Con le attuali regole del sistema previdenziale italiano, le pensioni vengono calcolate secondo criteri ben definiti. Dal 1996, con l’entrata in vigore del sistema contributivo, siamo passati a un modello in cui contano più le contribuzioni che le retribuzioni. Ciò non significa, però, che lo stipendio sia irrilevante; anzi, percepire un salario più elevato resta vantaggioso. I lavoratori che ricadono nel sistema misto hanno tuttavia un margine di manovra più ampio, grazie a iniziative da intraprendere durante la carriera per ottenere un trattamento pensionistico migliore.
Pensioni retributive e anni di lavoro, come funziona il calcolo della prestazione
Dal 1996 il sistema previdenziale è cambiato radicalmente: con la riforma Dini, il calcolo retributivo delle pensioni ha perso centralità.
In precedenza, la pensione veniva determinata come percentuale delle ultime annualità di retribuzione. Più alte erano le retribuzioni negli ultimi 5 o 10 anni di carriera, più consistente risultava l’assegno, con notevoli vantaggi per chi otteneva aumenti di stipendio sul finire del percorso lavorativo. Questo meccanismo, però, favoriva anche pratiche scorrette, come promozioni improvvise e non giustificate, introdotte ad hoc per sfruttare le regole.
Pensioni contributive, come funziona il calcolo della prestazione
Con la riforma Dini, le pensioni sono calcolate in base al sistema contributivo. L’importo dipende dal montante contributivo, ossia dall’insieme dei contributi versati nel tempo. Tali versamenti sono prima rivalutati in base all’inflazione e poi moltiplicati per i coefficienti di trasformazione, che variano in funzione dell’età del pensionando. Chi lascia il lavoro più tardi ottiene un coefficiente più favorevole. Si tratta di un metodo considerato più equo e meno esposto a comportamenti opportunistici, poiché per aumentare la pensione occorre semplicemente versare di più.
Pensioni miste, come funziona il calcolo della prestazione
Il calcolo interamente retributivo si applica soltanto a chi ha maturato l’intera carriera prima del 1996; quello contributivo riguarda chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995. Chi, invece, ha versato contributi prima e dopo il 1996 rientra nel sistema misto: i periodi precedenti al 1996 sono conteggiati con il metodo retributivo, quelli successivi con il contributivo. Se al 31 dicembre 1995 risultano almeno 18 anni di contributi, il lavoratore beneficia del calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011.
Pensioni e lavoro: cosa fare negli ultimi anni per prendere di più
Oggi, per la quasi totalità dei futuri pensionati, contano più i contributi che le retribuzioni, poiché sono pochi coloro che hanno versato l’intera carriera prima del 1996. Ciò non significa che lo stipendio sia ininfluente: i contributi rappresentano pur sempre una quota della retribuzione. Nel FPLD, ad esempio, l’aliquota contributiva è del 33 %: versare di più equivale a ricevere di più. Pur senza l’impatto del sistema retributivo, gli stipendi rimangono determinanti anche nel contributivo.
Chi rientra nel sistema misto dovrebbe evitare cali di stipendio negli ultimi anni di carriera (ad esempio passando alla NASpI o al part-time), per non ridurre la quota retributiva della pensione. Per chi è interamente nel contributivo, eventuali periodi con retribuzioni inferiori pesano meno, ma ogni contributo aggiuntivo contribuisce ad accrescere l’assegno futuro.
Capire come bilanciare lavoro e pensione è dunque fondamentale per massimizzare entrambe le prestazioni.