E se per azzerare il differenziale BTP-Bund e riavviare la crescita economica non fosse affatto necessario mettere mano alle riserve auree di Banca d’Italia o al patrimonio immobiliare e azionario dello Stato? Secondo Donato Vena – autore nel 2012 del saggio “La Ricetta: come portare a zero lo spread” – e Marco Cattaneo – un gestore di fondi private equity – la soluzione “low cost” alla crisi consisterebbe nell’introdurre nel nostro sistema economico di due strumenti equiparabili a moneta complementare, ossia i Mini Titoli di Stato al portatore e i Certificati di Credito Fiscale.

 

INTRODURRE I MINI TITOLI DI STATO AL PORTATORE PER ITALIANIZZARE IL DEBITO E SOTTRARLO ALLA SPECULAZIONE

Donato Vena è dell’avviso che l’Italia possa difendersi dalle turbolenze dei mercati finanziari senza dover mettere i propri migliori asset a garanzia delle emissioni debitorie. Come? Collocando 500 miliardi di Mini Titoli di Stato al portatore a un tasso fisso dell’1% annuo con scadenza quinquennale. Questi titoli, parificati a moneta corrente con apposito decreto legge e destinati ai soli residenti, sarebbero utilizzabili non solo per l’acquisto di beni e servizi, ma anche per il pagamento di stipendi e pensioni. Il vantaggio della proposta consiste nello stabilire e pagare un tasso d’interesse predefinito, pari all’1% annuale da corrispondere alla scadenza, molto più basso di quello attualmente richiesto dai mercati. Una grande boccata d’ossigeno per il Paese che, convertendo parte del debito pubblico italiano in Mini Titoli di Stato al portatore, reperirebbe importanti risorse – quantificabili in decine di miliardi all’anno – da destinare a progetti di sviluppo economico e alla riduzione del cuneo fiscale.  

ACCORCIARE LO “SPREAD COMPETIVO” TRA ITALIA E E GERMANIA CON I CERTIFICATI DI CREDITO FISCALE

Nel corso dell’ultimo decennio il costo del lavoro in Italia è aumentato del 20%, contro l’8% tedesco. Questa dinamica ha portato a un progressivo deterioramento della competitività del nostro sistema economico.

Non potendo l’Italia né svalutare la propria valuta né ridurre in maniera significativa i salari, si potrebbe ricuperare competitività tagliando all’incirca di 150 miliardi di euro il costo del lavoro. Allo scopo, Marco Cattaneo di CPI Private Equity suggerisce l’emissione di Certificati di Credito Fiscale (CCF). I CCF fungerebbero da abbuono fiscale, riducendo di 100 miliardi il costo lordo per i datori di lavoro e aumentando di 50 miliardi la remunerazione netta dei dipendenti. Il progetto prevede sia di poter impiegare i Certificati per i pagamenti alla Pubblica Amministrazione – a distanza di due anni dall’emissione – sia di monetizzarli in anticipo applicando un piccolo sconto calcolato con tassi analoghi a quelli di un’obbligazione sovrana a 24 mesi. Secondo il presidente di CPI Private Equity, i CCF avrebbero un impatto positivo sul sistema economico italiano. La riduzione del costo del lavoro contribuirebbe, infatti, ad abbattere lo “spread competitivo” tra Italia e Germania, riducendo i costi aziendali e aumentando il potere d’acquisto, con benefici sull’economia di consumo e sul Prodotto Interno Lordo.   

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