Mercato del petrolio in mano all’Arabia Saudita, la rivincita del principe ereditario MbS

Mercato del petrolio nelle mani dell'Arabia Saudita, il cui principe ereditario si prende la rivincita dopo anni di maltrattamento mediatico.
2 mesi fa
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Mercato del petrolio in mano ai sauditi
Mercato del petrolio in mano ai sauditi © Licenza Creative Commons

A giorni il presidente Donald Trump farà visita all’Arabia Saudita, che nel 2017 fu il primo stato straniero sul quale mise piede dopo l’insediamento alla Casa Bianca. Firmerà un accordo da 100 miliardi di dollari, grazie al quale il regno avrà accesso agli F-35 usati in combattimento e che gli Stati Uniti forniscono solo agli alleati della NATO e a Paesi amici come Corea del Sud, Australia e Giappone. Un riavvicinamento tra Washington e Riad dopo anni di screzi, che già si nota sul mercato del petrolio. Il Brent è sceso a quotazioni fin sotto i 60 dollari al barile, ai minimi dal 2021.

Mercato del petrolio, quotazioni in calo con aumento offerta

Trump punta sul mini-barile per sgonfiare i prezzi del carburante alla pompa e ottenere così l’abbassamento dell’inflazione e dei tassi di interesse. E proprio dall’alleato saudita sono arrivate buone notizie. L’OPEC+, il cartello che raggruppa i membri dell’organizzazione più alcuni produttori esterni come Russia e Kazakistan, ha annunciato che da questo mese aumenterà l’offerta di greggio di 411.000 barili al giorno. Il mercato si aspettava un aumento di 135.000 barili al giorno. In piena pandemia, quando le quotazioni finirono in territorio negativo, Riad e i partner decisero per tagliare l’offerta di 5 milioni di barili al giorno, qualcosa come il 5% dell’intera offerta globale. I due quinti di tale taglio ricadono su base volontaria sull’Arabia Saudita.

Rivincita per principe MbS

Da allora l’auto-restrizione è rimasta attiva, in barba anche alle stesse condizioni effettive del mercato del petrolio. Ma le cose sono cambiate con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. I sauditi hanno ottenuto il trattamento più favorevole sui dazi con l’imposizione di una tariffa di base del 10% insieme ai partner del Golfo.

Già prima avevano conquistato il palcoscenico mondiale, ospitando l’avvio delle trattative di pace tra Stati Uniti e Russia sull’Ucraina. Il principe Mohammed bin Salman (MbS) gongola dopo essere stato trattato da reietto internazionale proprio dagli alleati americani sotto l’amministrazione Biden.

Qualcosa con la superpotenza si ruppe nell’ottobre del 2018 con il caso Khashoggi, il giornalista saudita del Washington Post e critico della famiglia reale. Fu ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita di Istanbul. MbS fu sospettato di essere il mandante dell’atroce omicidio, pur avendo negato ogni addebito. Il Congresso americano reagì restringendo le vendite di armi a Riad, che nel frattempo venivano usate nel sanguinosissimo conflitto dello Yemen. Ma Trump vuole riproporre un’alleanza di ferro con il regno e a tutto campo. Tra l’altro punta a normalizzare i rapporti tra questi e Israele, così da garantire maggiore stabilità geopolitica al Medio Oriente.

Segnale per alleati OPEC

MbS ora ha in mano il mercato del petrolio. Con l’annunciato aumento dell’offerta il principe ha inviato un segnale chiaro a Trump: avrai la riduzione delle quotazioni internazionali. Ma la mossa è stata giocata anche per mettere sull’attenti stati come Iran ed Emirati Arabi Uniti, che non ne hanno voluto sentire di accollarsi i tagli e producono in eccesso rispetto alle rispettive quote concordate.

Il conseguente calo delle quotazioni danneggia particolarmente la nemica Teheran, che per fare quadrare il bilancio dello stato avrebbe bisogno niente di meno che di vendere il greggio sopra 120 dollari al barile.

La stessa Riad produce con costi nell’ordine di una decina di dollari al barile, ma per tenere in pareggio il bilancio del regno deve tendere a 90 dollari. Può, tuttavia, confidare su immense riserve valutarie accumulate negli anni in cui ha venduto ben sopra i livelli di equilibrio. Abbassando a 60 dollari il prezzo del petrolio sul mercato, i sauditi stanno indirettamente aiutando l’amministrazione Trump sul piano negoziale con i russi. Mosca è sotto pressione, dovendo già vendere il greggio a sconto in Asia con le sanzioni occidentali. Le minori entrate rischiano di arrestare il flusso di denaro che le consente di finanziare la guerra in Ucraina.

Mercato del petrolio giù, Putin in allarme

Ed è così che si spiegherebbero le recenti aperture del Cremlino sulla pace. Vladimir Putin sa che Trump può fare comunella con MbS, che è anche un suo amico, ma che prima di tutto è amico degli interessi nazionali. E il principe ha tutta la convenienza a favorire per il momento Washington, potendo ottenere rassicurazioni sull’accordo con l’Iran ed estendere l’influenza nell’area, nonché rispetto dai grandi attori internazionali come Cina e la stessa Russia. Il mercato del petrolio è l’arma che i sauditi brandiscono per riscuotere l’assegno dai vecchi e cari alleati yankee. Un favore indiretto anche a noi importatori europei, che dopo anni di prezzi alle stelle avremmo bisogno di recuperare potere di acquisto e tassi più bassi per tornare ad investire e consumare.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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