Papa Francesco non ha lasciato una Chiesa povera, ma in dissesto

La Chiesa che Papa Francesco lascia in eredita al successore non è povera, bensì con finanze in dissesto. Servirà un'opera di risanamento.
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2 settimane fa
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Finanze della Chiesa in acque agitate
Finanze della Chiesa in acque agitate © Licenza Creative Commons

Papa Francesco voleva una Chiesa povera, ma ne ha lasciata in eredità una con finanze sconquassate. Se fosse una società privata, porterebbe i libri in tribunali. Il successore non dovrà essere estraneo a una qualche dote manageriale per fare uscire i conti vaticani dal guado. La situazione è drammatica. Il bilancio del 2024 dovrebbe essersi chiuso in deficit di circa 70 milioni di euro, che è una cifra altissima per un ente con entrate annuali nell’ordine del miliardo. L’aspetto forse più preoccupante deriva dal fatto che, a differenza di qualsiasi altro stato, la Città del Vaticano non dispone di entrate proprie. Non ha imposte, semplicemente perché si tratta di un’area di 0,44 km quadrati senza attività economiche vere e proprie.

Finanze della Chiesa giù con offerte fedeli

Le finanze della Chiesa cattolica, o meglio dello stato a cui essa fa riferimento, si reggono sull’Obolo di San Pietro, sull’Apsa e sulle attività culturali. Il primo raccoglie le offerte dei fedeli di tutto il mondo, tra cui le donazioni nelle parrocchie del 29 giugno, quelle dirette tramite assegno o bonifico e i lasciti ereditari. L’anno scorso ammontavano a 52 milioni, in calo dagli oltre 80 milioni di un quindicennio fa. Peccato che nel frattempo l’Obolo abbia dovuto girare al Vaticano 109,4 milioni. Pertanto, il bilancio è stato in profondo rosso per 57,4 milioni.

Gestione patrimoniale carente

L’Apsa sta per Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Gestisce i beni immobili e gli investimenti di natura finanziaria. I primi sono oltre 5.000, escludendo quelli che la Chiesa dispone per esercitare le proprie funzioni. Un complesso di 1,5 milioni di metri quadrati, in apparenza sfruttato male. Perché il 70% di questi immobili risulta concesso in locazione a canone nullo, cioè gratuitamente. Meno di un quinto è dato in locazione ai prezzi di mercato. L’utile derivante dal patrimonio immobiliare è stato di 35 milioni nel 2023, ma è evidente che vi sarebbero grossi margini di miglioramento.

Quanto agli investimenti di natura finanziaria, il portafoglio a fine 2022 ammontava a 2,9 miliardi. Papa Francesco ha preteso che la gestione fosse improntata alla massima prudenza, cioè che la speculazione fosse sostanzialmente azzerata. E questo sta verosimilmente riducendo i profitti. Considerate che negli ultimi 2 anni i portafogli obbligazionari sono a tratti volati grazie al boom dei prezzi. Di questo trend le finanze della Chiesa avranno beneficiato poco o nulla, essendo gli investimenti perlopiù di breve durata ed essendo la liquidità altissima, pari alla metà delle risorse disponibili.

Giù anche donazioni con 8 per mille

Infine, le attività culturali come i Musei vaticani e i libri venduti dal Papa. Non incidono più di tanto sulle finanze della Chiesa. Come se non bastasse, l’allarme riguarda anche il clero all’infuori delle mura vaticane. La figura di Papa Francesco si presupponeva che avrebbe attirato maggiori donazioni dei fedeli con l’8 per mille alla Chiesa cattolica. E’ accaduto il contrario. Nel 2024, con riferimento ai redditi dichiarati nel 2023, i contribuenti italiani hanno versato appena 991 milioni.

Per la prima volta, la cifra è scesa sotto il miliardo. Nel 2012, ultimo anno prima dell’arrivo di George Bergoglio al soglio pontificio, le donazioni erano ancora a 1 miliardo e 13 milioni.

Dunque, le finanze della Chiesa italiana hanno accusato il colpo: -2% nominale nel periodo considerato. Considerata l’inflazione, un crollo reale del 23%. In pratica, i costi salgono e le entrate diminuiscono con il tempo. Il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, non ha nascosto la crisi. Ha parlato “di minore sensibilità” dei fedeli riguardo alle donazioni. Il prelato è in corsa per l’elezione e forse la sua attività amministrativa di questi tempi può rappresentare un plus agli occhi dei colleghi cardinali. Tutti sono preoccupati della condizione economica del Vaticano, anche perché di mezzo ci sono i loro stessi emolumenti, già decurtati da Papa Francesco durante il Covid per circa 500 euro al mese. E nell’autunno scorso era stato deciso un secondo taglio di 100 euro al mese.

Fedeli benestanti necessari a finanze della Chiesa

I sacrifici da compiere aumenteranno. Forse sono finiti i tempi dei palazzi romani da centinaia di metri quadri a canone zero o a costi irrisori per consentire al clero di vivere a quattro passi dal Vaticano quasi gratis. E il prossimo Papa dovrà salvaguardare anche le donazioni al di là dell’onda emotiva una tantum, per l’appunto ad ogni morte di Papa. Le finanze della Chiesa non si possono più reggere sull’approssimazione. La cura sarà necessariamente dolorosa per il porporato. E servirà il massimo sostegno dei fedeli delle nazioni più benestanti, forse trascurati un po’ eccessivamente durante l’ultimo pontificato.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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