Sono passati quasi due mesi dalla notizia dell’arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul, con accuse di corruzione e fiancheggiamento tra l’altro di terroristi vicini al PKK. L’organizzazione curda ha appena annunciato la cessazione delle attività militari contro Ankara dopo una lunga scia di sangue durata 40 anni. Anche se la tempesta sembra essere rientrata quasi subito, l’economia turca sta subendo le conseguenze dell’ennesimo scossone geopolitico. La Borsa di Istanbul resta del 10% in calo rispetto ai valori di due mesi fa. Il cambio contro il dollaro ha registrato un deprezzamento del 5,5%. E i rendimenti sovrani sono letteralmente esplosi. Il decennale rende il 10% in più con l’attuale 34,5%, mentre la scadenza a 2 anni segna un +13,80% al 49%.
Lira turca difesa dalla banca centrale
E’ andata molto meglio ai bond turchi denominati in dollari. Il quinquennale segna un arretramento di appena l’1% e offre all’incirca il 6,40%, mentre il decennale perde il 2% e rende il 7,75%. Nel frattempo, la banca centrale ha dovuto invertire la rotta sui tassi di interesse. Aveva iniziato da poco a tagliarli, mentre ha dovuto rialzarli di 350 punti base o 3,50% al 46%. L’inflazione in aprile ha proseguito la discesa, ma di poco. Si attesta al 37,9%. Su base mensile, però, i prezzi al consumo hanno ripreso ad accelerare al 3% dal 2,46% di marzo.
La lira turca non è collassata come si temeva, ma solamente perché la banca centrale l’ha sostenuta a colpi di vendite di valute straniere. Tra metà febbraio e la fine di aprile le riserve valutarie sono scese di poco meno di 100 miliardi di dollari. La buona notizia è che da allora sono risalite di 6 miliardi. Il bilancio, però, resta profondamente negativo. E la bilancia commerciale non sta beneficiando del cambio debole. Anzi, il passivo nei primi 4 mesi dell’anno si è allargato a 34,53 miliardi di dollari.
Le partite correnti stesse nel primo trimestre hanno chiuso in peggioramento a -12,3 miliardi dai -9,7 miliardi dell’anno prima.
Impatto limitato dai dazi
Le previsioni di crescita per l’economia turca sono state limate dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo dal precedente 3% al 2,8% per quest’anno. Tutto sommato, non male. I dazi americani costituiscono un rischio limitato. Anzitutto, perché Ankara ha beneficiato della tariffa generale più bassa imposta dagli USA al 10%. Secondariamente, le esportazioni verso il mercato americano incidevano nel 2024 per appena il 6,4% del totale. Il grosso di esse si ha verso l’Unione Europea, al 41,5%.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha da poco fatto visita in Italia, dove ha siglato accordi commerciali con la premier Giorgia Meloni. Questa settimana, dovrebbe ospitare i colloqui di pace tra Ucraina e Russia. Non è escluso che arrivi anche il presidente americano Donald Trump. Sul piano geopolitico la Turchia è diventata una potenza regionale di tutto rispetto, capace di muoversi non senza spregiudicatezza tra le alleanze tradizionali in seno alla NATO e nuove amicizie in Asia, tra cui Mosca e Pechino.
L’economia turca vale oggi 1.300 miliardi di dollari, 17-esima più grande nel mondo.
Economia turca esposta al rischio geopolitico
Il problema per gli investitori stranieri resta l’imprevedibilità di Erdogan. Dopo la rielezione a presidente nel maggio di due anni fa, c’era stata la svolta in politica economica con l’adozione di misure ortodosse in campo fiscale e monetario. Ciò regge a tutt’oggi, ma gli arresti di due mesi fa hanno nuovamente affievolito la fiducia del mercato verso Ankara. Il rischio geopolitico si conferma elevato.
tutto ok .Passo ad altro argomento che puo’ interessare.Si verifica che i limiti previsti per familiari a carico dal 2006 ( se non erro) non vengono perequati.Le pensioni e altro si.Cio nel tempo determina la non funzionalita’ dei benefici previsti. Con cio’ voglio dire che gli Enti preposti (inps- agenzia delle entrate) avranno meno carico a svantaggio degli utenti interessati. E’ bene considerare il caso .