Pensioni: Dopo i 60 anni quanti contributi servono?

Per andare in pensione dopo i 60 anni cosa bisogna sapere? Ecco la guida definitiva tra contributi, età e altri fattori.
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2 settimane fa
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pensione dopo 60 anni
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Una cosa è l’età da raggiungere per andare finalmente in pensione e dire basta alla carriera lavorativa. Un’altra cosa sono i contributi previdenziali da versare. In ogni caso, anagrafica e contribuzione sono le due cose che ogni lavoratore deve raggiungere per poter poi andare in pensione. Almeno per la stragrande maggioranza delle misure. Ci sono solo due strumenti pensionistici che permettono di andare in pensione solo con i contributi versati e non guardando all’età del diretto interessato. E c’è un solo strumento, che però è assistenziale e non previdenziale che guarda invece solo all’età e non ai contributi.

Chi si chiede dopo i 60 anni quanti contributi servono per la pensione, farebbe bene a leggere la nostra guida.

Pensioni: Dopo i 60 anni quanti contributi servono?

Dopo 60 anni di età giustamente un contribuente che magari da diversi (troppi) anni lavora ed è in servizio, può legittimamente aspirare finalmente ad andare in pensione. Da questo punto di vista nessun dubbio al riguardo perché quello che si può fare dal punto di vista lavorativo dopo i 60 anni sicuramente è un qualcosa di molto complicato rispetto a prima.

Soprattutto se il lavoro è troppo logorante. I 60 anni di età però, oggi nel sistema previdenziale italiano, sono un’età piuttosto bassa per consentire a molti di riuscire a centrare l’obiettivo del pensionamento. Però è altrettanto vero che non mancano le possibilità di arrivare comunque a conclusione cioè di arrivare comunque a prendere una pensione a quell’età o leggermente dopo.

 

Età, contributi e poi? Ecco cosa serve per andare in pensione sopo i 60 anni di età

I contributi sono il fattore fondamentale che serve nel momento in cui un lavoratore pensa di andare in pensione.

Infatti sono i contributi il fattore determinante per consentire ad una contribuente di poter andare in pensione una volta per tutte e di lasciare quindi il lavoro. Più contributi sono stati versati, maggiori sono le possibilità di andare in pensione dopo i 60 anni ma prima di essere arrivati a 67 anni. Quando per forza di cose la maggior parte delle persone vanno in pensione, salvo rare eccezioni. Il requisito anagrafico e il requisito contributivo come dicevamo sono i due fattori fondamentali che consentono ad un contribuente di poter finalmente andare in pensione.

Due requisiti che vanno centrati insieme e che come vedremo sono inversamente proporzionali l’uno con l’altro. Perché se è vero che si può uscire dal lavoro ad una età diversa e soprattutto in maniera anticipata rispetto ai 67 anni, è altrettanto vero che si può andare in pensione ad un’età piuttosto bassa solo raggiungendo una carriera contributiva piuttosto elevata. E senza contributi (perché non contano per la misura) c’è solo l’Assegno Sociale, per il quale però servono 67 anni di età e un reddito non superiore alle soglie previste che in genere sono pari allo stesso Assegno Sociale o al suo doppio nel caso dei coniugati.

Più contributi, più opportunità di uscita, ecco come funziona il sistema previdenziale

Quanto detto prima, sulle maggiori possibilità di pensionamento con elevati contributi, è dimostrato dal fatto che a 60 anni due delle vie che più sono utilizzate per andare in pensione anche se con molte difficoltà, sono quelle che passano dalle due misure che non prevedono limiti anagrafici.

Come lo sono la pensione anticipata ordinaria e la pensione anticipata di quota 41 per i precoci. Nel primo caso servono 42 anni e 10 mesi di contributi se il richiedente è un uomo. Oppure servono 41 anni e 10 mesi di contributi se la richiedente è donna. Nel secondo caso bisogna prima di tutto appartenere ad alcune categorie specifiche come lo sono i caregiver, i lavori gravosi, i disoccupati e gli invalidi. E poi bisogna maturare 41 anni di contributi versati di cui almeno 12 mesi completati già prima del raggiungimento dei 19 anni di età.

Il lavoro svolto è fondamentale come i contributi e l’età

Dopo i 60 anni con 35 anni di contributi versati invece possono uscire coloro i quali rientrano nello scivolo per il lavoro usurante. La misura riguarda solo particolari categorie di attività lavorative che devono essere state svolte per almeno la metà della vita lavorativa o per sette degli ultimi dieci anni. Ai lavori usuranti è anche ammessa la facoltà di uscire con la quota 41 per i precoci. Anche in questo caso l’attività lavorativa, come per tutti gli altri dentro la quota 41, deve essere svolta per sette degli ultimi dieci anni o per sei degli ultimi sette anni di carriera.
Lo scivolo usuranti permette di andare in pensione al raggiungimento di 61 anni e 7 mesi di età. Però solo l’età non basta perché bisogna arrivare anche a 35 anni di contributi versati. E bisogna anche completare la quota 97,6.

Ecco alcune soluzioni alternative a quelle ordinarie

Con 35 anni di contributi c’è anche opzione donna, un’altra misura che permette di andare in pensione solo a determinate lavoratrici (invalide e caregivers, ma anche licenziate o alle prese con aziende in crisi). L’età di uscita è a 59 anni, ma per le invalide e le caregivers è necessario aver avuto almeno 2 figli. Infatti sempre per invalide e caregivers senza figli l’età è pari a 61 anni e con un solo figlio a 60 anni.

