibili conflitti di interesse. Sulla carta potrebbe anche funzionare, nella realtà sarebbe l’ennesimo flop normativo.

Infine, se proprio ce la dobbiamo raccontare tutta, in un’economia liberale non si mandano gli ispettori ministeriali per controllare l’uso dei fondi pubblici. Più semplicemente, si limitano ai minimi termini tali erogazioni. In Italia esiste una mangiatoia, che nessun governo riesce mai a scalfire, per finanziare iniziative dalla dubbia utilità sociale. Si va dal sostegno alle sagre paesane ai sussidi in favore di cinema, teatri, musei nel nome della tutela dei territori, del terzo settore, del sostegno alla cultura e ogni altra scempiaggine ripetuta a pappagallo per mantenere sacche di clientelismo diffuso a tutti i livelli.

Meno fondi pubblici, non ispettori

Un governo conservatore deve provvedere a tagliare i fondi pubblici senza guardare in faccia nessuno, anche se appare irrealistico azzerarli. Anche se questa norma entrasse in vigore e funzionasse, non risolverebbe il problema di abusi da parte di coloro che ricevono importi dallo stato inferiori ai limiti fissati. Centomila euro possono sembrare pochi per un bilancio pubblico, ma per chi li ottiene è tanta roba.

Sono diversi stipendi annui goduti senza il più delle volte rendere conto a nessuno e, soprattutto, senza che la cittadinanza abbia la reale necessità di mantenerli. Altro che ispettori, qua serve prosciugare la palude!

[email protected] 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

web tax
Articolo precedente

Web Tax senza esclusioni: tutte le piattaforme digitali saranno tassate

bonus libreria
Articolo seguente

Bonus librerie 2024: ancora pochissimi giorni per richiedere fino a 20.000 euro