Mancano esattamente due settimane all’avvio del collocamento per il BTp Italia con scadenza 4 giugno 2032. Un appuntamento da sempre atteso per capire il grado di appeal riscosso dai titoli di stato tra gli investitori retail. A questi sarà riservata la Prima Fase, quella che inizierà martedì 27 maggio e si concluderà, salvo chiusura anticipata, giovedì 29. La Seconda Fase vedrà protagonisti soli investitori istituzionali e nella sola mattinata di venerdì 30. Il Tesoro comunicherà lunedì 26 la cedola minima garantita. Al termine del collocamento, questa potrà essere confermata o rivista solamente al rialzo.
Emissione dopo successo per BTp Più
Sappiamo già, invece, che il premio fedeltà è stato fissato all’1%.
Come sempre, a beneficiarne saranno i sottoscrittori del BTp Italia in fase di collocamento e che manterranno il titolo fino al giorno della scadenza. La rivendita anche un giorno prima farà decadere il diritto. Quale sarà la partecipazione delle famiglie? A febbraio il BTp Più ha visto richieste per 14,9 miliardi di euro. In quel caso, però, si trattava di un bond con cedola fissa e crescente, della durata di 8 anni e opzione di rimborso anticipato alla pari già dopo 4 anni per i sottoscrittori.
Il collocamento del BTp Italia di fine maggio, invece, avrà ad oggetto un bond indicizzato all’inflazione italiana. Nel dettaglio, la cedola minima garantita sarà agganciata all’indice FOI di semestre in semestre. Abbiamo idea di quale possa essere il tasso di base, quando mancano due settimane all’operazione? Possiamo cercare di capirlo attraverso le aspettative d’inflazione monitorate sul mercato sovrano. Come? Confrontando il rendimento offerto dal BTp Italia 2030 e quello del BTp 2030 con cedola fissa.
Si tratta della scadenza più vicina per la quale disponiamo di titoli sia indicizzati che con cedole fisse.
Quale cedola minima garantita
Il BTp Italia 2030 quota oggi alla pari, offrendo un rendimento reale attorno all’1,60%. Invece, il BTp luglio 2030 rende circa il 2,90%. La differenza dell’1,30% segnala il tasso medio d’inflazione attesa nell’arco del prossimo quinquennio. Nel caso del collocamento del BTp Italia 2032, la scadenza è di 7 anni. Poco dovrebbe cambiare in termini di aspettative d’inflazione. Sapendo che il BTp luglio 2032 offre attualmente il 3,25%, otteniamo che la cedola minima che il Tesoro fisserebbe a ridosso dell’emissione sarà vicina al 2%.
Da notare che le aspettative d’inflazione in Italia, ancor più che nell’Eurozona, siano rimaste “fredde” in questi mesi di tensioni legati al riarmo europeo prima e ai dazi americani dopo. La Banca Centrale Europea (BCE) ha un target del 2%, per cui il mercato starebbe prevedendo una crescita dei prezzi al consumo in media ben inferiore per i prossimi anni. Segno che l’economia del continente possa rivelarsi poco vivace e/o che i temuti dazi si tradurranno in un aumento dell’offerta di merci sul mercato comune per sopperire alle possibili minori esportazioni negli USA.
Collocamento BTp Italia al test della (bassa?) inflazione
Con questi numeri resta da vedere se il collocamento del BTp Italia sarà allettante per il popolo dei risparmiatori.
Non essendoci un rischio di alta inflazione in vista, probabile che molte famiglie snobberanno l’emissione. D’altra parte, veniamo da una fase di aumento imprevisto dei prezzi e mai così alto sin dagli anni Ottanta. Un fattore che potrebbe indurre in molti a mettersi al riparo con l’acquisto di qualche bond indicizzato, cosa che non fa mai male al portafoglio d’investimenti.
L’ articolo come al solito è molto interessante. A mio avviso però andrebbe messa in evidenza un neo del btp Italia, infatti le misurazioni ufficiali dell’ inflazione la sottostimano fortemente, questo per la costruzione truffaldina del paniere FOI, dove la spesa alimentare, che è quotidiana, universale ed anelastica rispetto al prezzo, pesa meno che altre voci di acquisto particolari, una tantum e la cui elasticità rispetto al prezzo è molto alta. In aggiunta a ciò anche possibili rilevazioni dei prezzi direttamente manomesse. Anche prendendo per buoni i dati del MISE e dell’ ISTAT un chilo di pane oggi costa il 30% in più rispetto a soli quattro anni fa. Eppure, l’inflazione è aumentata “solo” del 17,5%.
Beh… Non rientrano le auto.. E’ già questo vorrebbe dire tanto.. Come se non fosse una voce che incide sulla spesa delle famiglie..Sarà pure un bene durevole, però… Però fanno rientrare i ristoranti cinesi che paradossalmente abbassano pure i prezzi! Ovviamente a danno di qualità e salute.. Insomma il primo VERO paniere, era fatto da beni alimentari e basta.. Ed era sicuramente più realistico.
Egregio dr. Andrea Amantea ,tutto quello che ho avuto come risposta era gia’ a mia pconoscenza. Ilproblema sta ,come ho gia’ detto, nella mancanza della perequazione dei limiti per cui centinaia di migliaia di soggetti a carico, esconodai benefici. Mi sembra che sia doveroso intervenire per giustizia sociale. Grazie.