Il finanziere svizzero Marc Faber, molto critico verso le banche centrali, ha di recente fatto endorsement in favore del candidato alle primarie del Partito Repubblicano, l’immobiliarista Donald Trump, se non altro, spiega, perché si tratta di un uomo al di fuori dell’establishment politico americano. Qualche mese fa, lo stesso Faber aveva attaccato i candidati di entrambi gli schieramenti, addebitando alla loro mediocrità le tensioni sui mercati finanziari. Adesso, il finanziere è tornato alla carica, attaccando le banche centrali del pianeta, le cui misure aprirebbero la strada a un “socialismo globale”.

L’accusa del magnate è ben precisa: esse non sarebbero interessate realmente al funzionamento degli stimoli monetari messi in pratica, bensì al loro prestigio. E questo gli arriverebbe dall’entrare in possesso un po’ di tutti gli assets presenti sul mercato.

Il secondo fine delle banche centrali

In altre parole, Faber ritiene che il vero fine delle politiche di “quantitative easing” sarebbe di consentire alle banche centrali di arrivare a comprare tutti i titoli sui mercati, in modo da accrescere il loro potere e la loro influenza nell’economia. Di più: se ad oggi, esse si sono limitate ad acquistare titoli di stato e del debito privato (obbligazioni societarie), arriverà il momento, aggiunge, che inizieranno ad acquistare anche titoli azionari. Esiste già un precedente, ovvero gli acquisti di azioni effettuati dalla banca centrale di Hong Kong alla fine degli anni Novanta, quando esplose la crisi finanziaria asiatica. Una volta entrate in possesso di gran parte degli assets finanziari, nei fatti le banche centrali, alias i governi, controllerebbero l’intera economia, che gestirebbero in maniera pianificata, come in un regime socialista.      

Banche centrali piglia-tutto, la denuncia di Faber

La critica di Faber potrebbe apparire persino esagerata, frutto di un’avversione ideologica alle politiche di forte accomodamento monetario dei principali istituti del pianeta, ma non è senza un fondamento.

Appena poco più un anno fa sembrava molto improbabile che la BCE avrebbe acquistato in misura massiccia i titoli di stato dell’Eurozona, oltre agli Abs e ai “covered bond”, mentre meno di una settimana fa a sorpresa annunciava l’inserimento del programma anche dei bond corporate, ovvero dei titoli del debito emessi dalle società private. Nelle settimane scorse, in piena tempesta contro il comparto bancario, si era arrivata a diffondere la voce (smentita dal governatore Mario Draghi), secondo la quale la BCE avrebbe allo studio persino l’acquisto di titoli bancari. La crisi sembra rientrata, almeno temporaneamente, ma potrebbe riaffacciarsi in ogni istante, spingendo Francoforte possibilmente a ipotizzare davvero un suo intervento diretto sul mercato azionario, partendo dalle banche. Che Faber sia un semplice detrattore dei governi e delle banche centrali, oppure che abbia capacità profetiche (speriamo di no), la realtà è che mai nella storia si era assistito a un ruolo così preponderante dei governatori nell’economia. Dalle loro parole dipende l’orientamento dei mercati finanziari globali, dalle loro misure si spostano ingenti flussi di ricchezza da un comparto all’altro, da un parte all’altra del pianeta, ma ciò che maggiormente fa impressione è l’eccessiva dipendenza ormai sotto gli occhi di tutti della finanza dall’operato delle banche centrali.

Eccessiva dipendenza dell’economia da banche centrali

Senza di loro, la crisi del debito sovrano nell’Eurozona non sarebbe forse stata tamponata, né gli USA avrebbero potuto tenere bassi i costi di rifinanziamento dei Treasuries. A loro ci si affida per contrastare l’inflazione con richieste sempre più elevate di interventi sui mercati. Oggi, il bilancio della Federal Reserve è 5 volte superiore a quello di fine 2008, prima che scoppiasse la crisi finanziaria. L’istituto ha in pancia circa 3.500 miliardi tra titoli di stato USA e bond privati coperti dalla garanzia immobiliare.

Nel frattempo, la BCE ha acquistato quasi 800 miliardi di euro in titoli vari e quando avrà completato il suo programma, la cui scadenza è attesa tra un anno, deterrà oltre il 10% dell’intero debito pubblico dei governi dell’Eurozona, vantando così un potere contrattuale enorme nei confronti di questi ultimi. Che ci siamo spinti più in là dell’immaginabile lo dimostra anche l’ultimo board della BCE, quando ad una domanda sull’“helicopter money”, anziché rispondere con una grassa risata, come avrebbe fatto fino a qualche mese fa, il governatore Mario Draghi ha tentato, addirittura, di costruirci un ragionamento. Per inciso, i “soldi sparati dall’elicottero” è una metafora di Miltond Friedman, economista e padre del monetarismo, che decenni fa la utilizzò ironicamente per spiegare che, anziché fare politiche monetarie attive e distorsive del mercato, sarebbe stato più neutrale ed efficace sparare il denaro da un elicottero, in modo da rendere la moneta disponibile a tutti.      

Mercato è ancora libero?

Al contempo, infranta la soglia inizialmente fissata del 25% dei titoli acquistabili per ciascuna emissione, Francoforte entrerà in possesso potenzialmente di un potere di blocco per i casi di ristrutturazione del debito, in quanto avrà in mano una quantità sufficiente di titoli per contrastare valere da sola il volere di tutti gli altri creditori privati. Ma non è solamente l’acquisto diretto di titoli ad aumentare l’influenza delle banche centrali a discapito dei liberi attori sul mercato. L’azzeramento dei tassi e il loro sconfinamento in territorio negativo ha già avuto come effetto una sorta di paralisi del risparmio, che non viene più remunerato, rendendolo sempre meno utile. Lo stesso potere negoziale di imprese e famiglie verso le banche si è molto ridotto, perché con la liquidità a costo zero o sottozero concessa loro dalla BCE, queste possono attingere a fonti illimitate di denaro, da impiegare non nell’economia reale, bensì nell’acquisto di titoli di stato e adesso anche corporate, nella previsione di una plusvalenza, maturata senza rischi e in tempi brevi proprio grazie al sostegno offerto dall’intervento della stessa Francoforte.

Banche centrali controlleranno l’intera economia?

Il mercato non funziona più. Non siamo più dinnanzi al libero incontro tra domanda e offerta, ma al tentativo delle banche centrali di alterare i prezzi, giocando in favore di un lato del mercato, ovvero ad oggi dei debitori pubblici e d’ora in avanti anche di quelli privati. E in un futuro non molto lontano, come profetizza Faber, potremmo arrivare ad avere la BCE azionista delle principali società quotate nell’Eurozona. Lo stesso farebbero le altee banche centrali nei rispettivi paesi alle prime avvisaglie di crisi della borsa. Arriveremmo al punto, che queste saranno proprietarie degli istituti che controllano, gestendo direttamente il mercato del credito e controllando così tutta l’economia. Un incubo, specie per chi osteggia un ritorno mascherato del socialismo sotto mentite spoglie, ma che ogni giorno che passa appare sempre meno improbabile.