Ieri, pur per pochi istanti, lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi con scadenza decennale è sceso in apertura di seduta fin sotto i 90 punti base, vale a dire ai minimi dal marzo del 2015. Allora fu l’inizio degli acquisti di bond da parte della Banca Centrale Europea (BCE) a mettere le ali ai nostri titoli del debito. Adesso, il Quantitative Easing non c’è più, ma è finalmente tornata la fiducia sui BTp e proprio in una fase in cui si temeva che potesse accadere il contrario. Il mercato chiede ormai meno dell’1% di rendimento extra per acquistarli al posto dei Bund emessi dalla Germania e che continuano a vantare il rating tripla A.
Distanze con Francia quasi azzerate
La differenza con la Francia è ancora minore. Nelle ultime sedute, i rendimenti decennali italiani sono arrivati a stringere a +0,20% sugli Oat. Una distanza così bassa non si vedeva dall’inizio della crisi finanziaria mondiale del 2008. Non è solo lo spread a parlare. Vi ricordate i CDS, i titoli che assicurano dal rischio default? Sui 5 anni costano intorno a 48 punti base (0,48%) per garantire i BTp e sui 33 (0,33%) per gli Oat. L’extra-costo è sceso ad appena lo 0,15%, qualcosa come 15.000 euro per un contratto standard di 10 milioni. E’ il dato più basso dal 2008, quando si verificò il crac di Lehman Brotgers. Si aggirava allo 0,40% solo un anno fa e quando la premier Giorgia Meloni ottenne l’incarico dal presidente Sergio Mattarella il 21 ottobre del 2022, sfiorava l’1,20%.
Poco più di due anni e mezzo or sono, assicurarsi per i BTp costava 120.000 euro in più all’anno rispetto agli Oat. Un onere che induceva anche i grossi investitori istituzionali a tenersi alla larga dal nostro debito pubblico. Ma la fiducia sui BTp è tornata. Certo, c’è da dire che restano i più redditizi nell’intera Eurozona, segnalando che il rischio percepito sia ancora il più alto tra tutti i bond in euro emessi e negoziati sul mercato secondario.
Ma per le scadenze medio-brevi fino ai 3 anni è accaduto di recente che lo spread con la Francia sia passato in negativo. A tratti, il rischio sovrano è diventato più basso che per Parigi.
Prudenza fiscale e debito/Pil stabile
A cosa si deve tanta ritrovata fiducia per i BTp? L’ordine fiscale. L’Italia di Meloni si sta distinguendo per affidabilità sui conti pubblici. Sembra quasi un paradosso per un Paese abituato ad essere additato come spendaccione e troppo indebitato. Il fatto è che gli altri stanno peggiorando la loro condizione, Germania compresa. Tra necessità di finanziare il riarmo e sostenere l’economia, tutti gli altri stati si stanno indebitando. Roma tiene il punto fermo: no ad extra-deficit. Sa di non poterselo permettere e non vuole indispettire i mercati, che apprezzano. Siamo già tornati all’avanzo primario, mentre il deficit complessivo già nel 2024 sfiorava il 3%. In Francia chiudeva su percentuali quasi doppie.
Il rapporto debito/Pil è atteso sostanzialmente stabile nei prossimi anni, mentre altrove salirà.
Le distanze con le altre grandi economie si vanno riducendo, in parte per merito nostro e in parte per demeriti altrui. La fiducia sui BTp è lievitata anche grazie alla strategia del Tesoro di questi anni di puntare sul mercato retail per attirare investimenti. Famiglie e investitori stranieri hanno fatto scorpacciate di debito italiano, più che compensando il passo indietro delle banche. Ritmi non sostenibili tra le prime, specie con il diminuire dei rendimenti in prospettiva. Ma si può immaginare che le banche italiane tornino agli acquisti nella convinzione di poter lucrare dai rialzi dei prezzi.
Fiducia sui BTp si autoalimenta
Gli analisti puntano ora a un nuovo livello di spread a 70-75 punti, intravedendo una sua ulteriore riduzione di 20 punti rispetto ai Bund. Per l’Italia si tratterebbe di registrare un calo dei rendimenti lungo la curva, a parità di quelli tedeschi. Ed è importante notare l’interesse della finanza americana per i nostri titoli, mentre punta a differenziare i propri investimenti rispetto ai Treasury. E la fiducia sui BTp si autoalimenta: la prudenza fiscale induce all’ottimismo e si traduce in acquisti. Questi riducono la spesa per interessi e inducono le agenzie di rating ad alzare i giudizi. A loro volta, queste promozioni aumentano la propensione ad investire sul nostro mercato sovrano da parte di fondi e banche internazionali.