Il mistero del dollaro di Taiwan, che guadagna il 10% in 2 sedute e minaccia il biglietto verde

Il dollaro di Taiwan mette a segno un guadagno in doppia cifra in un paio di sedute contro il biglietto verde, seminando paura sul mercato.
2 settimane fa
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Dollaro di Taiwan
Dollaro di Taiwan © Licenza Creative Commons

Sembra essere tornata un po’ la calma sui mercati finanziari dopo le turbolente settimane seguite all’annuncio dei dazi americani da parte del presidente Donald Trump. Sembra, perché la tensione esiste ancora e si è spostata altrove. Quanto accaduto in questi giorni al dollaro di Taiwan racconta in maniera impeccabile di quali siano gli umori degli investitori in questa fase. La valuta asiatica ha guadagnato oltre il 10% in appena due sedute. Stava ad un cambio superiore a 32 contro il dollaro USA ed è arrivata a scendere a poco più di 29. Ieri, risaliva (s’indeboliva) a 30,32.

Cambio del dollaro di Taiwan
Cambio del dollaro di Taiwan © Licenza Creative Commons

Dollaro di Taiwan scommessa sorprendente

Non è accaduto nulla che possa giustificare un simile apprezzamento.

Anzi, se vogliamo raccontarcela tutta, scommettere sul dollaro di Taiwan di questi tempi può persino apparire folle. L’isola è rivendicata dalla Cina sin dalla nascita della Repubblica Popolare nel 1949. Il governo locale è uno stretto alleato degli Stati Uniti, ma ciò non ha impedito a Washington di imporre un dazio del 32% sulle sue esportazioni. La svolta di politica estera di Trump sta riducendo il senso di sicurezza degli abitanti con riguardo alla protezione americana dalle mire di Pechino.

Fuga dai Treasuries

Il dollaro di Taiwan nelle settimane passate si era indebolito fino ai minimi da 10 anni a questa parte contro il biglietto verde. Tutto ad un tratto, il boom. Cosa può essere accaduto? Torniamo a Washington. L’altro ieri, il Tesoro offriva titoli del debito federale per 148,3 miliardi di dollari. La scadenza dei 3 anni, tuttavia, riscontrava richieste per appena 58 miliardi. E’ dovuta intervenire la Federal Reserve con altri 20 miliardi per arrivare ad assegnazioni per soli 78,5 miliardi, poco più della metà dell’importo preventivato.

Il rendimento mediano esitato è stato del 3,769%.

Si dice che tecnicamente un’asta vada scoperta quando le richieste restano inferiore all’importo offerto. Non è la prima volta che accade, né solamente negli Stati Uniti. Nelle stesse ore la Germania emetteva Bund a 5 anni per 3,48 miliardi di euro, ben meno dei 4,5 miliardi ipotizzati alla vigilia. Infatti, anche in questo caso le richieste si erano fermate sotto al livello offerto: 4,264 miliardi. Il rendimento medio del 2,07% è stato poco allettante, anche perché l’allentamento delle tensioni globali ha fatto tornare l’appetito per il rischio tra gli investitori. A beneficiarne sono bond come i BTp, il cui spread decennale è sceso ben sotto i 110 punti base o 1,10%.

Nel caso americano, però, ci sarebbe dell’altro. Gli investitori istituzionali si starebbero tenendo alla larga da dollaro e Treasuries. Un po’ per via del deprezzamento atteso per entrambi, un po’ per la crescente sfiducia verso Washington. La superpotenza brandisce i dazi quale arma negoziale con gli stessi alleati, finendo per allontanarli da sé. Tra questi ci sarebbe la stessa Taiwan, il cui dollaro si sarebbe apprezzato per la diversificazione degli asset da parte sia della banca centrale che delle imprese esportatrici.

Valute asiatiche in rialzo

L’isola ha esportato nel 2024 merci negli USA per 111 miliardi di dollari, pari al 14% del suo Pil. E ha registrato un avanzo commerciale con gli stessi per 74 miliardi, il 9,3% del Pil. E’ all’avanguardia nella produzione di chip di alta gamma con il colosso TSMC. Grazie a questi numeri riesce ad accumulare di anno in anno riserve valutarie, le quali ammontavano ad aprile a 583 miliardi di dollari USA (73,5% del Pil). Cosa c’entra questo con l’asta scoperta del Tesoro americano? Finita nel mirino dei dazi di Trump, Taiwan si starebbe rifiutando di investire nei Treasuries. Un po’ per ripicca, un po’ per sfiducia.

Non è l’unico caso del genere. La Hong Kong Monetary Authority è dovuta intervenire nei giorni scorsi per difendere il peg tra il suo dollaro e il dollaro USA. Il cambio può muoversi sin dal 1983 all’interno di un range tra 7,75 e 7,85. La soglia inferiore era stata toccata il 2 maggio scorso, segnalando un rafforzamento oltre i livelli massimi consentiti per la valuta locale. Il mercato sta scommettendo sull’indebolimento del dollaro americano e ciò sta portando al rafforzamento delle valute asiatiche, yen compreso.

Dollaro di Taiwan, mistero risolto?

Nel caso del dollaro di Taiwan, poi, c’è stato il chiacchiericcio di chi pensa che dietro alle trattative commerciali con gli USA vi sarebbe la promessa del governo locale di rafforzare il cambio. A poco servono le smentite. Siamo dinnanzi ad una profezia che si auto-avvera. Poiché tutti pensano che la valuta si apprezzerà, la acquistano. E acquistandola, finisce per apprezzarsi davvero. E cosa c’è di meglio che investire nei titoli del debito denominati nella valuta sospettata di rafforzarsi? Infatti, il rendimento decennale è sceso nel frattempo dello 0,10% contro il +0,17% messo a segno nelle stesse sedute dal Treasury a 10 anni. Mistero, apparentemente, risolto.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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