Pensioni, presto arriveranno aumenti e arretrati: a gennaio gli aumenti furono pochi

Perché l'aumento delle pensioni di gennaio non è quello definitivo e potrebbero arrivare nuovi aumenti e arretrati ai pensionati?
2 settimane fa
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aumento pensioni
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Il meccanismo della perequazione delle pensioni resta invariato nel tempo. Ogni anno, a gennaio, l’INPS recepisce i dati ISTAT relativi all’aumento del costo della vita e applica, tramite decreto del governo, i nuovi importi delle prestazioni.

Sulla perequazione si discute sempre molto, soprattutto a fine anno e nelle prime settimane dell’anno nuovo. Di solito, i pensionati ricevono aumenti, anche se soggetti a regole variabili, decise di volta in volta dal governo. Regole che sono spesso oggetto di critiche, contestazioni e polemiche.

Emblematico il caso della perequazione 2024, finita davanti alla Corte Costituzionale per una presunta incostituzionalità della norma applicata.

Un ricorso promosso da alcuni pensionati che, però, non ha avuto esito favorevole, poiché la Consulta ha respinto la richiesta.

L’aumento delle pensioni legato al tasso d’inflazione si concretizza ogni gennaio, ma si tratta di un aumento provvisorio, calcolato su dati non definitivi. Anche nel 2025, infatti, gli aumenti erogati a gennaio potrebbero rivelarsi inferiori al dovuto. Ed è proprio questa la sorpresa positiva che potrebbe far felici molti: molti pensionati potrebbero trovarsi a credito nei confronti dell’INPS.

Pensioni, presto arriveranno aumenti e arretrati: a gennaio gli aumenti furono pochi

Per comprendere meglio, partiamo dal funzionamento della perequazione. Nel 2024, il metodo adottato – poi finito davanti alla Corte – prevedeva fasce molto penalizzanti per numerosi pensionati. Più aumentava l’importo della pensione, più sfavorevole diventava il trattamento, senza alcuna progressività. Questo provocava perdite significative, soprattutto per chi percepiva pensioni medio-alte.

Il meccanismo era il seguente:

  • fino a 4 volte il trattamento minimo: indicizzazione piena al 100%;
  • da oltre 4 a 5 volte il minimo: indicizzazione all’85%;
  • fino a 6 volte: 54%;
  • fino a 8 volte: 37%;
  • fino a 10 volte: 27%;
  • oltre 10 volte: 22%.

E soprattutto, senza progressività: il taglio si applicava sull’intero importo della pensione, non solo sulla parte eccedente rispetto alla fascia precedente.

La perequazione nel 2025 ha cambiato meccanismo

Il metodo appena descritto è stato ampiamente contestato sin da subito, indipendentemente dalla questione di incostituzionalità poi archiviata. Proprio per questo, nel 2025, il governo ha modificato il sistema di perequazione.

È stato confermato il 100% di indicizzazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo. Tuttavia:

  • per la parte da 4 a 5 volte il minimo, l’indicizzazione è salita al 90%;
  • per la parte eccedente, è stata applicata al 75%.

La novità importante è che ogni pensionato, per la parte del trattamento fino a 4 volte il minimo, ha recuperato il 100% dell’inflazione, subendo eventuali tagli solo sulla parte eccedente, e secondo le nuove percentuali.

Nel 2025, a gennaio, le pensioni sono state aumentate dello 0,8%, perché questo era il tasso di inflazione provvisorio certificato dall’ISTAT. Quindi:

  • fino a 4 volte il minimo: aumento dello 0,8%;
  • da 4 a 5 volte: aumento dello 0,72% (il 90% dello 0,8%);
  • oltre 5 volte: aumento dello 0,60% (il 75% dello 0,8%).

Aumento del costo della vita tra dato provvisorio e definitivo: ecco come funziona l’aumento delle pensioni

Il dato fondamentale da tenere presente è che l’inflazione allo 0,8%, utilizzata per calcolare gli aumenti, è sì ufficiale ISTAT, ma provvisoria. Si basa, infatti, solo sui primi 9 mesi dell’anno precedente, come indicato nelle circolari INPS di inizio anno.

Nel 2024, ad esempio, le pensioni a gennaio erano state aumentate del 5,4%, sulla base di un’inflazione elevata. In quel caso, gli ultimi 3 mesi dell’anno confermarono lo stesso tasso, rendendo l’aumento definitivo.

Diversamente era andata l’anno prima: nel 2023, il tasso provvisorio per i primi 9 mesi del 2022 era del 7,3%, ma quello definitivo fu dell’8,1%. A dicembre 2023, quindi, i pensionati ricevettero gli arretrati dovuti, calcolati sullo scarto dello 0,8%, relativi all’intero periodo da gennaio a dicembre 2023.

Aumento delle pensioni 2025: probabili arretrati in arrivo e importi maggiori

Per il 2025, c’è attesa. È vero che si parte da un tasso d’inflazione molto più basso rispetto agli ultimi due anni, segnati dalla crisi economica post-pandemia. Tuttavia, cresce la curiosità: ci sarà un conguaglio positivo?

Secondo gli ultimi dati ISTAT, relativi al quarto trimestre del 2024, il costo della vita è aumentato più di quanto emerso nei primi nove mesi. Infatti, il tasso definitivo dell’inflazione non è più dello 0,8%, ma dell’1%.

Questo significa che, probabilmente entro dicembre 2025 (o al massimo a gennaio 2026), l’INPS comunicherà ai pensionati l’erogazione degli arretrati e il ricalcolo degli aumenti, secondo il tasso definitivo dell’1%.

Naturalmente, le percentuali applicate saranno sempre quelle già in vigore:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo;
  • 90% fino a 5 volte;
  • 75% oltre le 5 volte.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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