La settimana sui mercati inizia con il rendimento del Bund a 10 anni in direzione 2%. Mentre scriviamo, scende fin sotto il 2,04% e si porta così ai livelli minimi da un anno. Bisogna tornare indietro al dicembre del 2023 per assistere a simili valori. Soltanto il 7 novembre scorso, all’indomani dell’esito delle elezioni americane, offriva lo 0,40% in più.
Nuovo taglio tassi BCE vicino
Il calo risente del taglio dei tassi di interesse in vista anche all’ultimo appuntamento dell’anno per il board della Banca Centrale Europea (BCE). Esso si riunirà giovedì 12 e quasi certamente abbasserà il costo del denaro per la quarta volta. Il mercato sta scommettendo su un taglio dello 0,50%, di entità doppia rispetto al ritmo sin qui adottato.
Infatti, l’Euribor a 3 mesi atteso per questo mese è sceso al 2,79% per i contratti futures. Questo valore tende a riflettere quello del tasso sui depositi bancari della BCE, ad oggi fissato al 3,25%.
Pertanto, gli investitori scontano con probabilità poco inferiori al 90% su un maxi-taglio. Il Bund a 10 anni si apprezza e vede il rendimento arretrare. Lo stesso sta facendo la scadenza tedesca a 2 anni, che in questo momento rende l’1,91%. Era al 2,33% il giorno delle elezioni americane. Non offriva così poco dall’ottobre di due anni fa, quando ancora i tassi erano stati alzati di poco sopra lo zero. Anche il biennale della Germania segue l’andamento del tasso sui depositi bancari.
Bund 10 anni sconta bassa inflazione
In conclusione, c’è una crescente convinzione tra gli investitori che la BCE dovrà abbassare i tassi dello 0,50% tra poco più di una settimana. Ed è interessante che questa previsione abbia retto al dato sull’inflazione a novembre, risalito nell’Eurozona al 2,3% e ai massimi da luglio. Evidentemente, il mercato non si è fatto impressionare e continua a sostenere la tesi di un allentamento monetario necessario per sostenere un’economia europea sempre più in affanno.
Il Bund a 10 anni riflette aspettative d’inflazione attualmente sotto il target del 2% della BCE anche per il lungo periodo. Segno che ci sarebbe pessimismo sullo stato futuro dell’unione monetaria.