Ieri, il premier Alexis Tsipras ha attaccato a testa bassa i creditori pubblici, sostenendo che il Fondo Monetario Internazionale avrebbe “una responsabilità criminale” per l’evoluzione dell’economia in Grecia, mentre ha denunciato la presunta volontà dei governi europei di “umiliare” il suo paese. Parole, frutto forse della disperazione per un accordo lontano a 24 ore dall’Eurogruppo di domani nel Lussemburgo, ma che potrebbero essere la spia dell’intenzione del governo di Atene di coprire con la propaganda i possibili contraccolpi derivanti dal fallimento del negoziato.

Che la Grecia resti o meno nell’euro, senza un accordo rischia il default. E con la bancarotta dovrà quasi certamente imporre controlli sui capitali, altrimenti il sistema bancario ellenico crollerà per la fuga dei risparmiatori. Comunque vada, quindi, la mancata intesa con i creditori avrà conseguenze terribili sulle vite ordinarie dei greci, che subiranno sopra ogni altra cosa anche l’allontanarsi della ripresa dell’economia, il prolungamento della recessione già in corso e la distruzione di nuovi posti di lavoro, quando la disoccupazione è già al 26%.   APPROFONDISCI – Grecia, cosa sarebbero i controlli sui capitali? E cosa rischierebbero i turisti italiani?  

Crisi Grecia, le vere cause

Ma gli insulti contro la ex Troika, ora chiamata “Istituzioni”, non potranno nascondere le vere responsabilità di questa tremenda crisi economica, finanziaria, sociale e “umanitaria” della Grecia. L’FMI, la BCE e i governi europei con prestiti bilaterali e attraverso i fondi di salvataggio sovranazionali hanno finanziato Atene dal 2010 ad oggi per ben 313 miliardi di euro, dopo che per ammissione dell’allora neo-premier socialista George Papandreou, si scoprì che il precedente governo aveva truccato i conti pubblici (una pratica già utilizzata per entrare nell’euro) e che il deficit risultava essere al 15% del pil. Quando esplose il caso Grecia, nel maggio di 5 anni fa, Atene veniva da un decennio di forte ubriacatura della sua economia, che negli anni precedenti era arrivata a crescere anche del 6% all’anno.

Tra il 2000 e il 2010, gli stipendi pubblici erano aumentati del 60%, una crescita che non ebbe paragoni in alcun altro stato membro dell’Eurozona e che difficilmente si verifica in un’economia matura. Anche tra il 2008 e il 2009, ovvero con la crisi finanziaria mondiale già scoppiata, mentre tutti gli altri governi occidentali e non solo stringevano la cinghia, quello di Atene aumentava gli stipendi pubblici di un 19% complessivo, mentre nessun taglio vi era all’orizzonte per il generosissimo sistema pensionistico ellenico, che aveva sino ad allora consentito ai greci di lasciare il lavoro anche a 50 anni.   APPROFONDISCI – Grecia: Tsipras ottimista, ma si aggrava la crisi di liquidità e sale lo scontro con Berlino  

Pensioni Grecia tra le più generose

Arrivarono i sacrifici, i duri tagli imposti dalla Troika, si penserà che la musica in Grecia sia radicalmente cambiata. E, invece, si scopre che ancora oggi i pensionati greci percepiscono un assegno mensile tra il 70% e l’80% dello stipendio degli ultimi anni di carriera lavorativa e pari mediamente a ben 959 euro contro i 766 euro di un tedesco, per fare un raffronto. E si pensi che i contributi versati dai lavoratori riescono a coprire appena meno della metà della spesa pensionistica, dovendo lo stato coprire la differenza per ben l’8% del pil (il 2% in Italia). In sostanza, i lavoratori greci pagano molto, ma molto di meno di quello che percepiranno un giorno come assegno previdenziale.   APPROFONDISCI – Grecia, la sentenza sulle pensioni spegne l’ottimismo odierno sull’accordo   I figli dei dipendenti pubblici godono del diritto di percepire la pensione del genitore deceduto, anche se hanno completato gli studi e si trovano in età adulta, se celibi. La misura è stata in questi giorni estesa anche ai maschi con sentenza del Consiglio di Stato di Atene, lo stesso che ha annullato i tagli degli anni scorsi e che ha perciò determinato un aggravio dei conti pubblici ellenici di 1-1,5 miliardi all’anno.

Ancora oggi, poi, è possibile andare in pensione a 62 anni, 5 anni prima dell’età pensionabile teorica dei 67 anni, pur con una penalizzazione dell’assegno del 6% per ogni anno in meno. E che il paese continui a vivere al di sopra delle sue possibilità lo dimostra un altro dato: i consumi pubblici e privati ammontano complessivamente al 114% del pil, quando in paesi come Germania, Francia e Olanda non si va oltre il 90%.   APPROFONDISCI – La Grecia non presenterà nuove proposte all’Eurogruppo, è scontro sulle pensioni  

Riforme necessarie per crescere

Sarà anche antipatico e impopolare dirlo, ma le richieste dei creditori di tagliare la spesa per le pensioni (al 17,5% del pil, la più alta di tutta l’Europa) e di dare una frenata agli stipendi pubblici hanno più di un fondamento. Senza la liquidità da loro erogata, i greci avrebbero dovuto stringere di gran lunga di più la cinghia, perché lo stato si sarebbe dovuto rifinanziare sui mercati ai tassi stellari che gli investitori avrebbero richiesto,  per cui la Grecia avrebbe dovuto tagliare pesantemente la spesa pubblica per ridurre il nuovo indebitamento. Paradossalmente, quindi, la Troika ha ridotto l’austerità necessaria per Atene, mentre è stata accusata sinora del contrario. Infine, le riforme: le liberalizzazioni, incluse del mercato del lavoro, le privatizzazioni e la sburocratizzazione rappresentano i tre pilastri su cui si reggerebbe la ripresa nel medio-lungo termine della Grecia, la cui economia è inefficiente e basata essenzialmente sui dipendenti pubblici. Le misure invocate dai creditori servirebbero ai greci per tornare a camminare con le loro gambe e per potere rimborsare i debiti negli anni. Piaccia o meno, gli aiuti che gli altri governi hanno erogato ad Atene vanno restituiti, perché si tratta di denaro dei contribuenti del resto dell’Eurozona.

E nessuno capirebbe perché un italiano del Sud, che ha un reddito pro-capite inferiore a quello di un greco, dovrebbe finanziare a fondo perduto quest’ultimo più fortunato.   APPROFONDISCI – Grecia, oggi nuovo Eurogruppo. Si tratta su pensioni e salario minimo