Entro lunedì 16 giugno 2025 va versato l’acconto IMU 2025.
L’imposta, però, non è dovuta sull’“IMU abitazione principale”: la regola vale anche per la doppia abitazione principale dei coniugi: coniugi proprietari di due case diverse, purché ciascuno possa provare di avere in quella casa residenza anagrafica e dimora abituale.
Ciò in linea con quanto ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 209/2022.
Per evitare contestazioni, i Comuni chiedono documenti concreti – prime fra tutte le bollette – che attestino l’uso effettivo dell’immobile.
Vediamo, alla luce della prassi e delle sentenze, quali prove servono e come prepararsi ad eventuali controllo sulla legittima spettanza dell’esonero.
L’esenzione IMU per l’abitazione principale
L’esenzione IMU per l’abitazione principale, legge 160/2019 (art. 1, comma 741, lett. b) richiedeva che l’intero nucleo familiare avesse residenza e dimora nello stesso immobile.
Con la sentenza n. 209/2022 sull’IMU abitazione principale la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale quella clausola: ora conta soltanto la situazione del singolo possessore.
Se i coniugi hanno residenza e dimora separate, entrambi possono godere dell’esenzione sulle rispettive abitazioni. E anche se gli immobili si trovano nello stesso Comune.
La Corte costituzionale ha ritenuto discriminatorio far dipendere l’esenzione dalla «residenza dell’intero nucleo familiare», perché:
- le esigenze abitative possono essere diverse (lavoro, salute, figli ecc.);
- penalizzava i coniugi che, pur uniti, devono vivere in città diverse;
- violava i princìpi di eguaglianza (art. 3 Cost.) e capacità contributiva (art. 53 Cost.).
Evoluzione normativa dell’esenzione IMU per l’abitazione principale
Norma / data | Cosa prevedeva | Cosa è cambiato |
Art. 13, c. 2, D.L. 201/2011 (IMU 2012) | Esenzione per l’“abitazione principale” «nella quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente».
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Regola rimasta in vigore, poi trasfusa nella legge 160/2019. |
Art. 1, c. 741, lett. b), L. 160/2019 (IMU “nuova” dal 2020) | Conferma che l’esenzione spetta solo se l’intero nucleo familiare ha residenza e dimora nello stesso immobile. | Nessuna modifica testuale. |
Corte cost. 209/2022 | Con effetto retroattivo, dichiara incostituzionale il vincolo che impediva ai coniugi con residenze/dimore diverse di beneficiare, ciascuno, dell’esenzione. | Conta la situazione del singolo possessore: se marito e moglie hanno ognuno residenza e dimora abituale in due case differenti, ciascuno può qualificare la propria come “abitazione principale”. |
I Comuni devono vigilare sulle false abitazioni principali
La decisione ha aperto la strada a un doppio beneficio, ma ha anche richiamato i Comuni a “vigilare” contro le false abitazioni principali.
Di qui la necessità, per i coniugi, se chiamati in causa con controlli ad hoc, di provare con specifici documenti la dimora abituale nell’immobile dichiarato esente.
In pratica, perché l’IMU non sia dovuta, occorrono:
- residenza anagrafica: iscrizione all’Anagrafe del Comune;
- dimora abituale: presenza effettiva e continuativa, dimostrabile con utenze, consumi, medico di base, ecc.
Residenza e dimora devono risultare separate per i due coniugi proprietari ognuno di un immobile per i quali intendono non pagare l’IMU.
Se manca uno dei due requisiti, l’immobile è trattato come seconda casa e l’IMU va versata.
Con interessi e sanzioni se l’omissione è oggetto di accertamento.
Bollette e altre prove: i controlli dei Comuni in vista dell’acconto del 16 giugno 2025
I poteri ispettivi riconosciuti agli Enti Locali derivano dall’art. 2, comma 10, lett. c), punto 2 del D.Lgs 23/2011, che consente ai Comuni di accedere ai dati sulle utenze (luce, gas, acqua) e su altri elementi patrimoniali presenti nell’Anagrafe tributaria.
Dunque i Comuni possono controllare l’abitazione principale e le bollette.
Quali documenti conviene conservare?
- Bollette energia, gas, acqua: importi coerenti con un uso abitativo “normale”. Consumi irrisori possono far presumere che la casa non sia effettivamente abitata.
- Contratti di fornitura intestati al coniuge che dichiara l’immobile come prima casa.
- Linea telefonica o internet fissa e relativa fatturazione.
- Iscrizione del medico di base nel Comune dell’immobile.
- Ricevute Tari (tassa rifiuti) in cui l’intestatario figura come “utenza domestica residente”.
Attenzione: il certificato di residenza non basta; è un atto dichiarativo che deve essere corroborato da prove di vita quotidiana nell’immobile.
E se i consumi sono bassi?
Consumi molto ridotti non implicano di per sé un’IMU dovuta, ma possono innescare un accertamento.
In questi casi è utile: fornire ulteriori prove (ad es. contratti di lavoro, abbonamenti scolastici dei figli, spese condominiali); spiegare particolari situazioni (abitazione di piccola metratura, utilizzo prevalente di energie rinnovabili, periodi di assenza per lavoro).
Riassumendo.
- IMU abitazione principale: l’esenzione spetta a ciascun coniuge se ha residenza e dimora abituale nel proprio immobile.
- Sentenza 209/2022: ha eliminato il vincolo dell’unica residenza familiare, ma impone controlli più mirati dei Comuni.
- Bollette e consumi: sono la prova più immediata per dimostrare la dimora abituale; utenze quasi nulle possono far scattare verifiche.
- Poteri dei Comuni: grazie al D.Lgs 23/2011 i Comuni incrociano dati anagrafici, utenze e contratti; chi dichiara il falso rischia imposta, interessi e sanzioni.
- Scadenza 16 giugno 2025: chi non rientra nei requisiti deve versare l’acconto IMU; chi gode dell’esenzione deve tenere pronte le prove in caso di accertamento.