La vittoria ai Mondiali di Calcio in Russia dei bleus non ha portato bene al presidente Emmanuel Macron, che in questi giorni vive i momenti più convulsi da quando è entrato 14 mesi fa trionfante all’Eliseo, avendo stracciato al secondo turno delle elezioni presidenziali la rivale della destra euro-scettica e nazionalista, Marine Le Pen. Uno scandalo sta travolgendo i suoi già infimi indici di popolarità. Parliamo dell’affaire Alexandre Benalla, un 26-enne di origini marocchine, che di lavoro fa la guardia del corpo.

Di chi? Di Macron, bien sûr! I fatti sono ormai noti all’opinione pubblica mondiale: il Primo Maggio, il giovane bodyguard picchia un manifestante inerme che protestava contro il governo.

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In sé, l’episodio sarebbe grave, ma lo diventa ancora di più per un elemento inquietante: Benalla indossa una divisa da poliziotto, senza che ne abbia titolo. Non è finita. Il video viene pubblicato dalla stampa transalpina il 18 luglio scorso, che accende i fari sull’identità dell'”agente” e scopre che praticamente ha persino le chiavi della residenza di campagna della coppia Macron-Trogneux e che percepisce qualcosa come 10.000 euro al mese. Non solo, egli vive in un appartamento lussuoso al centro di Parigi, chiaramente a carico dello stato e ha ricevuto benefit per 180.000 euro per ristrutturarlo, ovvero per unirlo a un altro appartamento e farne un immobile dalla superficie complessiva di non meno di 300 metri quadrati. E ancora: a giorni l’uomo si sarebbe dovuto sposare (ora è in stato di fermo e ha dovuto rinviare le nozze), ma al municipio non risultano le pubblicazioni del suo matrimonio. Stando alla legislazione francese, questo sarebbe un trattamento di favore riservato solo ai diplomatici e agli alti funzionari. Tutto ciò per una guardia del corpo?

Naturale che la stampa e i politici francesi si stiano interrogando su chi sia veramente Benalla.

Ascoltato dall’Assemblea Nazionale, il prefetto di Parigi, Michel Delpuech, parla di “inaccettabili personalismi” e di “favoritismi insani”. Nonostante per le violenze dell’1 maggio scorso fosse stato sospeso dal servizio per un paio di settimane, pare che il bodyguard di Macron abbia continuato a frequentare i palazzi istituzionali ugualmente fino al licenziamento di qualche giorno fa. Sarebbe stato persino il responsabile della sicurezza per la sfilata dei bleus di ritorno da Mosca agli Champs Elysées. Esistono diversi piani di questo scandalo. Uno riguarda il gossip spicciolo e ininfluente ai fini politici, anche se probabilmente non per il consenso: quali sarebbero i rapporti reali tra il presidente francese e la sua guardia del corpo?

Il caso politico

Le fantasie dei francesi vengono stuzzicate anche dal fatto che l’appartamento in cui Benalla risiedeva fino a pochi giorni fa era lo stesso che l’ex presidente François Mitterand aveva messo a disposizione per la figlia illegittima e tenuta nascosta all’opinione pubblica. Secondariamente, perché mai una guardia del corpo dovrebbe godere di tanti privilegi, quando ai francesi viene chiesto di fare sacrifici per risanare i conti pubblici e rilanciare l’economia domestica? E terzo, si teme che Benalla fosse parte o a capo di una struttura di sicurezza parallela a quella ufficiale, un fatto gravissimo e che rischia di avere ripercussioni politiche pesantissime. In sostanza, le opposizioni di destra e sinistra accusano Macron, tra gli imbarazzi nemmeno celati della stessa maggioranza, di avere istituito un corpo paramilitare, il quale si sarebbe reso responsabile degli abusi dell’1 maggio.

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Républicains hanno annunciato ieri che presenteranno una mozione di sfiducia contro il governo. Nulle le speranze che passi, godendo l’esecutivo di una netta maggioranza in assemblea, ma il punto è un altro.

Lo stesso ministro dell’Interno, Gérard Collomb, ha scaricato la responsabilità del mancato licenziamento di Benalla sull’Eliseo, sostenendo di non avere seguito il caso dopo che era entrato in possesso del video per mezzo della prefettura. E parlando ai suoi collaboratori, ieri il presidente avrebbe esclamato: “se cercate un responsabile, io sono il solo responsabile. Lo avete di fronte”. Il capo dello stato francese ci perdonerà, ma pare di ascoltare quel “se il fascismo è un’associazione a delinquere, io sono il capo di quell’associazione a delinquere” pronunciato in un drammatico discorso alla Camera da Benito Mussolini nel gennaio del 1925 dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti.

