E’ nata una polemica tutta italiana negli ultimi giorni attorno agli Eurobond. Il gruppo dei Verdi al Parlamento europeo ha presentato un emendamento per proporne l’emissione al fine di combattere l’emergenza Coronavirus. E’ stato respinto con 326 voti contrari, 282 a favore e 74 astenuti. Tra i partiti italiani, contro hanno votato Lega e parte di Forza Italia, a favore Fratelli d’Italia. Dunque, Giorgia Meloni coerente e Matteo Salvini farebbe il doppio gioco? In politica, tutto può essere, ma forse sta emergendo la reale differenza tra i due partiti cosiddetti “sovranisti” presenti nel Parlamento italiano.

Nel commentare l’esito della votazione, il Carroccio con Claudio Borghi si è difeso sostenendo che, anzitutto, gli Eurobond sarebbero stati introdotti con condizionalità e che, comunque, la Lega resta contraria all’ipotesi, in quanto sarebbe compito della BCE ridurre la frammentazione dei mercati finanziari e spegnere gli spread. L’opinione di per sé non si configura affatto in contraddizione con il concetto di “sovranismo” espresso da Salvini, né con quello dei partiti del Nord Europa, a maggior ragione.

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Come funzionerebbero gli Eurobond

Gli Eurobond sarebbero debito in comune tra gli stati dell’Eurozona, garantiti dagli stessi ed emessi da un organismo sovranazionale, come in teoria il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) o la Commissione europea. A resistere all’ipotesi sono ad oggi Germania, Olanda, Finlandia e Austria, in particolare, vale a dire i paesi che hanno i bilanci a posto e che non vogliono che altri usino il loro buon nome per indebitarsi a costi più bassi. Essi, infatti, pagherebbero sulle emissioni di Eurobond qualcosa di più di quanto non facciano oggi con le emissioni nazionali. Inoltre, hanno paura che i loro contribuenti finiscano un giorno per salvare i conti degli stati fiscalmente considerati lassisti, come Italia, Francia e Spagna.

Affinché gli Eurobond possano essere emessi, non basterebbe inventarseli dalla mattina alla sera. Il direttore generale del MES, il tedesco Klaus Regling, magari avrà esagerato quando ha parlato di “tre anni di tempo” necessari per il loro varo, comportando tra l’altro la modifica al Trattato di funzionamento dell’Unione Europea. Tuttavia, una ragione ce l’ha il banchiere Lorenzo Bini Smaghi, quando afferma che gli Eurobond sarebbero in contrasto con la sovranità nazionale. Perché? Per prima cosa, essi presuppongono che dietro vi sia un Tesoro comune tra i 19 stati dell’unione monetaria, cioè anche un bilancio. Comprereste mai il debito emesso da un organismo vuoto, privo di entrate e di autonomia fiscale?

Ecco, il primo passo per emettere Eurobond in maniera continuativa e non puramente episodica sarebbe di creare un Ministero delle Finanze comune, affidandogli la gestione di almeno una quota significativa delle entrate nazionali e forse anche autonomia impositiva. Ma questo è l’esatto opposto del concetto di sovranità, in quanto equivarrebbe a trasferire risorse dagli stati alla UE, accettando che queste vengano distribuite sulla base di criteri non più nazionali, con inevitabili vincitori e vinti. In sostanza, sarebbe come potenziare il bilancio comunitario, che ad oggi ci vede come Italia pagare la media di oltre 4 miliardi all’anno in più dei fondi ricevuti, mentre in compenso i paesi dell’est come Polonia e Ungheria incassano molto più di quanto versino.

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Eurobond e sovranismo fanno a pugni

E’ questo che un autentico “sovranista” vorrebbe? Evidentemente, no. Più in generale, gli Eurobond decreterebbero l’impossibilità per uno stato membro dell’euro di uscirsene, qualora un giorno le cose si mettessero seriamente male. Questo, perché non puoi emettere debito insieme ad altri 18 paesi e, a un certo punto, rovesciare il tavolo e andare via.

Gli altri non ti consentirebbero di ritirarti senza che prima saldi il conto. Ma sul piano relazionale, questo significherebbe sottostare alle decisioni comuni con minore potere negoziale. Solo una possibile e credibile via di fuga, quello che il Prof Paolo Savona chiamò due anni fa il “piano B”, spingerebbe i partner dell’area a dare maggiormente conto alle ragioni dell’Italia, fiutando il rischio di un’alternativa concreta.

Dunque, non vi è un fatto di coerenza o meno nella difformità del voto tra Salvini e Meloni. Al di là della questione rilevante delle condizioni annesse agli Eurobond, la Lega coltiva in segreto il sogno di un ritorno possibile alla lira, mentre Fratelli d’Italia, impropriamente e per pigrizia della stampa considerato partito “sovranista”, punta a una permanenza dell’Italia nell’Eurozona, ma a condizioni diverse e più favorevoli di quelle attuali, cioè immaginando che anche tramite gli Eurobond possiamo avvantaggiarci in termini di minori costi di indebitamento, con ripercussioni a cascata positive su tutta l’economia domestica. Di per sé, però, gli Eurobond sarebbero la negazione del concetto di sovranità.

Perché gli Eurobond, se ci saranno, dovranno essere fortemente condizionati

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