Per opzione donna contributi ed età vanno completati entro la fine dell’anno precedente quello in cui si presenta la domanda di pensione. Con 36 anni di versamenti dopo i 60 anni di età c’è anche l’Ape sociale. Ma solo per gli addetti ai lavori gravosi che hanno compiuto almeno 63 anni e 5 mesi di età. Invece, sempre con l’Ape sociale bastano 30 anni di versamenti, ma per invalidi, caregivers e disoccupati. Infine, tornando a carriere lunghe 41 anni almeno, ecco che si può scegliere anche la quota 103. La misura non ha vincoli di platea. Basta aver raggiunto, insieme ai 41 anni di contributi, anche i 62 anni di età anagrafica.

Pochi contributi? Niente paura, le possibilità di andare in pensione dopo i 60 anni ci sono comunque

Con carriere più corte invece, ecco le misure si assottigliano. Perché con una carriera pari a 20 anni c’è la pensione di vecchiaia ordinaria, ovviamente. Ma c’è anche la pensione anticipata contributiva. Che si centra con 64 anni di età e 20 anni di versamenti. Ma solo per i contributivi puri (soggetti che vantano una carriera interamente dopo il 31 dicembre 1995). E soprattutto, solo se hanno raggiunto alla data di liquidazione, una pensione pari almeno a 3 volte l’Assegno Sociale, con riduzioni a 2,8 o 2,6 volte lo stesso Assegno Sociale, per le lavoratrici rispettivamente con un figlio avuto o con due o più figli avuti.

Sia per le pensioni anticipate contributive che per la pensione di vecchiaia per chi rientra interamente nel sistema contributivo, si possono sfruttare sconti di 4 mesi a figli avuti fino a massimo 16 mesi per chi ne ha avuti almeno 4, sull’età pensionabile. Che di fatto anticipa fino a 16 mesi l’uscita. E per raggiungere le soglie di importo minimo della pensione, con 25 anni di contributi maturati c’è la possibilità di usare anche la rendita maturata in un fondo integrativo.

Invalidità ma non solo, ecco gli sconti per andare a riposo in anticipo

Dopo i 60 anni (ma come vedremo anche prima), c’è la possibilità di andare in pensione, sempre con 20 anni di versamenti ma con invalidità all’80% almeno. Chi ha una invalidità pensionabile e quindi invalidità specifica per il lavoro svolto, pari almeno all’80%, può andare in pensione prima. Lo può fare a 61 anni se uomo, oppure già a 56 anni se donna. Tornando ai lavori gravosi o usuranti, si può sfruttare anche lo sconto di 5 mesi sull’età della pensione di vecchiaia.

Con uscite ammesse a 66 anni e 7 mesi. Per loro infatti è stato congelato il requisito anagrafico vigente fino al 2018, senza l’applicazione dell’aumento di 5 mesi previsto dal primo gennaio 2019 che ha portato a 67 anni di età quella pensionabile. Per uscire 5 mesi prima però servono almeno 30 anni di contributi, al netto di quelli figurativi, di quelli da prosecuzione volontaria e da qualsiasi altra contribuzione differente da quella da lavoro. Attenti anche agli sconti sui contributi. Perché per esempio gli invalidi che continuano a lavorare possono godere di una maggiorazione contributiva. Ogni anno di lavoro svolto dopo il riconoscimento della disabilità vale 1,2 volte. Così come ai contributivi puri ogni anno di lavoro svolto prima dei 18 anni di età vale 1,5 volte.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

2 Comments

  1. Sono un operaio precoce con 41 anni e mezzo di lavoro ho una invalidità del 75%, a gennaio ho firmato I documenti per la pensione al patronato mi avevano detto che dovevo attendere il consenso dell’INPS e non mai avuto nessuna risposta. Oggi sono ritornato al patronato di una altra sede cgil e mi hanno detto che <essendo nato a giugno devo lavorare il mese di giugno e luglio andare in pensione, ma l'INPS doveva farlo presente. Comunque il responsabile del patronato cgil che ho visto oggi 9 maggio si reca all'ufficio del patronato cgil che mi aveva fatto firmare I documenti a gennaio per verificare la situazione. Mi auguro che il sindaco non si comporti come chi governa sino' mi rivolgo a un legale che tutela i diritti dei lavoratori

  2. Sono un operaio precoce con 41 anni e mezzo di lavoro ho una invalidità del 75%, a gennaio ho firmato I documenti per la pensione al patronato mi avevano detto che dovevo attendere il consenso dell’INPS e non mai avuto nessuna risposta. Oggi sono ritornato al patronato di una altra sede cgil e mi hanno detto che <essendo nato a giugno devo lavorare il mese di giugno e luglio andare in pensione, ma l'INPS doveva farlo presente. Comunque il responsabile del patronato cgil che ho visto oggi 9 maggio si reca all'ufficio del patronato cgil che mi aveva fatto firmare I documenti a gennaio per verificare la situazione. Mi auguro che il sindacato non si comporti come chi governa sino' mi rivolgo a un legale che tutela i diritti dei lavoratori

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