Una trentina i record segnati dall’oro solamente in questo 2024 ancora lontano dalla fine, mentre sull’argento i media tendono a mostrarsi meno interessati. Ma se andiamo a spulciare i risultati degli ultimi anni, scopriamo che il fratello minore del “bene rifugio” per antonomasia abbia fatto persino meglio. Dai minimi toccati nell’autunno del 2022, cioè quasi esattamente due anni fa, il primo ha segnato un balzo vicino al 65%, mentre il secondo ha sfiorato il +80%. E la corsa sembra tutt’altro che finita.
Argento sottovalutato rispetto all’oro
Ancora oggi il rapporto tra i prezzi dei due metalli si aggira sopra 84. Significa che servono 84 once di argento per comprare 1 oncia di oro. La media ventennale è stata di 69. In buona sostanza, resterebbe la sottovalutazione del silver. Si potrebbe anche affermare che sia il metallo giallo ad essere sopravvalutato, ma tra gli analisti cresce la scommessa che possa tendere presto persino a 3.000 dollari.
Taglio dei tassi favorisce i preziosi
Il taglio dei tassi di interesse tra le grandi banche centrali sostiene l’oro e, indirettamente, lo stesso argento. In primis, si riduce la concorrenza del comparto obbligazionario agli investimenti in preziosi. Questi ultimi non staccano alcuna cedola, per cui risentono negativamente degli alti tassi garantiti dai bond. Inoltre, ora che la Federal Reserve stessa ha avviato l’allentamento monetario, il dollaro sta perdendo quota contro le principali valute mondiali. Essendo denominati nella valuta americana, argento e oro costano di meno per gli investitori all’infuori degli Stati Uniti e la loro domanda cresce.
Il rapporto tra oro e argento ci segnala anche la percezione che il mercato ha dell’economia mondiale. Quando è elevato, serpeggia sfiducia e paura tra gli investitori; vuoi per il timore di una crisi o per tensioni geopolitiche. Viceversa, un rapporto relativamente basso è indice di buona salute per l’economia.
Transizione energetica gioca ruolo importante
In un certo senso, il boom dai minimi di entrambi, ma in misura più marcata per l’argento, è stato l’indizio della ripresa globale dopo la pandemia. Inoltre, la domanda di argento è stata particolarmente elevata per via della transizione energetica. Il metallo serve tra l’altro per la fabbricazione di pannelli fotovoltaici e le batterie delle auto elettriche.
A questo punto, chiediamo quale sarà il destino a breve di argento e oro se vince l’uno o l’altro candidato alle elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti. Se vincesse Donald Trump, dovremmo attenderci una certa distensione riguardo alla Russia di Vladimir Putin. Il tycoon ha promesso che farà cessare subito la guerra con l’Ucraina. In un simile scenario, la corsa all’oro si arresterebbe. D’altra parte, le sue politiche di sostegno alla crescita e dei dazi anti-cinesi sono percepite inflattive. I rendimenti obbligazionari tornerebbero a salire e ciò, se da un lato colpirebbe sempre l’oro, dall’altro darebbe impulso alla sua domanda per proteggere il potere di acquisto.
Argento e oro, effetti ambigui da esito elettorale
Quanto all’argento, la domanda troverebbe sostegno nell’eventuale spinta alla crescita del Pil americano. E’ pur vero che la transizione energetica accuserebbe una frenata e gli stessi dazi anti-cinesi rischierebbero di provocare contraccolpi economici globali. In altre parole, gli effetti sul metallo appaiono ambigui. Se vincesse Kamala Harris, ci attendiamo una politica molto in linea con quella condotta in questi anni dall’amministrazione Biden. L’oro proseguirebbe la corsa per via delle tensioni geopolitiche, ma anche l’argento per il sostegno alla transizione energetica. D’altra parte, le politiche dell’attuale vicepresidente sarebbero di minore impulso alla crescita e tendenzialmente meno inflattive.