Il tour del Golfo di Trump è iniziato in Arabia Saudita, dove tira aria di austerità con il petrolio in calo

L'economia in Arabia Saudita sembra dirigersi verso una fase di austerità fiscale con il ripiegamento del petrolio sui mercati.
1 mese fa
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Economia saudita a rischio austerità
Economia saudita a rischio austerità © Licenza Creative Commons

Il principe Mohammed bin Salman (MbS) si è recato di persona ad accogliere il presidente americano Donald Trump in aeroporto. Un trattamento di tutto rispetto e che non era stato riservato al predecessore Joe Biden, con cui la famiglia reale aveva avuto rapporti pessimi. Il tour del Golfo Persico del tycoon è iniziato ieri in Arabia Saudita, dove l’economia inizia a risentire del ripiegamento delle quotazioni del petrolio. Proseguirà oggi e domani con tappe previste in Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Non si esclude una quarta tappa in Turchia, dove si terranno in settimana i colloqui di pace tra Russia e Ucraina.

Economia saudita alle prese col mini-barile

Trump è volato via da Riad con contratti per 1.000 miliardi di dollari, tra cui investimenti nell’intelligenza artificiale e nell’industria energetica americana. MbS si è impegnato ad investire 600 miliardi negli USA entro i prossimi 4 anni, anche se molti analisti si mostrano scettici sul rispetto di tale impegno. L’economia saudita sta attraversando una fase complicata. Nel primo trimestre di quest’anno, il deficit fiscale è salito a 15,6 miliardi di dollari dai 3,3 miliardi di un anno prima. Per l’intero 2025 è possibile che salga al 5% del Pil dal 2,3% stimato. Per Goldman Sachs, se il Brent si attesterà a una media di 62 dollari al barile, il deficit esploderà a 67 miliardi, oltre il doppio dei 27 miliardi previsti dal bilancio ufficiale.

In effetti, a tradire sono state proprio le entrate petrolifere: -40 miliardi nel primo trimestre, -18% su base annua. E per fortuna che l’economia saudita nell’ultimo decennio è stata molto diversificata grazie alla Vision 2030 del principe. A fronte del 2,7% di crescita complessiva, il settore non petrolifero si è espanso del 4,2% nei primi 3 mesi dell’anno.

Ma il bilancio resta in larga parte dipendente dalle entrate petrolifere. E la società controllata dallo stato, Aramco, per il primo trimestre ha tagliato il dividendo da 31 a 21,4 miliardi. A rimetterci è quasi essenzialmente il regno, dato che controlla direttamente e tramite il fondo sovrano PIF il 98,2% del capitale.

Dividendo Aramco tagliato, ma riserve altissime

L’anno scorso, Aramco aveva staccato in favore degli azionisti dividendi per 124 miliardi. Aveva già tagliato le previsioni a 85 miliardi per quest’anno, ma è probabile che dovrà rivedere ulteriormente al ribasso le sue stime. In realtà, nessun Paese al mondo riesce ad estrarre petrolio a costi più bassi dell’Arabia Saudita. Le bastano pochi dollari per un barile. Il punto è che il governo spende molto per mantenere la popolazione a livelli di benessere elevati senza altre grosse fonti di entrate. Il Fondo Monetario Internazionale calcola che abbia bisogno di quotazioni a 96,20 dollari al barile per avere un bilancio in pareggio. E siamo lontanissimi da questa soglia. Il Brent, pur in rialzo nelle ultime sedute, viaggia a poco più di 65 dollari. Soprattutto, non sembra che stia dirigendosi verso i 100 dollari nel medio termine.

L’economia saudita non resterà a corto di liquidità da qui ai prossimi mesi, forse anni. Le sole riserve valutarie ammontano a più di 453 miliardi.

A queste si aggiungono i 295 miliardi di asset gestiti da PIF a fine 2024. Una potenza di fuoco immensa, anche se giustamente il regno non ha alcuna intenzione di dissiparla per vivere sopra le proprie possibilità. Il debito pubblico è salito al 29% del Pil, una percentuale che sarebbe un sogno tra le altre economie avanzate. Ad ogni modo, rappresenta un livello storicamente elevato per Riad. Il bond a 10 anni in dollari offriva ieri il 5,40%, a premio di 95 punti base o 0,95% sul Treasury decennale.

Voci di austerità nel regno

La parola austerità inizia a sentirsi nel regno. Per tamponare il deficit non si escludono tagli alla spesa pubblica e aumenti delle entrate. Ricordiamo che qui non esiste l’imposta sui redditi. Diversi progetti infrastrutturali sono stati messi in stand-by. Come non dimenticare di Neom, la città futuristica lineare che dovrebbe costare sui 500 miliardi e diventare un modello urbanistico, finanziario, ambientale e legislativo? Alcuni investimenti non possono essere rimandati. Tra questi ci sono Expo 2030 e i mondiali di calcio nel 2034.

Come dicevamo, l’economia saudita ha compiuto passi da gigante sotto MbS, il regnante de facto. Egli ha varato numerose micro-riforme con l’intento di stimolare il settore privato e l’occupazione, tra cui quella femminile. La partecipazione al mercato del lavoro tra le donne è salita al 34,4% nel 2024 dal 21,2% del 2017. Alcuni diritti sono stati concessi loro proprio nella prospettiva di sostenere lo sviluppo del Pil e l’allentamento della dipendenza dal petrolio.

Economia saudita tra petrolio e geopolitica

Potrebbe stupire apprendere che proprio l’Arabia Saudita abbia provocato il calo delle quotazioni petrolifere nelle ultime settimane. Ha aumentato l’offerta dell’OPEC+ a partire da maggio di 411 mila barili al giorno. La mossa è servita a punire partner come Iran ed Emirati Arabi Uniti, restii ad accollarsi la loro fetta di tagli alla produzione per bilanciare il mercato. E allo stesso tempo Riad si è ingraziata Trump, che pretendeva proprio il calo del greggio per cercare di frenare l’inflazione domestica. L’economia saudita ne risentirà nel breve periodo, ma la speranza per MbS è che porti a benefici maggiori nel medio-lungo termine, tra cui di natura geopolitica.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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