Delle ultime due riunioni dell’Eurogruppo, a cui partecipano i ministri delle Finanze dell’Eurozona, rimarrà negli annali lo scontro campale degli stati del nord contro Italia e Spagna, in particolare, sulla richiesta dei due paesi di emettere Eurobond, magari in forma di “Coronabond”, ovvero finalizzati a gestire la crisi economica in questa fase di emergenza per la pandemia. Alla fine, com’era prevedibile, l’hanno spuntata i primi, anche se formalmente l’ultima parola ce l’avrà il Consiglio europeo della settimana entrante.

Ma a meno che la Pasqua abbia fatto il miracolo, dovremmo aspettarci un secco “nein”. Sì, perché ad opporsi con tutte le loro forze all’ipotesi sono particolarmente Germania e Olanda.

Il governo piega l’Italia al MES e non ottiene gli Eurobond, è sconfitta su tutta la linea

Cerchiamo di capire perché. Gli Eurobond sarebbero titoli del debito emessi da un organismo sovranazionale (il MES?) a nome di tutti gli stati membri dell’Eurozona. I proventi raccolti sul mercato andrebbero a finanziare il fabbisogno degli stati nazionali, cioè di Italia, Francia, Germania, Spagna, Olanda, etc. Perché il governo Conte ne ha fatto una questione quasi di vita o di morte per l’euro e l’Unione Europea? Essendo questi titoli garantiti da tutti gli stati, le agenzie di rating assegnerebbero loro il massimo giudizio, quello degli stati più solidi finanziariamente dell’area, ossia “AAA”.

Grazie a questa estrema solidità percepita, gli Eurobond verrebbero emessi a costi molto, molto bassi, probabilmente a rendimenti negativi fino alle medio-lunghe scadenze, così come accade da anni in Germania con i Bund. E, quindi, tutti gli stati dell’area s’indebiterebbero allo stesso costo, annullando gli spread. Su 1 miliardo di euro di capitali, Roma pagherebbe quanto Berlino. L’annullamento della differenza di tali costi significherebbe per i contribuenti italiani pagare ogni anno meno per gli interessi sul debito, mentre per quelli tedeschi implicherebbe pagare qualcosa di più.

Secondo alcuni calcoli circolati in questi giorni, la Germania spenderebbe sui 12 miliardi all’anno di più, l’Italia sui 15 in meno.

Costi e benefici degli Eurobond

Perché? Per l’Italia, emettere debito insieme a paesi come la Germania significherebbe beneficiare del buon nome dei tedeschi sui mercati, mentre per Berlino varrebbe l’esatto opposto, cioè ad indebitarsi insieme a paesi con conti pubblici disordinati perderebbe quella totale affidabilità che tutti gli investitori le riconoscono, dovendo così spendere qualche euro in più. Lo stesso, ma in misura inferiore rispetto al pil, varrebbe per l’Olanda e per gli altri stati del nord, cioè quelli fiscalmente virtuosi. E nel Nord Europa, piaccia o meno, nessuno vuole spendere di più per fare contento il sud e consentirgli di galleggiare nel corso di questa tremenda crisi sanitaria ed economica.

Senza troppi giri di parole, il ministro delle Finanze olandese, Woepke Hoekstra, ha accusato Italia, Spagna e Francia, in particolare, di avere sprecato gli anni “buoni” non risanando i conti pubblici, perdendo oggi l’occasione di indebitarsi a costi bassi e senza subire attacchi speculativi sui mercati. Dal canto suo, il Sud Europa si difende sostenendo che non vi fossero le condizioni macroeconomiche per fare meglio e adducendo come ragione principale per emettere Eurobond il rischio che una crisi delle sue economie ponga fine all’euro e alla stessa impalcatura UE.

L’Olanda si è affacciata alla crisi del 2008 con un rapporto debito/pil sotto il 45%, salendo fino a un massimo di quasi il 68% nel 2014 e riuscendo da allora a scendere al 50% dello scorso anno. La Germania era partita da un 65%, era arrivata a un massimo dell’82% nel 2012 e da allora ha saputo abbassare il suo indebitamento sotto il 60%. Entrambi gli stati registrano da anni avanzi di bilancio.

L’Italia si trovava già sopra il 100% prima della crisi del 2007 ed è salita nel 2019 al 135%. Tedeschi e olandesi, quindi, ritengono di avere dovuto stringere la cinghia per essersi meritati i giudizi positivi delle agenzie di rating e non vogliono sentire parlare di mettere a disposizione il loro buon nome per fare indebitare gli altri stati.

Tutti vogliono solo i benefici dell’euro

In un certo senso, il discorso appare comprensibile. Sarebbe come se vi fosse un’interrogazione di gruppo e gli studenti impreparati chiedano all’unico di loro che la sera prima era rimasto a casa a studiare di rispondere alle domande per tutti, così da far prendere anche a loro un buon voto. D’altra parte, se essi non hanno potuto studiare, ad esempio, perché sono stati costretti a lavorare per mantenersi, qualcuno potrebbe eccepire che un minimo di solidarietà all’interno del gruppo ci voglia, anche perché se emergesse che solo uno sia preparato e tutto il resto no, ne uscirebbe fuori una pessima immagine generale.

Il problema dell’euro è uno e uno solo: nessuno stato percepisce istintivamente i benefici dall’appartenenza a un blocco monetario sovranazionale, mentre ciascuno tende a valutarne con precisione e immediatezza i costi. Tedeschi e olandesi hanno beneficiato dell’euro, riuscendo a farsi breccia in mercati, che ai tempi delle monete nazionali erano loro parzialmente preclusi per via della disparità dei prezzi di vendita, determinati dai tassi di cambio. Al contempo, Italia e Spagna hanno potuto avvalersi di un mercato dei capitali molto più ricco, con i rispettivi stati, banche, famiglie e imprese a indebitarsi a costi molto più bassi. Sarebbe naturale venirsi reciprocamente incontro sulla necessità per tutti di salvaguardare l’euro, cioè il benessere di ciascuna economia. Invece, no. Ognuno vorrebbe mantenere intatti i benefici senza assumersi alcun costo da pagare. E alla lunga, questa storia non può andare avanti.

Perché gli Eurobond, se ci saranno, dovranno essere fortemente condizionati

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