Il progetto di riarmo dell’Unione Europea da 150 miliardi di euro, fortemente promosso dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è stato ufficialmente bocciato. La proposta prevedeva la creazione di un nuovo fondo europeo per sostenere l’industria della difesa, rafforzando l’autonomia militare del continente in un momento di crescente instabilità geopolitica. Tuttavia, diversi Stati membri si sono opposti, sollevando dubbi sia sul merito sia sul metodo della proposta.
Le ragioni del no del riarmo: questioni di bilancio e autonomia
Una delle principali motivazioni della bocciatura riguarda il timore di un eccessivo indebitamento. Alcuni Paesi, come la Germania e i cosiddetti “frugali” del Nord Europa, hanno manifestato forti perplessità all’idea di un nuovo grande debito comune.
Dopo il Next Generation EU, infatti, molti governi ritengono che meccanismi simili debbano essere utilizzati solo in casi eccezionali e strettamente limitati al sostegno economico, non per la difesa militare.
Inoltre, la gestione centralizzata delle risorse per l’industria bellica ha alimentato il timore di una perdita di sovranità nazionale. Alcuni Stati membri hanno sottolineato l’importanza di mantenere un controllo diretto sulle proprie politiche di difesa, senza cedere eccessive competenze a Bruxelles. Questo scetticismo riflette una tensione più ampia: quella tra l’ambizione di una politica estera e di sicurezza comune e il mantenimento delle prerogative nazionali.
Gli ostacoli politici al riarmo: tempi e divisioni interne
Un altro elemento che ha pesato sulla bocciatura è il calendario politico europeo. Con le elezioni europee alle porte, molti governi non intendono impegnarsi in decisioni così delicate, potenzialmente impopolari tra gli elettori. La proposta di von der Leyen è apparsa a molti osservatori come un’operazione tardiva e dettata anche da esigenze elettorali, in vista di una sua possibile riconferma.
Va inoltre considerato che all’interno della stessa Unione le priorità strategiche divergono profondamente: alcuni Paesi, come Polonia e Stati baltici, chiedono maggiori investimenti nella difesa in chiave anti-russa, mentre altri membri più lontani dal confine orientale preferiscono mantenere un approccio più prudente, puntando su strumenti diplomatici e cooperazione civile.
Le prospettive future: verso una nuova proposta?
Nonostante la bocciatura, il tema del rafforzamento della difesa europea resta centrale. Ursula von der Leyen ha annunciato l’intenzione di ripresentare il piano sotto una nuova forma, magari ridimensionata e più flessibile, per cercare di superare le resistenze. Si parla, ad esempio, di incentivi agli investimenti nazionali in armamenti comuni o di programmi di co-finanziamento più limitati. Tuttavia, appare evidente che l’idea di un riarmo europeo su larga scala richiederà tempi lunghi, compromessi complessi e un mutamento sostanziale delle sensibilità politiche all’interno dell’Unione. Per ora, l’Europa sembra ancora lontana da una vera integrazione militare, prigioniera delle sue differenze storiche, politiche ed economiche.
I punti più importanti.
- Il riarmo dell’UE da 150 miliardi è stato bocciato per timori di eccessivo indebitamento e perdita di sovranità.
- Divisioni politiche interne e l’imminenza delle elezioni europee hanno raffreddato il sostegno al progetto.
- Ursula von der Leyen punta a riproporre il piano in forma ridotta per superare le resistenze degli Stati membri.