“I tempi in cui potevamo fare affidamento sugli altri sono, in un certo senso, finiti, come ho avuto modo di verificare nei giorni scorsi”. Sono le parole nette usate dalla cancelliera Angela Merkel a Monaco di Baviera, nel corso di un comizio tenutosi ieri in una tenda tra boccali di birra. Il riferimento era al duro faccia a faccia con il presidente americano Donald Trump al G7 di Taormina, che ha visto i due leader contrapposti su diverse questioni, tra cui la crisi dei migranti e i cambiamenti climatici.

Le contrapposizioni sono state così nitide, che il vertice si è concluso senza la conferenza stampa congiunta tra i due, a suggellarne le differenze. (Leggi anche:

“Noi europei dobbiamo riprendere in mano il nostro futuro, dobbiamo lottare da soli per il nostro destino”. Se dovessimo definire questo discorso, potremmo parlare di “tentativo di reale emancipazione” della Germania dagli USA per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La cancelliera punta ormai piuttosto apertamente di voltare pagina nella storia post-bellica tedesca, dando vita a un nuovo inizio. (Leggi anche: G7 Taormina, quale Trump è arrivato al vertice con i leader mondiali?)

La storia della Germania negli ultimi decenni

Per capire cosa stia succedendo e a cosa potrebbe portare la svolta di Berlino, dobbiamo partire dal 1949. Nasce la Repubblica Federale Tedesca, suddivisa territorialmente in tre aree di controllo: a sud-est occupata dai militari americani, a sud-ovest da quelli francesi e a nord da quelli britannici. La RFT non comprende tutta la Germania, perché un pezzo, quello orientale, viene smembrato e sottoposto al controllo dei russi, finendo nell’orbita del comunismo. La suddivisione tra le due Germanie diventa fisica con la costruzione del Muro di Berlino nel 1961. Un’umiliazione per una delle più grandi potenze del mondo.

Il Muro cade alla fine del 1989 insieme al comunismo.

Il 3 ottobre 1990, la Germania viene riunificata con le prime libere elezioni comuni dopo quasi sessanta anni. Le ultime erano avvenute nel 1933, quando a vincerle era stato Adolf Hitler. Germania unita sì, ma sempre sotto lo stretto controllo degli alleati, che ne hanno occupato il territorio fino alla fine degli anni Novanta. L’embargo contro l’esercito tedesco, invece, durerà fino al 2015. La Germania fino ad allora ha forti limitazioni con riguardo all’organico militare, così come anche nell’inviare soldati all’estero. (Leggi anche: G20 finanziario, Merkel prepara documento anti-Trump)

Germania rialza la testa con crisi Eurozona

Un gigante economico, ma un nano politico. Questa è stata la Germania fino a pochi anni fa. La musica inizia a cambiare timidamente nel 2003, quando l’allora cancelliere Gerhard Schroeder prende le distanze dall’amministrazione di George W.Bush sulla guerra in Iraq, facendo asse con la Francia di Jacques Chirac. E’ la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che i tedeschi si mostrano ostili alla politica estera USA. Un riavvicinamento tra le due potenze avviene sotto Barack Obama, forse complice la grave crisi finanziaria esplosa negli USA nel 2008, che da un lato indebolisce la posizione americana all’estero, dall’altro rende necessario per la Casa Bianca trovare un interlocutore immediato e affidabile per la UE e, in particolare, l’Eurozona. E chi meglio dei solidi tedeschi!

Il resto è cronaca di questi anni. La Germania rialza la testa, capisce che la traversata nel deserto è conclusa per i tedeschi, che può di nuovo ambire a una posizione di rilievo nello scacchiere geo-politico mondiale, attuando finalmente quanto sia nelle sue ambizioni sin dalla nascita del moderno stato nazionale nel 1871 sotto l’Imperatore Guglielmo von Hohenzollern e l’abbattimento delle barriere doganali interne con lo Zollverein. In assenza di leader politici alternativi credibili, il vuoto politico in Europa viene sempre più colmato dalla nuova Lady di Ferro, l’ostinata Frau Merkel, che punta a creare ordine in un continente senza bussola.

