E’ rimasta stabile al 2,2% annuale l’inflazione nel mese di aprile dell’Eurozona. Il dato “core”, al netto di generi alimentari ed energia, ha subito un’accelerazione al 2,7% dal 2,4% di marzo. I prezzi dei servizi sono rincarati del 3,9%, mentre per i beni industriali non energetici solamente dello 0,6%. Gli analisti di Reuters si aspettavano un calo complessivo al 2,1%. Ad ogni modo, i mercati finanziari non sembrano essere rimasti delusi dalla lettura preliminare dell’Eurostat. Ormai, la parola che si va diffondendo tra gli stessi media è “disinflazione”, l’opposto del timore paventato fino a qualche mese fa.
Inflazione di aprile stabile, da maggio effetto Cina?
Il consigliere esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE), Piero Cipollone, ha parlato apertamente di uno scenario disinflazionistico nel breve termine per effetto dei dazi americani.
La stessa Francoforte ha paventato il rischio di un dirottamento sul mercato europeo delle merci cinesi invendute negli Stati Uniti con l’innalzamento delle barriere tariffarie. E così ci ritroveremmo inondati di merci a basso costo, con la conseguenza che i prezzi al consumo nell’area diminuirebbero o tutt’al più rimarrebbero fermi nel breve termine.
Super euro e mini-barile
L’inflazione stabile di aprile ha risentito della festività pasquale, che l’anno scorso cadeva a marzo. Essa ha sostenuto, in particolare, i prezzi dei servizi. Pensate a quanti milioni di cittadini europei si sono spostati per una vacanza anche breve. Dunque, ci sarebbe un effetto passeggero nel dato complessivo. Ed era ancora troppo presto per toccare con mano il rafforzamento dell’euro. Il cambio contro il dollaro è salito fino a un massimo di 1,15, ai massimi da oltre 3 anni.
Nel frattempo, il petrolio è sceso fino a 60 dollari al barile, ai minimi da 4 anni. E il gas europeo rimane del 10% più caro rispetto a un anno fa, ma ai minimi dall’estate scorsa.
Tutti segnali che ci dicono che l’inflazione potrà proseguire la discesa da maggio, anche più velocemente di quanto ci aspettiamo. Non a caso i rendimenti sovrani sono tornati a scendere e gli spread a contrarsi. Tra BTp e Bund a 10 anni il differenziale è sui 110 punti base o 1,10%. I futures sull’Euribor a 3 mesi ci segnalano altri 3 tagli dei tassi di interesse dello 0,25% ciascuno entro i primi mesi dell’anno prossimo. Il tasso sui depositi bancari scenderebbe fino a un minimo dell’1,50% dal 2,25% attuale. Era arrivato al 4% con la stretta monetaria degli anni passati fino al giugno scorso.
Pil in crescita, ma timori per i dazi
D’altra parte il Pil nell’Eurozona è salito oltre le previsioni nel primo trimestre, segnando un rialzo congiunturale dello 0,4%. Tuttavia, l’effetto deprimente dei dazi americani deve ancora farsi sentire. Ricordiamo che le tariffe sulle esportazioni europee negli USA sono praticamente state quadruplicate al 10% dal mese di aprile. E rischiano di raddoppiare al 20% da luglio, salvo che le parti non trovino un accordo commerciale, le cui chance stanno aumentando negli ultimi giorni.
Un’inflazione stabile in aprile sopra il 2% farebbe propendere teoricamente la bilancia a favore dei più prudenti nel board BCE sul prossimo taglio dei tassi. In verità, nessuno mostra di mettere in dubbio la mossa dell’istituto. L’area vive una condizione critica sul piano economico e l’instabilità dei prezzi al rialzo preoccupa sempre meno, mentre avanza lo spettro di una mini-deflazione possibile se l’euro dovesse continuare a rafforzarsi contro il dollaro.
Inflazione di aprile non preoccupa la BCE
Un cambio ancora più forte, unitamente ai dazi, “gelerebbe” le nostre esportazioni e costringerebbe i governi a ripiegare sulla domanda interna per stimolare la crescita. Il problema è che solamente pochi stati virtuosi come la Germania hanno margini fiscali per intervenire. Gli altri devono fare i conti con gli alti livelli di indebitamento accumulati. Il taglio dei tassi servirà anche a placare i costi di emissione, agevolando gli investimenti nella difesa per tendere al riarmo. L’inflazione di aprile non impensierisce la BCE.