Spesa per istruzione più bassa degli interessi? Vero, ma negli anni Novanta stavamo molto peggio

Il governatore della Banca d'Italia, Fabio Panetta, ha messo in luce che la spesa per interessi in Italia superi quella per l'istruzione.
4 mesi fa
2 minuti di lettura
Spesa per istruzione più bassa degli interessi sul debito
Spesa per istruzione più bassa degli interessi sul debito © Licenza Creative Commo

Partecipando al Meeting di Rimini, annualmente organizzato da Comunione e liberazione, il governatore della Banca d’Italia si è soffermato su un tema che anima da anni tutti i dibattiti pubblici: l’alto debito dello stato. Fabio Panetta ha posto l’accento, in particolare, circa l’elevata spesa per interessi, che ha superato quella per l’istruzione. Il tema non è nuovo. Non è la prima volta che qualche analista fa notare come stiamo spendendo di più per servire il debito che non per la scuola.

Spesa per interessi costo del passato

Vi chiederete cosa ci azzecchino questi due capitoli di spesa del bilancio statale tra di loro. Si tratta di un modo per mettere in relazione passato e futuro. Il debito pubblico è uno stock dato dalla somma di tutti i deficit accumulati fino ad oggi. In pratica, rappresenta gli eccessi di spesa pubblica rispetto alle entrate. La spesa per interessi è il costo di tali eccessi, ossia una bolletta che arriva dal passato e che siamo costretti, nostro malgrado, a pagare.

Bassa spesa per istruzione in Italia

L’istruzione è un investimento sul futuro delle giovani generazioni. Forma i cittadini e fornisce loro le basi per muoversi anche nel mercato del lavoro. In Italia è risaputo che siamo parsimoniosi quando si tratta di spendere per la scuola. Questa voce assorbe il 4% del Pil, meno del 5% medio nell’Unione Europea. E la bassa spesa per istruzione è considerata concausa forte degli alti livelli di povertà relativa, specie in aree del Bel Paese come il Meridione.

Arrivando al dunque, che senso ha mettere in relazione spesa per interessi e quella per l’istruzione? E’ un modo per rimarcare che stiamo spendendo di più per gli errori del passato che non per cercare di migliorare il nostro futuro. Siamo ostaggi degli anni dei deficit in doppia cifra, quando i governi redigevano i bilanci in barba ad ogni rispetto di equilibrio fiscale.

Il conto è stato salatissimo fin dagli anni Novanta, quando abbiamo iniziato a pagarlo.

Rapporto in calo dagli anni ’90

Ascoltando il discorso di Panetta verrebbe da pensare che la situazione si sia evoluta negativamente, vale a dire che la spesa per interessi stia sovrastando sempre più quella per l’istruzione, visto che in valore assoluto il debito pubblico viaggia verso i 3.000 miliardi di euro. Non è affatto così. Anzi, a metà anni Novanta la spesa per interessi era superiore a 2,5 volte quella per istruzione. Oggi, si attesta appena al di sopra a circa un’ottantina di miliardi. E negli anni passati, quando i tassi stavano a zero, era scesa ben al di sotto. Nel 2020, per ogni euro speso nella scuola, gli interessi ci costavano 80 centesimi.

Questo trend si spiega con il fatto che la spesa per interessi la determina il mercato in base al livello dei tassi e agli spread pretesi in funzione del rischio percepito. Prima di entrare nell’euro, il nostro debito era giudicato dagli investitori così rischioso da costarci in media fino al 12% (tasso implicito). In questi mesi, pur essendo in rapporto al Pil ben più alto, ci è costato il 3,60%. Con l’ingresso nell’euro, infatti, i rendimenti sovrani sono diminuiti e ciò ha alleggerito i costi fino all’80% rispetto al Pil.

Spesa per interessi sequestra il futuro

Il rapporto tra le due voci è stato essenzialmente calante, salvo negli anni della crisi dello spread e adesso con l’aumento dei tassi. C’è da dire che non solo abbiamo un’alta spesa per interessi; come detto, per l’istruzione spendiamo poco. E ciò tende a falsare il rapporto, facendoci credere che il debito ci stia costando più di quanto effettivamente non sia. Indubbio è, comunque, che destiniamo troppe risorse a onorare i debiti contratti in svariati decenni di squilibri fiscali.

E ciò restringe i nostri margini di manovra sui conti pubblici, tra l’altro impedendoci di investire adeguatamente in favore del nostro futuro.

[email protected] 

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Scuola d'estate 2021
Articolo precedente

Inizio scuola a ottobre, una sciocchezza economicamente insostenibile

bonus cuoco
Articolo seguente

Bonus cuoco professionista: c’è il credito forma chef