Il ministro delle Finanze, Magdalena Andersson, ha alzato ieri le stime sulla crescita del pil in Svezia, portandole dal 3,1% al 3,8% per quest’anno e abbassandole dal 2,6% al 2,2% per l’anno prossimo. Grazie al trend positivo, piuttosto inusuale in questo periodo per un’economia avanzata, il governo di Stoccolma prevede che il deficit quest’anno scenderà allo 0,4% del pil dal +0,9% atteso in precedenza e salirà allo 0,7% nel 2017 dal +0,8%. Giù anche la disoccupazione, che entro il 2020 dovrebbe scendere al 6,6%. Il governo di centro-sinistra, in carica dal settembre 2014, dopo una vittoria risicata alle elezioni di quel mese, si è posto l’obiettivo di ridurre la disoccupazione ai livelli più bassi di tutta la UE entro la fine del mandato nel 2018, un target probabilmente non alla portata, anche se l’economia starebbe reagendo bene negli ultimi trimestri.

Emergenza profughi Svezia

Dal 2014 ad oggi, più di 250.000 profughi sono stati accolti nel paese scandinavo, rappresentando la percentuale più elevata, in rapporto alla popolazione, di cui 163.000 solo nel 2015. L’esecutivo è in allarme su vari fronti, perché la pur in boom economia svedese non appare in grado di assorbire flussi così ingenti. E’ come se in due anni arrivasse in Italia circa un milione e mezzo di immigrati. Il primo problema, che Stoccolma si trova ad affrontare è logistico: dove far vivere questi profughi? La Svezia è alle prese da molti anni con una potente bolla immobiliare, che ha più che triplicato i prezzi delle case in venti anni. C’è carenza di abitazioni già per la popolazione locale, tanto che mediamente nel 2015 nella capitale un immobile su quattro è stato venduto prima ancora di pubblicare l’annuncio. Il rischio temuto è che la domanda di nuove case da parte dei nuovi arrivati potrebbe fare schizzare alle stelle ancora di più i prezzi delle abitazioni, facendo scoppiare la bolla.      

Disoccupazione Svezia alta tra immigrati

Ma oltre al comparto immobiliare, a preoccupare la politica svedese c’è anche il mercato del lavoro.

Il tasso di disoccupazione è attualmente al 7,8%, gli stessi livelli lasciati in eredità un anno e mezzo fa dal governo di centro-destra dell’ex premier Friedrik Reinfeldt, ma le percentuali sono molto variabili, a seconda che riguardino i “nativi” o gli immigrati. Tra gli svedesi doc i disoccupati sono appena il 4,7%, mentre tra quelli nati fuori dal paese risultano al 21,4%, quasi 5 volte tanto. Già oggi, circa la metà dei disoccupati è di origine straniera, ma la percentuale dovrebbe salire al 60% entro l’anno prossimo, stando all’agenzia del lavoro nazionale. Il centro-destra all’opposizione rimprovera al governo di non comprendere la portata del disagio, che potrebbe derivare dalla mancanza di opportunità lavorative per gli immigrati. In sostanza, l’opposizione ritiene che prima di fare entrare nuovi profughi, ci si occupi di sistemare quelli già nel paese.

Scontro su politiche immigrazione

E’ scontro anche su come dovrebbe realizzarsi l’integrazione professionale. Il governo è contrario al modello britannico, basato su salari d’ingresso più bassi, mirando più su iniziative d’inclusione sociale, come corsi gratuiti di lingua svedese e stage presso società pubbliche. Che basti a ridurre il gap tra svedesi e immigrati appare alquanto dubbio. Nel frattempo, la buona notizia per Stoccolma sta nella risalita dell’inflazione allo 0,8% a febbraio dallo 0,4% di inizio anno, il balzo maggiore dal giugno del 2012. Lo spettro della deflazione sembra allontanarsi, nonostante la corona svedese sia rimasta sostanzialmente stabile contro l’euro quest’anno e su base annua si sia apprezzata dell’1,7%. Un’altra conferma, se ve ne fosse ancora bisogno, che la leva del cambio impatta sempre meno sui prezzi e che pure in un ambiente di inflazione prossima allo zero è possibile registrare una crescita economica da boom.