Nel panorama previdenziale italiano, “Quota 103” ha rappresentato negli ultimi anni una delle soluzioni più rilevanti per l’accesso anticipato alla pensione. Introdotta nel 2023, dopo Quota 100 e Quota 102, questa misura ha consentito (e consente oggi) a migliaia di lavoratori di lasciare il lavoro con un requisito anagrafico fissato a 62 anni e almeno 41 anni di contributi versati.
Tuttavia, la sua permanenza nel sistema pensionistico nazionale sembra destinata a concludersi nei prossimi anni, lasciando spazio a nuove ipotesi di flessibilità in uscita dal lavoro.
La flessibilità previdenziale dopo Quota 103
Con l’avvicinarsi del 2026, il dibattito sulla sostenibilità e sull’evoluzione dei requisiti pensionistici si fa sempre più acceso.
Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, esponente di spicco della Lega, ha recentemente ribadito l’intenzione del Governo di rivedere le attuali modalità di accesso alla pensione anticipata. La direzione sembrerebbe puntare verso un modello più inclusivo e strutturato, che consenta un’uscita anticipata anche ai lavoratori che hanno iniziato la propria attività professionale in epoche più recenti.
Una delle proposte in campo riguarda proprio coloro che hanno iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995. Per questi soggetti si ipotizza la possibilità di accedere alla pensione già a 64 anni, a patto di aver accumulato almeno 25 anni di contribuzione. A rendere applicabile questa misura, però, è la presenza di un altro vincolo: l’importo dell’assegno previdenziale deve risultare pari o superiore a tre volte il valore dell’assegno sociale.
Un nuovo modello: requisiti e prospettive
Dopo la scomparsa già di Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) e di Quota 102 (64 anni di età e 38 anni di contributi), l’idea alla base di questa alternativa a Quota 103 si fonda sul sistema contributivo puro.
Questo significa che il calcolo dell’assegno pensionistico verrebbe effettuato esclusivamente sulla base dei contributi effettivamente versati durante la carriera lavorativa, escludendo ogni componente retributiva. In prospettiva, a partire dal 2030, si prevede che il requisito economico possa essere innalzato a 3,2 volte l’assegno sociale. Mentre il periodo minimo di contribuzione richiesto potrebbe salire a 30 anni.
Questo cambio di paradigma si pone come uno strumento per equilibrare le esigenze di bilancio con la necessità di garantire maggiore flessibilità nel passaggio dal lavoro alla pensione. Soprattutto per chi ha avuto carriere discontinue o ha cominciato a lavorare più tardi rispetto alle generazioni precedenti.
L’estensione a tutti i lavoratori: l’obiettivo della Lega
Nonostante l’attuale impostazione riguardi esclusivamente i lavoratori “contributivi puri” – ovvero chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, quando entrò in vigore il sistema contributivo – la Lega vorrebbe estendere questo meccanismo anche a coloro che hanno una carriera lavorativa iniziata prima di tale data.
Secondo Durigon, per concretizzare questa estensione sarebbe possibile introdurre una forma di finanziamento innovativa attraverso l’utilizzo del Trattamento di fine rapporto (Tfr) accumulato. L’idea è quella di impiegare una quota del Tfr che le aziende versano nel conto di tesoreria dell’INPS per sostenere la transizione previdenziale. Garantendo così una maggiore stabilità finanziaria al sistema.
Questa proposta ha il merito di valorizzare risorse già disponibili nel sistema, senza gravare ulteriormente sulla fiscalità generale,. E si inserisce in un quadro più ampio di riforma previdenziale che potrebbe includere anche incentivi per chi decide di restare più a lungo nel mondo del lavoro.
Il futuro del sistema pensionistico dopo Quota 103: una fase di transizione
La fine dell’esperienza di Quota 103 non rappresenterebbe una semplice abolizione di un meccanismo. Ma l’inizio di una nuova fase di trasformazione strutturale del sistema pensionistico. Il superamento di modelli “quota-based”, cioè fondati su combinazioni fisse di età e contributi, sembrerebbe lasciare spazio a formule più flessibili. E ancorate al principio dell’equilibrio tra quanto versato e quanto ricevuto.
In questo contesto, è fondamentale il ruolo delle previsioni di spesa pubblica. Mantenere la sostenibilità del sistema è una priorità imprescindibile, tanto quanto garantire una pensione dignitosa a chi ha lavorato per decenni. La sfida consiste nel trovare un compromesso tra rigore contabile e giustizia sociale.
Riassumendo
- Quota 103 consente l’uscita a 62 anni con 41 anni di contributi.
- Dal 2026 possibile pensione a 64 anni con 25 anni di versamenti.
- Serve un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale.
- La soglia contributiva salirà a 30 anni e l’importo minimo a 3,2 volte.
- La Lega propone l’estensione del nuovo modello anche ai lavoratori ante 1995.
- Il Tfr aziendale potrebbe finanziare la flessibilità in uscita per tutti.