Le sue parole d’ordine sono bilanci nazionali in equilibrio, riforme economiche pro-crescita e maggiore integrazione politico-economica, ma sulla base di una crescente responsabilizzazione dei governi nazionali con riguardo ai conti pubblici e, in generale, all’attuazione dell’agenda economica. (Leggi anche: Frau Merkel ipoteca quarto mandato)

Germania a capo della UE

La crisi dell’euro ha spinto tutta l’unione monetaria a guardare alla Germania come punto di riferimento per la propria salvaguardia, quella dei migranti ha consolidato la leadership tedesca in tutta la UE. Con sapienza e astuzia, la cancelliera in cerca di un quarto mandato molto, molto probabile ha trasformato una crisi epocale in occasione di emancipazione per la Germania.

Con Trump alla Casa Bianca e il Regno Unito in via d’uscita dalla UE, Berlino sta cogliendo la palla al balzo per porsi a capo di un’Europa liberaldemocratica, a salvaguardia di un ordine che altrimenti rischierebbe di dissolversi. Persino la Francia, che della rivalità con la Germania ne ha fatto una questione quasi identitaria per secoli, oggi sembra ormai rassegnata a recitare solo il ruolo di comprimaria nella costruzione della nuova architettura europea. (Leggi anche: Asse Macron-Merkel conferma che l’Italia rischia un nuovo 2011)

Verso un’unione fiscale europea?

Quale sarebbe il futuro dell’Europa a trazione tedesca? La cancelliera ambisce a completare l’unione monetaria con una struttura anche politica. Contrariamente a quanto si pensi, ella vorrebbe un accentramento dei poteri di gestione dei conti pubblici nazionali, ma poiché ciò rischia di tramutarsi in una condivisione dei rischi e degli oneri, prima di compiere un simile passo vorrebbe che i bilanci degli stati membri siano risanati e consolidati.

L’idea della Merkel sarebbe di fornire alla UE/Eurozona risorse dirette per finanziare programmi di investimento, attingendo magari al gettito IVA degli stati.

Insomma, una maggiore cessione di sovranità fiscale, che punti a stabilizzare la crescita in tutta l’area, ponendo fine alle tensioni di questi anni. Se ciò porterà anche alla nascita di un ministro delle Finanze unico resta da vedere. I tedeschi lo vorrebbero più tecnico possibile, mentre i francesi spingerebbero per una figura più politica. Nel primo caso, esso si limiterebbe ad attuare con rigidità le normative fiscali sottoscritte dai governi, nel secondo godrebbe di maggiore elasticità, un po’ come accade oggi con la Commissione Juncker, ma che per Berlino è fumo negli occhi. Per non parlare della possibilità di una tassazione unica sulle imprese europee, richiesta da Parigi e condivisa da Berlino. (Leggi anche: Armonizzazione fiscale, Francia e Germania voglio tartassare le imprese europee)

La Germania si riprende il posto nella storia

Niente eurobond, ovvero emissione di debito condiviso, ma non si esclude che Bruxelles possa emettere debito proprio, seppur garantito pro-quota dagli stati membri. Infine, sia il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, sia il collega tedesco, Wolfgang Schaeuble, si sono detti favorevoli a sostituire progressivamente il Fondo Monetario Internazionale per le questioni europee con l’ESM. Quest’ultima proposta sancisce ancora più schiettamente la volontà dell’Europa germanica di sganciarsi dalle costruzioni internazionali post-belliche di diretta emanazione USA, facendo della UE una realtà del tutto autonoma degli USA con pari dignità sul piano mondiale, anche mettendo in conto possibili tensioni tra le due potenze.

A settembre, la cancelliera quasi certamente vincerà le elezioni federali per la quarta volta. Resta da vedere con quale maggioranza. La vittoria di Emmanuel Macron in Francia le consente di godere di alleanze solide per tentare finalmente di rompere gli indugi, plasmando l’Europa a dimensione tedesca. In un certo senso, è come se la storia, interrottasi nel 1945 per le vicissitudini che sappiamo, abbia oggi ripreso il suo corso, chiaramente in forme molto diverse, garantendo alla Germania quel posto sul palcoscenico mondiale, che cerca di prendersi ormai da circa un secolo e mezzo. (Leggi anche: Eurobond, proposta “indecente” legata al Fiscal Compact)