Il 2016 si sta per chiudere con una crescita economica modesta per l’Italia, che segnala, però, l’uscita progressiva dalla crisi. Salvo sorprese relative all’ultimo trimestre dell’anno, il pil dovrebbe essere cresciuto dello 0,8%, mentre l’inflazione dovrebbe confermarsi sostanzialmente nulla. Numeri non proprio soddisfacenti, se si pensa che solamente un anno fa, in sede di redazione del Documento di economia e finanza per il triennio 2016-2018, il governo stimava una crescita dell’economia italiana dell’1,6% e dei prezzi dell’1%.

A fronte di un pil nominale del +2,6% atteso, quindi, ci stiamo imbattendo in uno reale di appena lo 0,8-0,9%, circa un terzo delle stime iniziali.

E il 2017 come sarà per la nostra economia? Il governo ha stimato per l’anno prossimo una crescita dell’1%, più realistica rispetto ai numeri messi nero su bianco a fine 2016, ma non è detto che nemmeno questo dato sia centrato. La Banca d’Italia, ad esempio, tre settimane fa ha rivisto al ribasso le sue stime, tagliandole di un decimo di punto percentuale al +0,9%. (Leggi anche: Economia italiana, come la politica ha sprecato l’ennesima occasione)

Ripresa continua, ma disoccupazione resta alta

La stessa percentuale di crescita è attesa da Palazzo Koch per i prezzi, per cui dovremmo registrare un pil nominale del +1,8%, formalmente in grado di impedire che il rapporto tra debito pubblico e pil salga ulteriormente, sempre che il deficit fiscale venga contenuto entro il limite del 2,3% del pil.

I segnali appaiono positivi sul fronte della ripresa, spiega oggi l’Istat nell’ultima nota di aggiornamento mensile. Il punto è che parliamo pur sempre di una crescita modesta del pil, non in grado a questi ritmi di assorbire l’ancora elevato tasso di disoccupazione. E non s’intravede ancora una ripresa dell’inflazione, anzi a novembre i prezzi alla produzione sono diminuiti dello 0,3% tendenziale, mentre l’Istat si attende una variazione nulla per quelli al consumo a dicembre.

(Leggi anche: Economia italiana al test della normalità)

 

 

 

 

L’inflazione in Italia è legata al petrolio

Restiamo, quindi, indietro rispetto al resto dell’Eurozona anche sul fronte dell’inflazione, segno dei bassi consumi interni e dell’elevata disoccupazione. In effetti, Bankitalia prevede una decelerazione della crescita dei consumi delle famiglie dal +1,3% di quest’anno al +1% del 2017. L’unico dato realmente positivo sarebbero le esportazioni, in accelerazione attesa dal +1,7% al +3,7%, anche se le stesse importazioni dovrebbero aumentare dal +2,6% al +4,5%.

Il ritorno dell’inflazione, per quanto contenuta, non sarebbe legato alle dinamiche della nostra economia, quanto alla ripresa delle quotazioni delle materie prime, petrolio in testa. Non è un segnale confortante in sé, perché nel caso di un eventuale nuovo tonfo dei prezzi del greggio, l’Italia potrebbe essere risucchiata in una spirale deflazionistica, dalla quale, peraltro, non siamo nemmeno ancora usciti. (Leggi anche: Economia italiana, perché l’inflazione senza crescita sarebbe in disastro)

Fa sperare solo il ciclone Trump

Bnp Paribas è molto più pessimista sul futuro a breve dell’economia italiana, prevedendo una crescita del pil nel 2017 di appena lo 0,4% e giustificando la sua stima con i bassi consumi interni, i guai delle nostre banche e il rallentamento sia dei salari che della creazione di nuovi occupati.

A dirla tutta, l’outlook sulla nostra economia non sembra pessimo per i prossimi mesi, ma solo ed esclusivamente per effetto del ciclone Trump, che avendo sparigliato le carte in poche settimane, sta portando una ventata di ottimismo sui mercati per le promesse sulla sua politica economica negli USA, basata su ingenti tagli alle tasse e 500-1.000 miliardi di dollari in 4 anni di investimenti in infrastrutture. D’altronde, l’ultima volta che l’Italia vide una crescita significativa fu ai tempi della presidenza Reagan, quando l’America scommesse su basse tasse e spese militari.

(Leggi anche: Come Trump ha cambiato le prospettive economiche per il 2017)