Che lo scandalo sia tutt’altro che destinato a spegnersi sotto l’ombrellone lo dimostra il rinvio dell’esame della riforma costituzionale voluta da Macron. L’Assemblea Nazionale la discuterà dopo l’estate, ma sorge il dubbio che possa non vedere mai la luce. Di cosa si tratta? Di ridurre del 30% il numero di deputati e senatori, di limitare a 3 il numero dei mandati di tutti gli eletti, ad esclusione dei sindaci dei comuni sotto i 9.000 abitanti, e di fissare una quota del 15% per l’elezione dei deputati con il metodo proporzionale. Sarebbe forse il passaggio alla Sesta Repubblica, divenuto così incerto per via del clima burrascoso tra maggioranza e opposizioni. Non vi sono più le condizioni per discutere serenamente della riforma e la presidenza risulterebbe ai minimi del consenso dal settembre scorso.

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Macron e l’immagine elitaria

Perché il caso Benalla rischia di scuotere l’Eliseo? Macron sta mantenendo fede alle promesse elettorali, avendo già varato una riforma della legislazione sul lavoro nel senso più liberale e puntando in questi mesi a riformare anche le pensioni, nonché a privatizzare le ferrovie e altri asset statali. Si consideri che ancora oggi la spesa pubblica incide per il 56% del pil in Francia.

La “spendacciona” Italia viaggia intorno al 48%. Benché se ne dica, le riforme macroniane godono di un certo consenso tra i francesi, ma a indisporre è il suo carattere elitario e le frequenti gaffes, come quando definisce “fannulloni” chi protesta contro le sue misure o redarguisce un ragazzino che lo saluta in una manifestazione pubblica con un affettuoso “ça va, Manu?”. Le Pen gli ha cucito addosso l’immagine di uomo dell’establishment, delle banche nel corso della dura campagna elettorale passata e Macron ha fatto di tutto, una volta entrato all’Eliseo, per non scrollarsela.

Antipatico o meno, il presidente resterà in carica fino al 2022. Eppure, proprio per questo rischia di finire il mandato abbrustolito a fuoco lento persino peggio del suo predecessore, il socialista François Hollande. Sul piano europeo, l’asse franco-tedesco regge e, però, non è più quello influente di un tempo, non fosse altro per l’indebolimento personale della cancelliera Angela Merkel, che dal canto suo rischia di doversi dimettere dopo le elezioni bavaresi di ottobre o a seguito di un probabile tonfo per il suo partito alle elezioni europee dell’anno prossimo. Macron ha recitato il ruolo di nuovo leader del Vecchio Continente per diversi mesi, ma si sta già scontrando con un’Italia non più prona a Parigi e Berlino e un’insofferenza crescente tra le opinioni pubbliche nazionali contro l’establishment europeo.

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Lo spettro di una crisi politico-istituzionale

Alla ripresa dei lavori a settembre, Macron potrebbe ritrovarsi a muoversi in un ambiente politico nazionale e continentale più ostile di quanto non lo sia per lui oggi. Ha annullato una visita nei Pirenei per restare a Parigi, consapevole che non basterà qualche battuta per allontanare lo spettro di una crisi politico-istituzionale come non si vedeva da decenni. Nemmeno lo stesso gossip si mostra in sé innocuo per il futuro del presidente. Due suoi predecessori hanno dovuto gettare la spugna dopo solo un mandato, in buona parte, proprio per il chiacchiericcio alimentato dalle loro vite private. Nicolas Sarkozy ha pagato il divorzio subito dopo l’ingresso all’Eliseo con la moglie e il matrimonio successivamente contratto con l’italiana Carla Bruni. E Hollande che scorrazzava in moto a Parigi per incontrare l’amante in un appartamento intestato a un condannato per associazione a delinquere non è stato dimenticato dagli stessi elettori della gauche.

Insomma, siamo dinnanzi a uno scandalo dai contraccolpi potenzialmente devastanti per Macron, stretto tra la necessità di rifarsi un’immagine meno antipatica e quella di mostrare ai francesi i frutti delle sue riforme da poco avviate. Lo scenario politico europeo sta mutando radicalmente e se fino a un anno fa sembrava impensabile che la destra lepenista arrivasse alla presidenza, oggi lo è meno. La stessa Le Pen si è portata avanti con il lavoro, cambiando nome al Fronte Nazionale in Ressemblement National, completando l’opera di dédiabolisation della destra radicale. Il pericolo maggiore per il mondo rappresentato dall’attuale capo dello stato, ovvero l’élite europeista, consiste nell’agonia di una presidenza impopolare e costretta a tirare a campare per altri 4 anni. Lo stesso Macron non sembra essere il tipo disposto ad accettare un simile scenario. Se lo scandalo Benalla dovesse trascendere, tutto è possibile. E anche se presto arrivasse un nuovo episodio su cui speculare politicamente ai suoi danni.

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