Il successore di Papa Francesco dovrà sciogliere il nodo sull’amore per i poveri

Il nuovo Papa e successore di Francesco dovrà scegliere tra l'amore della Chiesa per i poveri e la povertà.
2 settimane fa
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Nuovo Papa e atteggiamento verso i poveri
Nuovo Papa e atteggiamento verso i poveri © Licenza Creative Commons

Chi sarà il nuovo Papa dopo Jorge Mario Bergoglio? Dovremo attendere ancora diverse settimane per saperlo. Il Conclave si riunirà per eleggerlo a distanza di almeno 15 giorni dalle esequie di domani. E verosimilmente ci impiegherà diversi giorni per farlo. La Chiesa, e non solo, s’interroga sull’identikit del prossimo Pontefice. Conservatore o progressista? Vicino alla gente, ma fino a quale punto? Occidentale o no? Bianco o nero? Vietato sbagliare.

La tentazione di un nuovo Papa pauperista

Di Papa Francesco si sta scrivendo tanto in questi giorni. E’ stato un personaggio complesso e inafferrabile da diversi punti di vista. Considerato progressista per le sue posizioni su migranti e diritti civili, allo stesso tempo ha ribadito una linea conservatrice su aborto e gli stessi gay. Dopo l’iniziale “chi sono io per giudicare?”, la recente frase sull’eccesso di “frociaggine” nei seminari. E i medici che praticano l’interruzione di gravidanza sono stati definiti letteralmente “sicari”.

Resta indubbio che l’approccio di Papa Francesco alle cose del mondo sia stato all’insegna di un ostentato pauperismo, che risente sia della tradizione gesuita di appartenenza, sia alla cultura cattolica diffusa nel Sud America. Questa è stata spesso contagiata dalla teologia della liberazione, una corrente di pensiero incline ad abbracciare posizioni filo-marxiste per rappresentare le istanze di progresso sociale tra larghi strati della società latinoamericana.

Voglia di riscatto sociale nel mondo povero

L’elezione di un nuovo Papa di matrice conservatrice fa paura alle gerarchie ecclesiastiche, che temono di perdere consensi là dove i cattolici crescono numericamente di più. Parliamo essenzialmente di Africa, Asia e Sud America. Trattandosi di aree economicamente meno sviluppate rispetto all’Occidente, la voglia di riscatto sociale è più forte.

Bergoglio cercò di rivolgersi proprio a questi fedeli, facendo loro avvertire la sua vicinanza e quella della Chiesa nella lotta per l’emancipazione.

Dobbiamo partire da una constatazione storica incontrovertibile. Il cristianesimo di matrice cattolica ha sempre nutrito una certa diffidenza verso il capitalismo. Tant’è che Max Weber notò già nel 19-esimo secolo come quest’ultimo si fosse diffuso con successo nelle aree protestanti, dove il denaro non era considerato “sterco del demonio”. La diffidenza ha a che vedere non soltanto con le leggi dell’economia, quanto con la sovversione dell’ordine sociale scaturito dall’industrializzazione. Il clero ha sempre percepito il liberalismo come una minaccia per le istituzioni tradizionali, tra cui non solo le stesse gerarchie ecclesiastiche, ma anche la famiglia.

Benefici del capitalismo

Come uscire da questo apparente conflitto irrisolto? Papa Francesco fu effettivamente vicino ai poveri, ma non per questo il nuovo Papa non potrà esserlo da posizioni “conservatrici”, ammesso che tale definizione abbia senso. L’amore per i poveri spesso, anche in politica, degenera nell’amore per la povertà. E sono due concetti diversi. Indro Montanelli disse che “la sinistra ama così tanto i poveri, che quando governa li moltiplica”. Una battuta che più di ogni altra riflessione ci segnala la contraddizione di certo progressismo.

Veniamo ai numeri. La tanto contestata globalizzazione, ora riscoperta strumentalmente dalla sinistra in funzione anti-trumpiana, avrebbe fatto uscire dalla povertà 1,25 miliardi di persone nel mondo. In Cina il Pil pro-capite a parità di potere di acquisto è raddoppiato dal 2000 agli attuali 24.000 dollari. In uno stato africano come popoloso come l’Egitto risulta più che triplicato ad oltre 18.000 dollari. In pratica, il capitalismo ha creato benessere e ridotto la povertà. In molti casi, come in Occidente, è aumentata la disuguaglianza. Ed è qui che la Chiesa spesso fa confusione: meglio una società tutta di poveri o una in cui ci sono ricchi e meno ricchi, ma in cui nessuno muore di fame?

Disuguaglianza e povertà concetti diversi

La disuguaglianza in sé non è né giusta, né sbagliata. Se guadagno 100 e mi basta per vivere dignitosamente, poco mi importa se il mio vicino guadagna 1.000. Certo, esistono effetti non trascurabili come il senso di frustrazione, che in una società porta persone anche relativamente benestanti a sentirsi sminuiti e persino falliti. La Chiesa può intervenire proprio qui, ricordando che uno dei comandamenti prescrive di non desiderare la roba degli altri. E al contempo, facendo presente che la materialità non esaurisce la dimensione umana, anzi sarebbe persino la parte più irrilevante di essa secondo i canoni cattolici.

Il nuovo Papa dovrà evitare di cadere nel tranello ideologico di chi propina l’amore per i poveri per celare fallimentari politiche pauperistiche. Nel tentativo di creare una società di uguali, il Venezuela “chavista” ha ridotto in miseria un’intera nazione potenzialmente ricchissima, in quanto traboccante di materie prime. A Cuba manca ormai persino la luce nelle case e fare la spesa è diventato affare per pochi. Nel tanto criticato Occidente, invece, tendenzialmente tutti viviamo nel benessere. Non dobbiamo sottovalutare i numerosi casi di reale sofferenza materiale ed emarginazione. Tuttavia, innegabile che gli stati dispongano di risorse sufficienti per venire in loro soccorso all’occorrenza.

Nuovo Papa riparta dalla dottrina sociale

Se la Chiesa pensa di avvicinarsi ai fedeli inveendo contro lo sviluppo, rischia di vincere la battaglia e di perdere la guerra.

Recupererà un po’ di consenso nell’immediato per perderlo nel lungo periodo, quando si vedranno i risultati nefasti di questo approccio pauperistico e anti-capitalistico. La vera scommessa è coniugare la difesa della dignità umana allo sviluppo economico. Per fortuna il nuovo Papa non partirà dall’anno zero.

Già la dottrina sociale della Chiesa, risalente all’enciclica De Rerum Novarum di Papa Leone XIII del 1891, cerca da oltre un secolo di ricomporre la frattura tra il progresso portato dal capitalismo e la dimensione spirituale dell’uomo. Si tratta semplicemente di darne seguito, anziché immaginare di creare nuove categorie del pensiero ingannevoli e che strizzino l’occhio al consenso spicciolo senza alcuna prospettiva credibile per i decenni a venire. Il nuovo Papa dovrà ripartire dal passato per capire come la Chiesa debba muoversi nel futuro.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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