Stabilimenti balneari: quanto costano le spiagge tra tasse e canoni

Le tasse sugli stabilimenti balneari in Italia sono un tema centrale, intrecciato con concessioni, IVA e costi operativi crescenti
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3 settimane fa
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stabilimenti balneari
Foto © Pixabay

Negli ultimi anni, gli stabilimenti balneari italiani sono diventati un tema centrale nelle discussioni politiche e giuridiche, tanto a livello nazionale quanto europeo. Le concessioni per le spiagge pubbliche, regolamentate dalla direttiva Bolkestein del 2006, hanno sollevato un acceso dibattito. Questa direttiva impone agli Stati membri dell’Unione Europea di liberalizzare le concessioni per favorire la concorrenza tra operatori economici. In altre parole, le spiagge non dovrebbero essere più assegnate in modo automatico ai concessionari storici, ma messe a gara aperta, permettendo a operatori di tutto il continente di concorrere.

In Italia, però, questa norma non è stata applicata con prontezza. Per anni il Paese ha procrastinato, prorogando le concessioni esistenti invece di attuare una vera riforma. Di conseguenza, la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia, che è stata temporaneamente sospesa in attesa di riforme concrete. Il Decreto Milleproroghe del governo italiano ha introdotto un’ulteriore proroga, rimandando il problema al 2024. Tuttavia, grazie a negoziati con Bruxelles, l’Italia ha ottenuto un’estensione del termine fino al 2027. Le gare per le concessioni balneari non si terranno prima di giugno 2027, evitando così le sanzioni europee per il momento.

Stabilimenti balneari in Italia: tra tassa di concessione e IVA

Sebbene il dibattito pubblico si sia concentrato prevalentemente sulla questione delle concessioni balneari, c’è un altro aspetto altrettanto rilevante che spesso passa inosservato: il sistema fiscale che regola gli stabilimenti. Le tasse imposte a queste attività rappresentano un elemento cruciale per comprendere meglio le difficoltà e le sfide che i concessionari affrontano.

La prima e più evidente voce di spesa per un gestore di stabilimento balneare è il canone concessorio, ossia il pagamento dovuto al comune per l’uso della spiaggia. Questo canone non può essere inferiore ai 2.500 euro all’anno, una cifra stabilita a livello legislativo. Tuttavia, molti criticano questo valore come troppo basso rispetto agli standard europei.

I gestori degli stabilimenti, dal canto loro, si difendono affermando che, a differenza di altri Paesi dell’Unione, in Italia sono loro a farsi carico di servizi essenziali come la pulizia e la sicurezza delle spiagge, che altrove sono gestiti dai comuni.

Un altro peso fiscale importante riguarda l’IVA. Gli stabilimenti balneari sono soggetti a un’aliquota IVA del 22%, che è significativamente più alta rispetto a quella applicata ad altre strutture turistiche come alberghi, campeggi e villaggi turistici, che beneficiano di un’aliquota ridotta al 10%. Questo rende la gestione di uno stabilimento balneare ancora più onerosa rispetto ad altre attività legate al turismo.

Dalla TARI all’IMU

Oltre all’IVA, i concessionari devono affrontare la TARI, la tassa sui rifiuti. Nel caso degli stabilimenti balneari, la TARI viene calcolata sull’intera superficie in concessione, non solo sulle strutture fisiche come bar, ristoranti o servizi igienici. Questo significa che anche la porzione di spiaggia occupata rientra nel calcolo della tassa, indipendentemente dal fatto che lo stabilimento sia aperto solo per alcuni mesi all’anno. Di conseguenza, i gestori devono pagare la TARI per tutto l’anno, anche se l’attività è stagionale e si svolge principalmente durante il periodo estivo. Orientativamente la TARI annuo può oscillare tra i 3.000 euro e i 7.000 euro.

Un ulteriore tributo riguarda l’IMU, l’imposta municipale unica, che si applica sia sui fabbricati che sull’area demaniale in concessione. Di IMU annua l’importo oscillerebbe tra i 1.500 euro e i 5.000 euro. A ciò si aggiungono le imposte locali e regionali applicate sui canoni demaniali, nonché le tasse sul reddito, come l’IRPEF per le persone fisiche, l’IRES per le società e l’IRAP, l’imposta regionale sulle attività produttive.

Stabilimenti balneari: le spese extra oltre le tasse

Oltre alle imposte dirette e indirette, i concessionari di stabilimenti balneari devono affrontare ulteriori costi operativi che non sono affatto trascurabili.

Tra questi spiccano i costi legati alla sicurezza in mare, che la legge impone ai gestori. Ogni stabilimento deve disporre di un servizio di salvataggio adeguato, che include bagnini, imbarcazioni per il soccorso, torrette di avvistamento e defibrillatori.

