Il calcolo della pensione in Italia è spesso poco chiaro. Anche se il sistema contributivo, oggi impiegato per determinare la gran parte degli assegni, ha semplificato le modalità di calcolo, sugli importi permangono dubbi e perplessità. Molti, infatti, non comprendono da dove provenga la somma che l’INPS accredita loro. Il meccanismo – che può apparire paradossale – premia una età di uscita più elevata: più tardi si lascia il lavoro, più alto risulta l’assegno finale. Oltre a ciò, un’età pensionistica avanzata implica anche contributi versati per un periodo più lungo, fattore decisivo nell’attuale sistema.
Importi pensione 2025, cambia tutto in base all’età: calcoli e particolarità
Il sistema contributivo si fonda su un principio molto semplice: ogni mese il lavoratore percepisce un salario lordo, dal quale viene trattenuto il 33 % a titolo di contribuzione previdenziale (nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti).
Di questo 33 %, il 9,19 % è a carico del lavoratore; il resto è versato dal datore di lavoro. L’insieme di queste trattenute costituisce il montante contributivo.
Al momento del pensionamento, tale montante viene rivalutato in base all’inflazione: per ogni anno di contribuzione si applica il tasso registrato nei periodi successivi (ad esempio, i versamenti del 2000 si rivalutano con l’inflazione 2001, poi 2002, e così via). È la fase più complessa del calcolo, poiché richiede di considerare gli indici ISTAT di ogni singolo anno.
I coefficienti di trasformazione, ecco come funzionano
Una volta rivalutato il montante, lo si moltiplica per i coefficienti di trasformazione: percentuali che convertono il capitale accumulato in pensione annua lorda. Questi coefficienti aumentano con l’età e si aggiornano ogni due anni per riflettere l’aspettativa di vita.
Se la vita media si accorcia, i coefficienti migliorano; se si allunga, peggiorano. Suddividendo l’importo annuo per 13, si ottiene la pensione mensile.
Ecco che cosa incide sugli importi delle pensioni
Da quanto detto emergono tre fattori chiave:
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Età di pensionamento – Più si posticipa l’uscita, più favorevoli saranno i coefficienti di trasformazione.
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Anni di contribuzione – Un periodo lavorativo più lungo significa un montante maggiore.
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Retribuzione – Un salario più alto incrementa la quota del 33 % versata all’INPS, accrescendo il montante.
Ecco perché, negli ultimi dati INPS, le pensioni di vecchiaia risultano in crescita rispetto alle pensioni anticipate, penalizzate da tagli, finestre e disincentivi. Rimandare il ritiro dal lavoro porta a un assegno più consistente, sia per l’effetto – seppur moderato – di coefficienti migliori, sia, soprattutto, per l’aumento dei contributi che continuano a riempire il montante.