L’euro forte non conviene più alla Germania, così Merz lo eviterà

L'euro è molto più forte di inizio anno e questo inizia a preoccupare la stessa Germania, che ha desiderato a lungo l'apprezzamento del cambio.
2 mesi fa
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Euro forte problema per la Germania
Euro forte problema per la Germania © License Creative Commons

Il cambio contro il dollaro debuttava a 1,04 quest’anno, mentre in aprile è arrivato a 1,15 e ancora oggi sfiora 1,14. L’euro è molto più forte rispetto a qualche mese fa. Non solo nei confronti della valuta americana. Anzi, contro le altre principali divise mondiali è ai massimi di sempre. E questa può essere vista come una buona notizia per l’inflazione, perché l’apprezzamento del cambio riduce i costi di prodotti e merci importati. Ma può anche far male all’economia se si traduce in un calo delle esportazioni.

Euro forte tegola sulla testa di Merz

La prima economia europea è senza governo nel pieno dei poteri da oltre due mesi.

Il nuovo cancelliere giurerà a giorni. Il Bundestag gli voterà la fiducia il 6 maggio. Sarà Friedrich Merz il successore di Olaf Scholz. Avvocato e già politico, 69 anni, alto quasi 2 metri ed euroatlantista convinto, ha già scardinato le regole della politica tedesca con l’annuncio di un maxi-piano in deficit da 1.000 miliardi di euro. Serve spendere per il riarmo tedesco e per potenziare le infrastrutture, ha spiegato. Detto da un conservatore è doppiamente irrituale in Germania.

Merz debutterà alla cancelleria con un consenso molto scarso. Ha vinto le elezioni con il 28,5% dei voti, secondo risultato peggiore per il suo partito dal 1949. Si alleerà con i socialdemocratici, che a loro volta hanno accusato il peggiore risultato dall’Ottocento con appena il 16,5%. Stando ai sondaggi, se si rivotasse oggi andrebbe per loro anche peggio: 24-25% contro 15-15,5%. Primo sarebbe l’AfD, partito della destra euroscettica. L’ennesima Grosse Koalition non può permettersi di fallire sin da subito.

La congiuntura economica in Germania non migliora granché. A causa dei dazi americani, il Pil rischia di restare invariato dopo due anni di recessione.

Sostegno ai consumi non immediato

Il programma di Merz e del suo quasi certo vice Lars Klingbeil è impostato sullo stimolo della domanda interna. Non era mai avvenuto prima dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in Germania. Il governo dispone di margini fiscali per percorrere questa strada, a differenza di quasi tutti gli altri in Europa. Con un debito pubblico al 63%, stanziare meno di un quarto del Pil in 10 anni non è visto come un grosso problema. Guai a immaginare, però, che il giorno dopo che Merz diventerà cancelliere la spesa federale aumenterà.

La Germania è un elefante burocratico, per certi aspetti peggiore dell’Italia. Il Covid ha svelato l’arretratezza del sistema tedesco, dove la digitalizzazione è ancora carente per un’economia che figura al terzo/quarto posto nel mondo dietro solo a USA e Cina e alla pari con il Giappone per dimensioni. E l’operato del governo non procederà probabilmente così spedito, a causa delle divergenze già sorte in fase di trattative tra i due schieramenti. Per questo Berlino non potrà fare a meno delle esportazioni neanche per i prossimi mesi e forse anni. L’euro forte minaccia l’intera strategia.

Accordo sui dazi USA-UE non vicino

Il presidente americano Donald Trump ha allentato le tensioni sui dazi, ma serve un accordo entro gli inizi di luglio per evitare la stangata del 20% sulle merci europee.

L’ipotesi migliore sarebbe tornare alla precedente situazione, con dazi reciproci medi sotto il 3%. C’è anche la possibilità di un azzeramento sic et simpliciter. Ci scommette l’Unione Europea e ne parla apertamente la premier italiana Giorgia Meloni. Ad oggi, però, i fatti sono che gli USA stanno chiudendo il loro mercato al resto del mondo, Europa compresa. L’euro è più forte per la fuga dei capitali da Oltreoceano, dove gli asset finanziari da tempo appaiono iper-comprati.

Il combinato tra euro forte e aumento dei dazi rischia di fare tanti danni all’export comunitario. E la Germania, che già cammina sul filo della recessione per il terzo anno di seguito, deve minimizzare gli effetti negativi della guerra commerciale in corso. Come? Spingendo la Banca Centrale Europea a tagliare i tassi di interesse. Un modo per indebolire il cambio senza dichiararlo ufficialmente. La guerra commerciale porta inevitabilmente alla guerra valutaria. Merz deve dimostrare ai tedeschi, compresi i suoi elettori già delusi, di portare risultati positivi per l’economia.

Taglio dei tassi contro euro forte

Poiché tarderanno ad arrivare quelli relativi al sostegno alla domanda interna, perlomeno dovrà attutire l’impatto dei dazi. Un euro forte è l’ultima cosa che gli serve in questo momento. Un altro paradosso per una Germania, che da anni persegue esplicitamente l’obiettivo di apprezzare il cambio a colpi di aumento dei tassi. Ma questa è un’altra fase. I vecchi paradigmi sono saltati in favore di nuovi. Ora il debito è diventato “buono” anche per i tedeschi, che hanno richiesto la sospensione del Patto di stabilità all’UE sul riarmo. Anche sui tassi si preparano al passo indietro. E’ questione di sopravvivenza, come quando in emergenza saltano le convenzioni sociali al grido di “si salvi chi può!”.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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