Si fa un gran parlare dell'”Agenda Monti“, il programma elettorale che il premier ha presentato agli italiani e che, stando alla curiosità mostrata dalla stampa italiana, pare avere un potere salvifico solo a parlarne. Eppure, per quanto il suo esecutivo sia durato solo 13 mesi, Mario Monti governa dal novembre 2011. Vale la pena, quindi, guardare i dati nudi e crudi, per valutare se l’opera dell’ex Preside della Bocconi meriti i giudizi tanto lusinghieri che le sono riconosciuti quasi all’unanimità nel mondo finanziario, accademico e nell’estabilishment alto-borghese del nostro Paese.

 

Le ragioni del calo dello spread Btp Bund

Quando Monti arrivò al governo, 13 mesi or sono, trovò uno spread btp bund intorno ai 530 punti base, cioè i rendimenti decennali sui nostri BTp erano del 5,3% superiori a quelli sui Bund tedeschi (La farsa dello spread e la manipolazione dei tassi). Il divario non si assottigliò sostanzialmente, se non tra la fine di dicembre e la metà di marzo. Infatti, il 29 dicembre 2011 e a fine febbraio 2012, la BCE varava due aste Ltro, che pompavano liquidità alle banche europee per oltre mille miliardi di euro (oltre 250 miliardi alle sole banche italiane) al tasso dell’1% e fino a tre anni. Con questo ingente flusso di liquidità, gli istituti comprarono temporaneamente BTp e Bonos, lucrando sulla differenza tra i tassi attivi (fino al 7%) e quelli passivi (l’1%). Ma passata la sbornia, il mercato continuò a registrare uno spread in aumento fino alla fine di luglio, quando si attestò fino a 530 punti base, ossia agli stessi livelli di fine governo Berlusconi. Un duro colpo alla credibilità del Prof, perché la crisi dei BTp dimostrava fino a qualche mese fa come le responsabilità non fossero da attribuire (almeno, non totalmente) al precedente esecutivo, ma erano grosso modo riconducibili alla grave instabilità finanziaria nell’Eurozona.

A conferma di ciò si ha che solo a partire dal 26 luglio, quando il governatore della BCE, Mario Draghi, annunciò che avrebbe fatto “everything it needs” (tutto il necessario) per salvare l’euro e i bond pubblici in crisi, lo spread inizia un lento e progressivo restringimento, che ha consentito a Monti di chiudere la sua esperienza di governo con un differenziale di rendimento di 310 punti base.  

Debito pubblico italiano e deficit

Capitolo debito e deficit. Le lodi alla capacità dei tecnici di risanare l’Italia non si contano, eppure Monti ha lasciato i conti pubblici peggio di come stessero un anno prima. Nel 2011, il debito pubblico si attestava al 120,1% del pil, mentre adesso ha sfondato quota 2 mila miliardi (2 mila e 14 miliardi di euro), attestandosi al 126,1% del pil. La crescita dell’indebitamento pubblico è stata la più alta dal 2008, passando dai 1.897 miliardi di fine 2011 ai 2.014 miliardi di fine 2012 (+117 miliardi, pari al +6,167%) (Il debito pubblico italiano sfonda il muro dei 2000 mld). Quanto al deficit, il discorso non cambia. Se nel 2011, l’Italia aveva chiuso con un disavanzo fiscale del 3,9% – secondo migliore risultato tra i big europei, dopo la Germania – a un anno di distanza, malgrado il salasso della cura Monti, il deficit non dovrebbe scendere sotto il 3%, mentre nel 2013, anno in cui si dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio per gli accordi tra Roma e Bruxelles, gli istituti internazionali come l’Ocse prevedono che non si vada meno del 2,9%. Circa 47 miliardi di disavanzo in più, rispetto alle previsioni.  

Pil Italia 2012 in forte calo

Ma che i “geniali” tecnici al governo non abbiano affatto migliorato i fondamentali della nostra economia lo dimostrano altri dati. Se il governo Berlusconi fu attaccato in patria e all’estero per la debole crescita del pil che l’Italia stava vivendo sotto la sua amministrazione, il 2011 si era pur chiuso con un pil a +0,7%, mentre nel 2010 la crescita era stata dell’1,1%.

