L’Italia è l’unica grande economia mondiale in cui gli stipendi reali sono diminuiti rispetto ad inizio anni Novanta. Un lavoratore oggi percepisce meno di 35 anni fa, calcolando la sua paga al netto dell’inflazione. E questo è un dato spaventosamente negativo, che ci racconta di un declino del Bel Paese apparentemente inarrestabile. L’esigenza di guadagnare di più è avvertita trasversalmente alle fasce sociali. Il famigerato ceto medio ormai passa le giornate a temere di finire in povertà, che non a come migliorare la propria posizione socio-economica.
Ricchezza finanziaria, scarsi investimenti
Noi italiani siamo stati e continuiamo ad essere bravi nella gestione delle nostre finanze personali.
A dispetto di una narrazione catastrofista, che spesso mette in risalto i mali pubblici e cela le virtù private, siamo relativamente poco indebitati come famiglie e imprese. Anche se ormai i nostri risparmi non sono più quelli di un tempo, complici le basse retribuzioni, ce la caviamo ancora bene nel confronto internazionale.
Eppure, difettiamo nella capacità di investire il frutto dei nostri sacrifici. La ricchezza netta delle famiglie italiane a fine 2023 ammontava a 11.286 miliardi di euro. Essa risultava composta per il 56,8% da attività reali. Le attività finanziarie ammontavano a 5.692 miliardi. Di queste, le partecipazioni azionarie lorde valevano 1.656 miliardi, le riserve assicurative 1.090 miliardi, le partecipazioni in fondi a 721 miliardi e i titoli obbligazionari a 430 miliardi. Sembrano numeri importanti, ma non lo sono affatto: investiamo poco sui mercati finanziari.
Pochi investitori in borsa in Italia
Uno studio di HelloSafe evidenzia come l’Italia sia tra i Paesi con il minore tasso di partecipazione azionaria tra le prime 32 economie mondiali.
Siamo al 23-esimo posto con percentuali simili a Cina e India. Da noi investe in borsa appena il 7% delle persone contro il 14,2% in Germania e il 15,1% in Francia. Svettano gli USA con il 55% e il Canada con il 49%. La Svezia stessa con il 22% si porta in alto nella classifica. E questo è un grosso problema. Noi italiani vorremo guadagnare di più, ma ci comportiamo come se non ce ne importasse.
Per capire perché questa bassa percentuale di investitori rappresenti un limite per l’economia italiana, partiamo da un dato: le borse mondiali in media hanno guadagnato l’8,3% all’anno nell’ultimo decennio. Questo è il guadagno a cui stanno rinunciando il 93% degli italiani che non investono in borsa. Parte di questi non ne avrebbero modo per insufficienza di risorse. Molti, però, semplicemente non riescono a capire come far fruttare i risparmi. Lo evidenzia il fatto che nei depositi bancari sono parcheggiati oltre 1.800 miliardi. Denaro quasi del tutto a zero interessi.
Guadagnare di più grazie ai mercati
Immaginate per ipotesi che solamente la metà di quel denaro venisse investito in borsa. Stando ai dati di cui sopra, dovremmo attenderci un rendimento medio annuo intorno ad una settantina di miliardi, senza considerare le cedole. Qualcosa come oltre 1.200 euro lordi per abitante in più. Ovvio che stiamo semplificando e anche trascurando il rischio valutario.
A parte ciò, emerge nitidamente che i nostri sotto-investimenti ci stiano privando dell’opportunità di guadagnare di più. Una perdita per l’intero sistema Italia in termini di consumi e gettito fiscale. E se pensiamo che parte cospicua dei maggiori investimenti potrebbe andare a Piazza Affari, capiamo quanto la nostra diffidenza verso i mercati stia penalizzando anche le imprese italiane nell’accedere a fonti di finanziamento alternative al credito bancario.