Il Superbonus e, più in generale, i bonus edilizi per alcuni anni hanno dato la possibilità ai contribuenti di “monetizzare” le detrazioni fiscali scegliendo la cessione del credito o lo sconto in fattura al posto della classica compensazione in dichiarazione dei redditi (art. 121, Dl 34/2020). Ecco perchè sì parla anche di cessione del credito superbonus.
Il sistema, però, funziona soltanto se il cessionario – di solito una banca – prende in carico il credito nella Piattaforma cessione crediti dell’Agenzia delle entrate.
La Risposta n. 130 del 13 maggio 2025 interviene proprio su un caso in cui la banca, pur avendo ricevuto la comunicazione di cessione, non ha ancora accettato né rifiutato il credito.
Il documento di prassi chiarisce cosa può (o non può) fare il cedente nell’attesa, come recuperare il bonus qualora l’istituto rinunci alla cessione e quali limiti si applicano all’opzione di ripartizione decennale introdotta dall’art. 2, comma 3‑sexies, Dl 11/2023.
Vediamo nello specifico quali sono state le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate
Credito “in attesa di accettazione”: effetti e rimedi operativi
Il caso analizzato dall’Agenzia delle entrate riguarda una società istante la quale ha sostenuto nel 2022 spese agevolate al 110 %.
Ai fini della cessione del credito ha trasmesso due distinte comunicazioni al Fisco:
- una per il primo semestre (già incassata);
- una per il secondo semestre (tuttora “in attesa di accettazione”).
Come ricordato dalla circolare 33/E 2022, i crediti presenti nella piattaforma si dividono in tre stati: “in attesa di accettazione”, “accettati” e “rifiutati”.
Finché il credito giace nello stato “in attesa”, il titolare non può né usarlo in F24 né riportarlo in dichiarazione.
La palla, infatti, è in mano al cessionario: solo l’accettazione rende il credito utilizzabile dall’istituto, mentre il rifiuto lo “libera” e lo riporta nella piena disponibilità del cedente.
L’Agenzia sottolinea che non esiste un intervento d’ufficio da parte dell’amministrazione finanziaria: la società deve sollecitare la banca a prendere una decisione (accettare o rifiutare).
Se la banca accetta il credito, lo stesso potrà essere utilizzato in compensazione in F24. Rispettando i termini di utilizzo originari (art. 121, comma 3, Dl 34/2020).
Se la banca invece rifiuta, il credito torna nei cassetti fiscali della società cedente, che potrà scegliere tra due strade:
- usare la detrazione in dichiarazione, ripartita nelle quattro rate originarie (2022‑2025); per usufruire delle prime due quote dovrà presentare dichiarazioni integrative 2022 e 2023, perché i termini ordinari sono scaduti (art. 2, Dpr 322/1998);
- cedere nuovamente il credito, inviando una nuova comunicazione ex articolo 121.
In ogni caso, finché lo stato resta “in attesa”, non è lecito alcun utilizzo da parte del cedente: l’ostacolo scatta ex lege e non dipende da una scelta soggettiva.
Salvo alcuni casi specifici, non è più ammessa nè la cessione del credito ne lo sconto in fattura superbonus.
Ripartizione decennale: quando è possibile e quando no
Il Dl 11/2023 (cd. “decreto Cessioni”) ha introdotto, all’art. 2, comma 3‑sexies, la facoltà di spalmare in dieci rate annuali di pari importo le detrazioni Superbonus 110 % relative alle spese 2022 non cedute.
Al posto delle ordinarie quattro.
È un’opzione pensata per chi non riesce a trovare acquirenti del credito e teme di non avere capienza fiscale sufficiente.
Ma la norma è stringente:
- tempistica – l’opzione si esercita soltanto nella dichiarazione relativa al 2023 a condizione che la prima rata – quella del 2022 – non sia stata indicata in dichiarazione;
- irreversibilità – Una volta scelta la ripartizione decennale, la decisione è definitiva (art. 121, comma 7-ter, Dl 34/2020);
- No a “ripensamenti” via integrativa – La Risposta 130 sulla cessione del credito superbonus ribadisce che l’istituto della dichiarazione integrativa serve a correggere errori od omissioni, non a cambiare scelte consapevolmente operate.
Nel caso esaminato, se la banca rifiuta, la società dovrà rassegnarsi alle 4 rate (integrando 2022 e 2023) o tentare una nuova cessione; l’allungamento a 10 anni non è più ammesso.
Con queste indicazioni, fornite dall’Agenzia con la Risposta 130/2025, società, imprese e professionisti possono orientarsi nei casi – sempre più frequenti – in cui la cessione del credito tarda a concretizzarsi. L’essenziale è monitorare lo stato del credito nella piattaforma, interloquire tempestivamente con l’intermediario finanziario e programmare per tempo eventuali integrazioni dichiarative o nuove strategie di cessione.
Riassumendo
- Cessione “in attesa” = credito bloccato: fino a quando la banca non accetta o rifiuta, né il cessionario né il cedente possono utilizzarlo.
- Serve il rifiuto per riacquisire il bonus: solo dopo il rifiuto il credito torna nel cassetto fiscale dell’originario titolare.
- Recupero in 4 rate: se il bonus rientra al cedente, potrà dedurlo in 4 anni, integrando le dichiarazioni 2022‑2023 per le rate già scadute.
- Stop alla ripartizione decennale per le spese 2022 se la dichiarazione 2023 è già stata presentata senza opzione: l’integrativa non consente “cambi di strategia”.
- Nuova cessione possibile: il cedente può comunque tentare di cedere di nuovo il credito rifiutato, trasmettendo una nuova comunicazione ai sensi dell’art. 121 Dl 34/2020.