Dati per nulla positivi, se si pensa che la Germania nel biennio crebbe mediamente del 3% all’anno; ma allora perché mai incensare i tecnici, che stanno lasciando il pil in caduta del 2,5% quest’anno e tra lo 0,4% e l’1% anche l’anno prossimo? (Crisi Italia: Pil sempre in calo e a farne le spese è la produzione industriale). Anche nella conferenza stampa di fine anno, il premier dimissionario è tornato su questo punto, spiegando da Professore irriducibile come le riforme sacrifichino la crescita nel breve periodo, per rilanciarla nel lungo. Ma quali riforme? Quali sarebbero le misure che l’esecutivo ha intrapreso per fare crescere la nostra economia? Il mercato del lavoro è tale e quale quello lasciato in eredità dal precedente governo, le liberalizzazioni sono state minime e hanno riguardato aspetti solo marginali di alcuni settori, senza che si siano intaccate le impostazioni delle attuali libere professioni, per fare un esempio. Il consolidamento fiscale si è dimostrato, poi, essere inesistente: la sfilza di tasse dei Prof ha fatto solo crollare il pil, ma non ha migliorato il disavanzo fiscale granché.  

Produzione industriale Italia in contrazione nell’ultimo anno

Gli stessi indici della produzione industriale confermano la cura sbagliata del governo. Nei primi dieci mesi di quest’anno, essa è scesa del 6,5% su base annua, mentre i consumi privati delle famiglie registrano dati allarmanti, con un calo di quelli di carne del 5,5% nel periodo gennaio-settembre, dell’1% per il pesce e dello 0,9% per l’ortofrutta, tanto che l’Ocse ha parlato recentemente del calo più marcato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Inutile dire che anche il Natale ha contribuito negativamente, con un crollo medio degli acquisti del 14%, con punte del 16% per l’abbigliamento e calzature, ossia in un settore il cui periodo natalizio pesa per un quarto delle vendite totali dell’anno.  

Disoccupazione Italia alle stelle nell’era dei tecnici

E se consumi e produzione sono in calo evidente, a crescere è solo la disoccupazione (Italia, disoccupazione all’11,1%: è record storico).

 Alla fine del governo Berlusconi, il tasso di coloro che erano in cerca di un lavoro si aggirava sul 9%. Oggi, siamo all’11,1% e al 36,5% tra gli under 25 (era al 29,5% circa un anno prima). Il numero dei disoccupati è cresciuto di 644 mila unità, registrando il trend peggiore di tutta l’Europa. Infatti, se è vero che la Spagna è maglia nera con il 25% di disoccupati, è altrettanto vero che l’Italia con una crescita del 26% in un solo anno del numero dei senza lavoro è al primo posto nel Vecchio Continente, battendo anche Madrid, che registra un più contenuto 15%. E non poteva essere altrimenti, dato che la stessa Bankitalia conferma che le famiglie italiane hanno già perso nel corso dell’anno il 2,5% del loro reddito reale, ossia la metà del calo già registrato nel quadriennio 2008-2011. Insomma, Monti è riuscito a ottenere in un solo anno la metà di quanto la crisi aveva provocato nei quattro anni precedenti. E che il mercato sia fermo lo dicono anche i dati sulle compravendite immobiliari, che nel solo secondo trimestre del 2012 sono crollate del 23,7%, a fronte di un tonfo del 41,2% dei mutui erogati. Trattandosi di un settore ciclico, l’arresto degli acquisti di case con i mutui dimostra come l’economia sia alla frutta (Crisi mercato immobiliare, in Italia non si comprano più case). A salire, oltre la disoccupazione, è stata anche la pressione fiscale italiana, che complice il calo del pil, è esplosa al 46% del reddito nazionale. E Confindustria stima che calcolando il sommerso, il peso del fisco nel nostro Paese è nella realtà del 54%, cioè chi paga le tasse, lo fa per oltre la metà del suo reddito (Tassi stabili per i nuovi Btp€i e Ctz. Pressione fiscale alle stelle). In soldoni, questo è il lascito di Monti: pil, consumi, produzione e spread in calo, disoccupazione e tasse in aumento. Ognuno la veda come vuole, ma se il buongiorno di vede dal mattino, è bene leggere con più attenzione la sua agenda.