Nel mondo delle professioni intellettuali, e in particolare nell’ambito della consulenza contabile e fiscale, l’assunzione di un incarico da parte del commercialista non può prescindere da una rigorosa valutazione della propria idoneità professionale.
Questo principio, già espresso nel Codice deontologico dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, è stato oggetto di una recente e significativa interpretazione da parte della Corte di Cassazione, che ha stabilito nuovi parametri per l’analisi del concetto di competenza.
Senza adeguata preparazione niente incarico al commercialista
L’articolo 8, comma 2, del Codice deontologico stabilisce con chiarezza che il professionista deve astenersi dall’assumere incarichi che non sia in grado di gestire con sufficiente perizia.
Tale disposizione, che funge da tutela per l’interesse pubblico e per la qualità della prestazione professionale, impone una valutazione preliminare da parte del commercialista circa la propria idoneità tecnica e la disponibilità di risorse necessarie per adempiere l’incarico richiesto (che sia per la dichiarazione dei redditi, per un’apertura partita IVA, ecc.).
Questa norma, quindi, non si limita a regolare la fase esecutiva del mandato, ma si concentra su una fase ancora precedente: quella dell’accettazione dell’incarico stesso. In altre parole, la responsabilità professionale non nasce solo dall’eventuale errore commesso nello svolgimento del lavoro, ma si estende anche alla capacità di decidere consapevolmente se accettare o meno l’incarico.
La posizione della Cassazione: la competenza è una verifica concreta e personale
Con l’ordinanza n. 13271 del 19 maggio 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno fornito un chiarimento interpretativo di rilievo sul significato di “competenza” richiesto per accettare un incarico professionale.
Secondo i giudici supremi, non è sufficiente il possesso del titolo di abilitazione o di esperienze pregresse in senso generico. La competenza deve essere intesa come effettiva capacità, in quel momento e per quel preciso incarico, di garantire una prestazione professionale adeguata.
In questa prospettiva, la Corte ha affermato che il concetto di competenza deve essere letto in chiave soggettiva e concreta. È necessario, quindi, un esame approfondito delle proprie conoscenze, esperienze, strumenti e risorse operative, rapportati alla complessità e alle specificità del mandato proposto.
Il caso concreto dell’incarico al commercialista
La pronuncia della Corte trae origine da un caso disciplinare che ha visto coinvolto un dottore commercialista, destinatario di una sospensione di tredici mesi dall’esercizio della professione per violazioni multiple del Codice deontologico. Tra queste, rientrava proprio la trasgressione dell’art. 8, comma 2, relativa all’assunzione di un incarico senza possedere un’adeguata preparazione.
Il professionista, dopo aver subito la conferma della sanzione da parte del Consiglio di disciplina nazionale, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il principio in questione fosse applicabile soltanto in presenza di una mancanza assoluta di titoli o esperienza. A suo dire, il suo comportamento avrebbe potuto configurare al massimo una negligenza durante l’esecuzione del lavoro, non una carenza originaria di competenza.
La replica dei giudici: l’idoneità si valuta prima dell’incarico
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, evidenziando che l’argomentazione del professionista non era conforme all’interpretazione corretta della norma deontologica.
I giudici hanno sottolineato come il fulcro dell’obbligo disciplinare consista proprio nell’autovalutazione da compiere prima dell’accettazione dell’incarico, e non soltanto nel rispetto delle regole durante la sua esecuzione.
Secondo la Cassazione, non è sufficiente dimostrare l’assenza di dolo o di imperizia in senso stretto. Il punto centrale è che l’incarico commercialista comporta, sin dalla sua origine, una responsabilità autonoma legata alla capacità di discernere se si è realmente in grado di soddisfare le esigenze della prestazione richiesta. L’inosservanza di questo dovere può comportare una responsabilità disciplinare anche in assenza di errori tecnici durante l’esecuzione del mandato.
Un approccio più responsabile alla professione
Questa interpretazione rigorosa impone un cambiamento di prospettiva nell’approccio all’attività professionale. Ogni incarico commercialista, infatti, va affrontato non solo con la disponibilità a svolgere il lavoro richiesto, ma anche con la consapevolezza critica delle proprie competenze attuali e dell’adeguatezza delle risorse disponibili.
L’evoluzione normativa e giurisprudenziale richiama i professionisti a un’etica della responsabilità, in cui l’ammissione di un limite non costituisce una debolezza, ma un atto di rispetto verso la professione, i clienti e la collettività. L’incarico, quindi, non è solo un’opportunità, ma anche un impegno che deve essere affrontato con serietà e trasparenza.
Implicazioni per l’incarico al commercialista
La pronuncia della Cassazione rappresenta un monito importante per tutti i commercialisti. Non si tratta soltanto di evitare errori, ma di instaurare un metodo professionale basato su un’analisi preventiva delle proprie capacità operative. Ogni incarico deve essere oggetto di una valutazione tecnica accurata, e in caso di dubbi sulla propria adeguatezza, è doveroso rinunciare.
In questo senso, è opportuno che i professionisti adottino procedure interne di controllo qualità, formazione continua e aggiornamento specialistico, così da poter rispondere in modo adeguato alle esigenze del mercato e al rispetto delle norme deontologiche.
Conclusione: il valore della competenza come fondamento dell’incarico
Accettare un incarico commercialista significa assumersi una responsabilità ampia, che parte ben prima dell’esecuzione materiale dell’attività.
La competenza non è una qualità formale o teorica, ma una condizione concreta da accertare ogni volta, tenendo conto delle peculiarità del compito assegnato.
La Cassazione, con l’ordinanza del 19 maggio 2025, ha chiarito che la professionalità non può essere presunta sulla base di titoli o esperienze passate, ma va verificata caso per caso. Questo orientamento rappresenta un ulteriore passo verso una cultura della responsabilità e della qualità nell’ambito delle professioni contabili, a beneficio dell’intero sistema economico e sociale.
Riassumendo
- Il commercialista deve valutare la propria competenza prima di accettare un incarico.
- La competenza richiesta è concreta, non basta il titolo abilitante.
- La Cassazione ribadisce l’obbligo di autovalutazione prima dell’incarico.
- È sanzionabile l’accettazione di incarichi senza preparazione adeguata.
- La responsabilità nasce già dalla fase di accettazione del mandato.
- Rifiutare un incarico inadeguato è segno di professionalità e rispetto deontologico.