Un’altra spesa obbligatoria riguarda la pulizia dell’arenile. Gli stabilimenti balneari sono responsabili della manutenzione della spiaggia, compreso l’utilizzo di macchine per la pulizia e lo smaltimento dei rifiuti. Questa operazione è essenziale non solo per mantenere elevati standard di qualità, ma anche per rispettare le norme igienico-sanitarie.

Infine, un’ulteriore misura imposta agli stabilimenti riguarda la protezione dell’ambiente costiero. I concessionari sono tenuti a intervenire per preservare le dune e adottare misure di difesa contro le mareggiate. Questi interventi, pur essendo fondamentali per la tutela del territorio, rappresentano un costo aggiuntivo non indifferente per gli operatori balneari.

I ricavi degli stabilimenti balneari

Determinare quanto possa guadagnare un singolo stabilimento balneare è piuttosto complesso, poiché i fattori in gioco sono molteplici e variegati. Le entrate dipendono infatti da diversi elementi, come la posizione geografica dello stabilimento, la stagione turistica, la domanda di servizi e la capacità imprenditoriale del gestore. Inoltre, le condizioni meteorologiche possono influire significativamente sugli afflussi turistici e, di conseguenza, sui ricavi.

Tuttavia, è evidente che, nonostante le difficoltà legate al regime fiscale e alle numerose spese accessorie, gli stabilimenti balneari possono rappresentare un’attività redditizia, soprattutto in località di forte richiamo turistico.

Riassumendo

  • Le concessioni balneari italiane sono soggette alla direttiva europea Bolkestein per la liberalizzazione.
  • L’Italia ha ottenuto una proroga per le concessioni senza gara fino al 2027, evitando sanzioni europee.
  • Gli stabilimenti balneari pagano un canone concessorio minimo di 2.500 euro all’anno.
  • L’IVA applicata agli stabilimenti balneari è del 22%, più alta rispetto ad altre strutture turistiche.
  • La TARI e l’IMU sono imposte su tutta la superficie concessa, inclusa la spiaggia.
  • Oltre alle tasse, i concessionari affrontano spese per pulizia, sicurezza e manutenzione delle spiagge.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

9 Comments

  1. Aggiornate i prima di parlare, la concessione minima entro i 400 mq costa €3250,60 annue oltre al 75% al comune e 10 % alla regione per un totale di altri € 560,50 il tutto al minimo di €3800 circa. Questo è il costo della concessione minima entro i 400 mq al netto di tutte le altre imposte dasse e costi. Il prossimo anno è previsto un ulteriore aumento del 110% e saremo su oltre € 8000, li morti del vighingo Bolchestain e di tutti i coglioni che sparlano a vanvera, saluti

    • Perfettamente d’accordo, i signori giornalisti scrivono per sentito dire,come al solito, quel canone è per una bouvette una porzione di spiaggia mediamente paga dai 10.000 euro in su, da aggiungere l’eventuale canone per il parcheggio , per chi ce l’ ha, inoltre ci sono una marea di piccoli tributi non menzionati oltre una marea di tasse di gestione, si parla solo di iva ma dimenticano contributi personale, DVR obbligatorio, formazione personale, ecc

    • e ha sorvolato sulla immensa manutenzione delle strutture, su tutto il comparto cartaceo che riguarda asl per la somministraziinee ufficio tecnico per idoneita’ statica, relazione annuale di idoneita’ delle strutture, dei servizi igienici, tasse occulte per far lavorare studio geometra e un dipendente asl a cui paghiamo anche lo spostamento.p.s. se poi ci sono canne fumarie tendaggi e insegne si salvi chi puo’…ogni comune ha regole diverse, in tre parole:italia=tasse e balzelli

    • Perfettamente d’accordo su tutte le falsità che scrivono e che vengono dette e che hanno inculcato alla opinione pubblica, ma prima del 2020 i canoni provisori erano molto più alti e superavano di molto i 10 mila Euro senza contare le altre imposte che lo stato incassa dalle nostre imprese.

    • E che guadagni avete?
      Anni fa siete riusciti a evitare gli scontrini fiscali o ricevute
      Dichiarate tutto d’ accordo quello che vo suggerisce la vostra cop. X avere un andamento tutto uguali.
      Pagate tutto? Anche su quello non dichiarato?
      E bello presentare solo le spese,perché c” e un documento che comprova ma i guadagni che non esista niente che li prova ufficialmente

  2. Ma se vi sono tutte queste tasse e soldi da pagare per avere la concessione di uno stabilimento perché continuate a lavorarci? Sembra di sentire le lamentele di un’altra lobby quella dei tassisti.

    • Scusi non le è venuto in mente che potrebbe essere l unico sostentamento di un nucleo familiare?,,,ma dove vivete sulla luna?

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