Una riforma delle pensioni in arrivo per davvero? Nulla di tutto questo. Ed è la pura realtà. Tutto quello che si dice su ipotetiche riforme e soluzioni alternative alle attuali regole basate sulla legge Fornero sono figlie di idee, proposte ed ipotesi vecchie. Però i ragionamenti che si fanno sul 2027 aprono ad alcune considerazioni. Perché il 2027 sulle pensioni diventa un anno fondamentale. E se consideriamo che il 2027 è anche l’anno della chiusura dell’attuale legislatura di governo, ecco che tutto si incastra alla perfezione come il migliore dei puzzle.
Ecco le nuove ipotesi di riforma delle pensioni
Da dove potrebbe partire una nuova ipotetica riforma delle pensioni? La domanda è di quelle a cui dare una risposta tutto è fuorché facile.
Perché parliamo di una riforma che ha diverse difficoltà visto che le priorità del governo man mano che passano i giorni con le questioni geopolitiche in atto sono tante altre. Eppure il capitolo pensioni resta importante. Nel 2027 c’è da fare un primo passo che anche se non sembra una vera riforma delle pensioni, ci si avvicina.
Detonare l’aumento di 3 mesi dei requisiti per le pensioni di vecchiaia e per le pensioni anticipate è senza ombra di dubbio un primo passo per superare la riforma Fornero. L’adeguamento biennale dei requisiti delle pensioni e dei coefficienti di trasformazione del montante in pensione è qualcosa che deriva proprio dalla riforma Fornero.
Che ogni due anni prevede l’adeguamento delle regole di calcolo delle pensioni e di pensionamento per gli italiani. Se il governo come sembra, entro fine anno varerà il decreto che stabilisce come nel 2027 nonostante l’aumento delle aspettative di vita della popolazione i requisiti per le pensioni resteranno quelli di oggi, allora ecco che di primo passo si può davvero parlare verso una riforma del sistema.
Ecco alcune soluzioni che si potrebbero adottare
Un secondo passo per la riforma delle pensioni potrebbe essere la quota 41 per tutti. Perché più o meno significherebbe annullare l’aumento previsto dal 2012 per le pensioni distaccate dai limiti anagrafici. Infatti è dall’avvento della Legge Fornero che le pensioni di anzianità furono cancellate e sostituite dalle pensioni anticipate.
E dai 40 anni che erano sufficienti prima per andare in pensione senza limiti di età, si è passati ai 42,10 anni per gli uomini e ai 41,10 per le donne. Con la quota 41 per tutti si potrebbe fare un deciso passo indietro. Anche se non verrebbe comunque ripristinata la soglia dei 40 anni come per le vecchie pensioni di anzianità.
Pensione flessibile per forza di cose, le nuove ipotesi di riforma delle pensioni partono da qui
E se consideriamo che prima del 2012 c’era la quota 96, ecco che una via alternativa per rendere più flessibili le pensioni potrebbe essere quella di ritoccare anche le alternative alle pensioni di vecchiaia.
Con 25 anni di versamenti contributivi al posto dei 20 anni di adesso, ecco che potrebbe essere varata una misura flessibile dai 64 anni. Una misura che consentirebbe di andare in pensione tra i 64 ed i 71 anni, con penalizzazioni per chi lascia prima il lavoro rispetto ai 67 anni.
E con premi per chi invece rimanda oltre il pensionamento. Una ipotesi che prevede anche il cambio dei coefficienti di trasformazione che dagli attuali che vanno dai 56 ai 71 anni, passerebbero dai 64 ai 71 anni. Ed è proprio sui coefficienti che verrebbero inseriti i premi e le penalità in base all’età di uscita.
Le nuove ipotesi di riforma delle pensioni: a chi servirebbero le novità tanto attese
Estendere a tutti i benefici del sistema contributivo sarebbe anche una logica conseguenza del fatto che sono sempre meno i contribuenti che hanno una pensione calcolata in gran parte con il vecchio metodo retributivo. Perché sono sempre meno quelli che al 31 dicembre 1995 hanno 18 anni o più di contributi già versati.
E allora visto che ormai la maggior parte delle pensioni è calcolata tutta o in gran parte con il penalizzante metodo contributivo, ecco che si potrebbe eliminare l’attuale differenza tra misti e contributivi. Perché a 64 anni di età con 20 anni di versamenti (o con 25 anni usando anche la rendita integrativa), possono uscire solo quelli privi di versamenti al 31 dicembre 1995.
Allargando a tutti la possibilità, ecco che nascerebbe una sorta di pensione anticipata a 64 anni con 25 anni di versamenti per tutti.
Così come si potrebbe, in una sorta di fase transitoria fino a quando esistono ancora persone con contributi prima del 1996, estendere l’opzione donna anche agli uomini. In questo modo, chi accetta il ricalcolo contributivo e penalizzante della prestazione, potrebbe andare in pensione anche a 59 o 60 anni, ma solo con 35 anni almeno di contributi.
Si parte da pensioni penalizzate ma a scadenza
Infine, non vanno trascurate quelle forme di pensionamento a quota. Che prevedono penalizzazioni di assegno ma a scadenza. In pratica, si potrebbe andare nella direzione di varare misure che magari dai 62 anni prevedono dei tagli lineari di assegno o con calcolo contributivo. Penalizzazioni vere, anche di oltre il 30% di pensione.
Ma solo fino al raggiungimento dell’età pensionabile dei 67 anni. Con la pensione che a quell’età verrebbe rivista, ricalcolata e sistemata annullando le penalizzazioni precedenti.
Una soluzione idonea a chi magari non ha più un lavoro e potrebbe scegliere comunque una pensione anticipata, anche se profondamente tagliata. Una sorta di soluzione tampone, con un reddito ponte fino alla vera pensione di vecchiaia. Come è evidente, ci sono diverse soluzioni per le nuove ipotesi sulla riforma delle pensioni.