Perché in Italia si va in pensione di vecchiaia sempre di più e sempre di meno in anticipo, l’analisi del calo

Pensioni anticipate sempre più in calo, c'è chi accusa l'attuale governo, ma i problemi forse sono da trovare prima.
7 giorni fa
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pensioni in calo
Foto © Investireoggi

Dopo la stretta del governo Meloni calano le pensioni anticipate in Italia. Dopo i dati del rapporto INPS sul sistema previdenziale italiano questa la notizia che ha segnato la materia pensioni negli ultimi giorni. Alcuni quotidiani notoriamente critici verso il governo, hanno subito colto al balzo l’occasione di rincarare la dose, parlando di stretta del governo Meloni. Ma il fatto è che dal 2021, dalla sparizione di quota 100, sicuramente le possibilità di andare in pensione prima sono diminuite. E poi c’è anche la questione del lavoro, spesso assente, precario e intermittente. Che produce un peggioramento delle possibilità di andare in pensione con l’elevatissimo numero di anni di versamenti che servono oggi per la stragrande maggioranza delle pensioni anticipate.

Perché in Italia si va in pensione di vecchiaia sempre di più e sempre di meno in anticipo

Se c’è da dare la colpa di qualcosa all’attuale governo in materia pensioni questa colpa è senza dubbio quella di non aver mantenuto le promesse di arrivare a riformare il sistema con misure alternative alla legge Fornero. Parlare di responsabilità del governo che ha introdotto una stretta sulle pensioni anticipate però sembra una esagerazione.
Infatti è vero che la quota 103 è stata una misura che il governo Meloni ha deciso di ritoccare in peggio negli ultimi anni. Perché il tetto massimo della pensione fruibile è sceso dal 2023, quando era pari a 5 volte il trattamento minimo, al 2024 e 2025 portato come oggi a 4 volte il trattamento minimo. E poi sempre dal 2024 il calcolo contributivo della prestazione ha preso il posto del calcolo misto notoriamente migliore.

L’analisi del sistema e perché le pensioni anticipate sono in calo

Ma quanti erano prima quelli che vedevano facile prendere la quota 103 nel 2023? Erano sempre pochi naturalmente.

Secondo molti è il passaggio a quota 103 con calcolo contributivo e con tetto all’importo massimo di pensione abbassato, con l’aggiunta di finestre più lunghe, il deterrente che rende la misura poco usata. Sarà anche vero che coloro che puntavano alla quota 103, che erano già pochi a dire il vero a prescindere da quella che tanti chiamano stretta, adesso la vedono penalizzante.

Ma è pur sempre vero che la quota 103 è nata per prendere il posto della quota 102 e ancora prima della quota 100. Era quest’ultima misura quella che davvero favoriva le uscite. Ma gli stessi che criticano oggi la quota 103 ritenendola penalizzante e poco fruibile, sono quelli che reputavano la quota 100 come il male assoluto, come una misura dannosa per le casse pubbliche e per la sostenibilità del sistema. E non è stato il governo Meloni a cancellare la misura.

Pensioni di vecchiaia la soluzione più gettonata da quando hanno eliminato la quota 100

Con quota 100 bastavano 62 anni di età come con la quota 103. Ma bastavano 38 anni di versamenti e non 41 anni. Perché 41 anni come oggi funziona la quota 103, sono solo 2 anni (anzi, 22 mesi) di contributi in meno rispetto alle pensioni anticipate ordinarie. Anzi, per le donne la distanza è di solo 10 mesi.

A questo punto, penalizzazioni o meno, il fatto che molti potessero pensare di aspettare per uscire con il massimo previsto dalla normativa è una logica conseguenza non dell’inasprimento di quota 103, ma della cancellazione della quota 100.

Perché la pensione di quota 103 oggi in calo, non è certo la migliore delle soluzioni e perché non lo è mai stata

Tra l’altro bisogna anche fare in conti con alcune situazioni contingenti, che portano le pensioni anticipate ad un calo numerico rispetto al passato. Sempre partendo da quota 103, i 41 anni di versamenti sono un fardello pesante. Per consentire a qualcuno di uscire con 62 anni di età, quel qualcuno avrebbe dovuto iniziare a lavorare a 21 anni esatti ed aver proseguito ininterrottamente per 41 anni.

E con le opportunità di lavoro che ormai da decenni vedono precariato e disoccupazione a farla da padroni, inevitabile che non si possa pensare che ci siano una miriade di contribuenti che si trovano in situazioni tanto agiate dal punto di vista pensionistico. Chi arriva a 41 anni di contributi ed ha già 65 o 66 anni, inevitabile che scelga, per le ragioni prima esposte, di aspettare altri 12, 15 o 20 mesi. Parlare di pensioni anticipate a 65 o 66 anni è qualcosa di fuori luogo.

Un altro aspetto da considerare è il bonus Maroni, come viene chiamato lo sgravio contributivo per chi una volta raggiunti i requisiti per la misura, decide di restare al lavoro prendendo uno stipendio maggiore. Pure questo è un deterrente, che finisce con lo spingere il contribuente ad aspettare di arrivare all’età per la pensione di vecchiaia piuttosto che uscire prima.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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