Visto che le notizie sulle pensioni in questo momento storico latitano, in queste ultime giornate ha fatto discutere una novità che riguarda uno degli Stati Membri dell’UE. Parliamo della Danimarca, che ha cambiato alcune regole previdenziale e su cui le discussioni sono accese. Uno Stato la Danimarca, di quelli su cui sono stati puntati gli occhi di tutti, per via del tenore di vita e dello stile di vita che veniva reputato come da prendere ad esempio. Adesso però pare che anche in Danimarca le cose non vadano più come prima. Anche in materia previdenziale ed anche sulle pensioni.
Sembra clamorosa la decisione di spostare a 70 anni le pensioni.
Questo è ciò che hanno fatto in Danimarca sull’età pensionabile. Sembra una cosa all’italiana, compresa la discesa in piazza a protestare. ma da noi le pensioni a 70 anni sono realtà da tempo, anzi, vanno oltre solo che nessuno lo dice.
Pensioni a 70 anni, clamorosa decisione? si scende in piazza
La Danimarca è diventata il Paese capofila a livello di Unione Europea ad aver portato a 70 anni l’età pensionabile. Un primato che sicuramente è di quelli su cui la popolazione non può essere contenta. Far lavorare le persone fino a 70 anni anche in Danimarca non è piaciuto. E i sindacati hanno manifestato il loro dissenso.
Il Parlamento danese ha già messo nero su bianco approvando il provvedimento che porta dal 2040 l’età di pensionamento dai 67 anni di oggi ai 70 anni di domani.
Viene previsto un incremento per step naturalmente, con la soglia dell’età pensionabile che nel 2030 passerà a 68 anni, nel 2035 a 69 anni e nel 2024 come detto a 40 anni.
Le pensioni sempre più lontane, in Italia come all’estero
Chi rabbrividisce di fronte a questa novità farebbe bene a ricredersi per due diverse ragioni. L’indirizzo è questo per tutti gli Stati, perché nei Paesi occidentali l’età pensionabile deve per forza salire visto che sale la vita media della popolazione. Aumentano i dati sulla stima di vita e i sistemi pensionistici per restare sostenibili devono per forza di cose essere modificati. Il primo intervento che si adotta sempre è l’innalzamento dell’età pensionabile.
In pratica si spostano avanti i requisiti per le pensioni, allontanando la quiescenza dai lavoratori e costringendoli a restare al lavoro più a lungo. Pertanto, in questo modo le strutture previdenziali riescono a pagare le pensioni per meno tempo, assorbendo il fatto che avrebbero dovuto pagarle per più tempo visto che il pensionato vive più a lungo.
In alternativa, ma spesso, come si fa anche in Italia, contemporaneamente, si cambiano le regole di calcolo dei trattamenti. Ovvero si tagliano gli importi delle pensioni, per arrivare allo stesso obiettivo di riduzione della spesa pubblica previdenziale.
La pensione in Italia è otre i 70 anni già oggi
A dire il vero in Italia da tempo esiste effettivamente una pensione che ha una età pensionabile alta ben oltre i 67 anni. Perché non tutti sanno che in Italia la pensione di vecchiaia per i contributivi puri è fissata a 71 anni come età pensionabile.
In effetti un lavoratore che non ha 20 anni di contributi maturati a 67 anni, oppure che a 67 anni con 20 o più anni di versamenti non arriva ad un importo di pensione in linea con le normative, per la sua pensione deve attendere i 71 anni.
Infatti per le pensioni di vecchiaia bastano 67 anni di età e 20 anni di versamenti. Ma chi è privo di contribuzione a qualsiasi titolo versata prima del 1996, per andare in pensione con questi requisiti deve maturare una pensione che non deve essere inferiore come importo all’assegno sociale.
E se è vero che l’inflazione cresce, che i salari si abbassano, che i contributi versati diventano meno ricchi per via del precariato e della disoccupazione, è anche vero che sempre più saranno i contribuenti che in pensione ci andranno solo a 71 anni.
Perché tenderà a salire il valore dell’assegno sociale, che in aggiunta alle difficoltà a completare anni di contribuzione piena o a ottenere contributi elevati come importo, difficilmente si riuscirà ad andare in pensione prima dei 71 anni.