Se vale ancora che i segnali vanno colti, quello lanciato in Asia in questi giorni ha un qualcosa di positivo per la moneta unica. La Banca per gli Investimenti nelle Infrastrutture dell’Asia, controllata dai cosiddetti BRICS, ha emesso un bond in euro della durata di 7 anni (ISIN: XS3072238309). L’operazione è stata condotta da Deutsche Bank, JP Morgan e Societe Generale per un importo di 1 miliardo. Le richieste sono arrivate da 26 investitori istituzionali. Il taglio minimo è stato fissato in appena 1.000 euro.
Caratteristiche dell’emissione
Non possiamo formalmente parlare di bond dei BRICS, ma nella sostanza ci somiglia come vedremo.
Ha scadenza in data 14 maggio 2032 e il prezzo di emissione è stato di 99,603 centesimi, leggermente sotto la pari. La cedola lorda annuale è del 2,625%, per cui il rendimento lordo esitato è stato del 2,688%. Abbiamo un premio nell’ordine dei 40 punti base o 0,40% rispetto al tasso “midswap”.
Se considerate che il BTp a 7 anni offre attualmente il quasi il 3,20%, vi chiederete se abbia senso per noi italiani investire in un altro titolo di pari durata e meno remunerativo. In effetti, sembrerebbe di no. A patto di restare indifferenti al rating tripla A assegnato dalla agenzie internazionali all’emittente. L’ente sovranazionale è sicurissimo sul piano creditizio. Come sapete, l’Italia è considerato un debitore meno sicuro di Paesi come Germania e Francia. Il suo rating non va oltre BBB+, che è ben 7 gradini più basso del massimo.
Ente controllato da Cina, India e Russia
Questa emissione non ha nulla di clamoroso, rientrando tra le operazioni consuete per un ente internazionale intento a rifinanziarsi sui mercati periodicamente. Ma la tempistica può essere un segnale positivo per l’euro. Indebitarsi in una valuta, significa anche sostenerne la forza nel breve e medio termine. Soprattutto, si prende atto del suo apprezzamento recente. E questo vale particolarmente per un bond emesso da una banca controllata dai BRICS. In effetti, il 26% del capitale è in mano alla Cina, l’8% all’India e il 6% alla Russia.
Insieme, questi soli tre soggetti detengono il 40% contro il 10% di Germania, Francia, Italia e Spagna messe insieme. USA e Giappone non sono presenti nel capitale.
Bond dei BRICS segnale positivo per l’euro
Sappiamo che Pechino è in rotta di collisione da tempo con Washington, specie da quando l’amministrazione Trump ha imposto maxi-dazi sulle sue merci. La seconda economia mondiale punta ad allentare la dipendenza dal dollaro, così come la Russia sotto sanzioni dell’Occidente per l’invasione dell’Ucraina. L’emissione di un bond in euro da parte dei BRICS e in mezzo alle tensioni commerciali di questi mesi, può essere interpretata come la volontà di optare per la moneta unica al posto del dollaro. Non si tratta di un’operazione semplice e che possa concludersi in poco tempo. Anzi, richiederà molti anni e l’assenza di tensioni nell’Eurozona. Ma qualcosa inizierebbe a muoversi.