Mancano pochi giorni all’addio al 2015, un anno segnato da molteplici novità sul fronte dell’economia mondiale e che per l’Italia rappresenta il ritorno alla crescita per la prima volta dal 2011. Tante le sorprese, ma vediamo quali eventi specifici hanno influito maggiormente sul piano economico. Di seguito la lista delle 10 date, che hanno lasciato il segno: 1) 15 gennaio: la Schweizerische National-Bank (SNB), la banca centrale svizzera, annuncia a sorpresa l’abbandono della difesa del cambio minimo di 1,20 tra euro e franco svizzero, che l’istituto aveva introdotto unilateralmente nel settembre del 2011, in piena crisi della moneta unica.

Pochi giorni prima, Zurigo aveva ribadito che il “peg” sarebbe stato difeso, ma le forti pressioni rialziste sulla valuta elvetica inducono il governatore Thomas Jordan a gettare la spugna. Quel giorno stesso, il cambio tra le due divise chiude sotto la parità, registrando un tonfo di ben il 16,7%. Il franco si apprezza contro tutte le valute a cambio flessibile e inizia una fase di rafforzamento, che trascina l’economia svizzera verso la deflazione e ne rallenta la crescita, anche se la temuta recessione viene schivata.        

L’inverno è nel segno dell’Eurozona

2) 22 gennaio: dopo mesi di indiscrezioni, la BCE annuncia il varo di potenti stimoli monetari, ossia del “quantitative easing”, pari a 60 miliardi di euro di valore di acquisti di bond governativi, titoli Abs e “covered bond”, a partire dal mese di marzo e fino ad almeno il settembre del 2016. L’intenzione dell’istituto è di stimolare l’inflazione dell’Eurozona, che all’inizio dell’anno era negativa dello 0,6%. L’obiettivo di contrastare la deflazione sembra essere raggiunto in pochi mesi, ma a tutt’ora la crescita tendenziale dei prezzi nell’area oscilla intorno allo zero, tanto che il QE è stato potenziato il 3 dicembre scorso, quando il governatore Mario Draghi ha annunciato sia una proroga di 6 mesi della durata del piano, sia il reinvestimento alla scadenza dei titolo acquistati, oltre al taglio ulteriore dei tassi overnight al -0,3%.

3) 25 gennaio: il primo mese del 2015 si conferma ricco di novità, dato che a 3 giorni di distanza dal più grande evento di politica monetaria nella breve storia dell’Eurozona, l’Europa viene scossa dalla vittoria di Syriza alle elezioni politiche anticipate in Grecia. Guidata da Alexis Tsipras, la coalizione di estrema sinistra si propone di combattere le politiche di austerità fiscale e parte di essa si mostra anche disposta a fare uscire il paese dall’euro, nel caso in cui non fossero accettate le condizioni richieste da Atene per restarvi. Mancando la maggioranza assoluta dei seggi per poche unità, stringe un’inedita alleanza in Parlamento con Anel, il partito della destra nazionalista e anti-austerity. Seguono mesi di forti tensioni con il resto dell’Eurozona, con i mercati finanziari in fibrillazione, che culmineranno negli eventi drammatici dell’estate. 4) 9 marzo: la BCE inizia gli acquisti dei bond governativi. I mercati sono in festa. I rendimenti sovrani di tutta l’Eurozona (esclusa la Grecia, i cui titoli di stato non possono essere acquistati da Francoforte, in quanto “non investment grade”) crollano ai minimi storici. L’Italia vede scendere quelli decennali dei suoi BTp fino all’1%, mentre lo spread BTp-Bund a 10 anni stringe fino a circa 85 punti base, nella prima settimana di attuazione del QE, mentre il cambio euro-dollaro arriva a scivolare fino a un minimo di 1,0489. Era a 1,21 a inizio anno.  

L’estate nera della Grecia

5) 30 giugno: tiene banco la Grecia. Le tensioni con i creditori pubblici (UE, BCE e FMI) sono fortissime. Alla fine di giugno, la Grecia vede spirare il secondo piano di assistenza finanziaria, senza averne sottoscritto un terzo e mostrandosi indisponibile ad accettare le condizioni richieste dagli altri membri dell’Eurozona per un nuovo salvataggio.

Tre giorni prima, Tsipras aveva rifiutato l’ultima offerta dei creditori europei e annunciato l’indizione di un referendum per il 5 luglio successivo, con il quale i greci avrebbero espresso la loro opinione sul piano offerto dalla Troika. Inoltre, vengono introdotti controlli sui capitali, bloccando i depositi dei risparmiatori ellenici e limitando a 60 euro al giorno i prelievi con il bancomat, in modo da arrestare o almeno frenare la fuga dei capitali, che dal novembre del 2014 aveva ridotto di 40 miliardi il valore dei conti accesi presso le banche del paese. La Borsa di Atene resta chiusa per 5 settimane. Intanto, alla mezzanotte tra il 30 giugno e l’1 luglio, scadono formalmente i termini per pagare una rata all’FMI. Il mondo ha gli occhi puntati su Atene. E’ la prima volta che si realizza un default verso l’istituto di Washington, anche se nella terminologia ufficiale, questi si limita a certificare un “arretrato di pagamento”.      

La Grexit sempre più probabile

6) 5 luglio: è ancora la Grecia a concentrare l’attenzione dei media mondiali. Quando arriva la sera, per l’Eurozona la sorpresa è amarissima: il 60% degli elettori si è espresso contro il piano offerto dai creditori, smentendo non solo i sondaggi, che indicavano un testa a testa, nonché le stesse convinzioni del premier, il quale avrebbe preferito una vittoria dei “sì”, così da essere costretto a firmare, ma senza essersi assunto una responsabilità personale. Poche ore dopo, si dimette il chiacchieratissimo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, che buona parte dell’opinione pubblica in patria e i governi europei considerano l’artefice del disastro in cui è andata a sbattere la Grecia, il cui destino sembra ormai fuori dall’euro. 7) 13 luglio: dopo 17 ore di trattative estenuanti e quando alle luci dell’alba sembrava che la Grecia stesse davvero per tornare alla dracma, Tsipras alza bandiera bianca e accetta di firmare un terzo bailout da 86 miliardi di euro, le cui condizioni sono considerate peggiori di quelle che appena una settimana prima erano state respinte con il voto popolare.

La stampa internazionale parla di umiliazione per il premier ellenico, il quale torna a casa afflitto, ma avendo almeno impedito l’uscita di Atene dall’euro. Parte di Syriza non accetta la firma del piano e si stacca dal resto del partito, dando vita a Unità Popolare, che alle elezioni anticipate di settembre, però, non travalica lo sbarramento del 3% e resta fuori dal Parlamento. Il gruppo fa riferimento al ministro dell’Energia, Panagiotis Lafazanis, che si dimette subito dopo il terzo salvataggio della Grecia in 5 anni.        

Lo scossone dalla Cina e la svolta USA

8) 11 agosto: la People’s Bank of China (PBoC) svaluta lo yuan del 2%, la misura più drastica a Pechino dal 1994. Il mondo guarda con apprensione, perché se da un lato l’intervento è finalizzato a ricondurre la valuta ai suoi fondamentali, in modo da poterla inserire tra le riserve dell’FMI, dall’altro si teme che ciò sia anche frutto del vistoso rallentamento dell’economia cinese e che possa scatenare una “guerra valutaria” devastante nel pianeta. La PBoC svaluta lo yuan anche nelle 2 successive sedute per un complessivo 4,4%. 9) 24 agosto: crollano le borse mondiali. In scia al -8,5% accusato dalla Borsa di Shanghai, anche le altre piazze finanziarie del pianeta cadono. In Europa, i crolli sono compresi tra il 4% e il 5%, mentre il prezzo del petrolio scende ai minimi dal 2009. L’evento è generato dallo scoppio della bolla finanziaria cinese: in meno di 2 mesi e mezzo, Shanghai ha bruciato il 40% e 4 mila miliardi di capitalizzazione. 10) 16 dicembre: dopo mesi di attesa, la Federal Reserve annuncia uno storico aumento dei tassi USA dello 0,25% al range di 0,25-0,50%. Si tratta della prima stretta monetaria dal 29 giugno del 2006, che pone fine all’era dei tassi zero, iniziata 7 anni prima, anche se l’istituto conferma di restare accomodante anche per il prossimo futuro. La mossa era stata anticipata dai mercati, i quali hanno reagito piuttosto bene.