I rapporti tra Italia e Francia non sono buoni, volendo usare un eufemismo. E il vertice di oggi tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron a Roma servirà a resettarli. Il punto più basso è stato toccato qualche settimana fa in Albania, dove la premier non aveva partecipato alla riunione “dei volenterosi” sull’Ucraina, giustificando tale scelta con il fatto che i suoi componenti fossero favorevoli all’invio di truppe sul campo bellico. “Fake news” replicò il presidente francese.
Dazi e riarmo dossier principali
Comunque sia, non è tempo di tenere i musi lunghi per troppi mesi. Ci sono tanti dossier scottanti che vedono Roma e Parigi avere interessi convergenti.
Sarebbe un boomerang sprecare l’opportunità di portare avanti posizioni comuni per discrepanze personali. L’Unione Europea ha la necessità di mostrarsi compatta in fase di trattative con gli USA di Donald Trump sui dazi. E c’è quel discorso sul riarmo che va sviluppato senza eccessive divisioni tra stati comunitari. Due i punti salienti: come finanziarlo e quali programmi industriali perseguire.
Il vertice tra Meloni e Macron tratterà probabilmente a lungo il tema dei conti pubblici. Nessuno dei due potrà permettersi di finanziare l’aumento della spesa militare in deficit. A differenza della Germania, che ha margini fiscali imponenti, il debito italiano e quello francese sono già alti. E se almeno noi abbiamo un deficit appena superiore al 3% del Pil, la Francia non riesce ad abbatterlo da poco meno del 6%. Il doppio del limite fissato dal Patto di stabilità.
Italia tornata affidabile
Le agenzie di rating suonano l’allarme per Parigi, mentre premiano Roma. E questo peserà favorevolmente nelle trattative. L’Italia non è più quel Paese appena tollerato a Bruxelles per la sua situazione fiscale disordinata.
Oggi abbiamo ritrovato stabilità politica e dei conti pubblici. Siamo considerati affidabili dai mercati finanziari e dalle cancellerie internazionali. Unico tra i grandi Paesi UE a poter vantare buoni rapporti sia con la Commissione che con la Casa Bianca.
Un aiuto alla premier Meloni poco prima del vertice con Macron lo sta dando la Polonia. Domenica, il secondo turno delle elezioni presidenziali ha decretato la vittoria del 42-enne candidato “sovranista” Karol Nawrocki. E questo è un brutto colpo per l’UE di Macron e del cancelliere tedesco Friedrich Merz. Quest’ultimo aveva inserito Varsavia tra i due principali partner di Berlino dopo il suo insediamento di quasi un mese fa. Pensava che la presidenza, così come il governo, in Polonia sarebbe andata al candidato europeista. E’ accaduto il contrario.
Vertice Meloni Macron per convergenze industriali
L’asse franco-tedesco, che in realtà non esiste più come lo abbiamo conosciuto negli anni passati, deve trovare altri appoggi per reggere agli urti esterni. E l’Italia è ineludibile. Nawrocki è sostenuto dal PiS, partito facente capo a ECR nell’Europarlamento, il gruppo conservatore della stessa Meloni. E senza Roma non è credibile alcuna alleanza intra-comunitaria di tipo militare e geostrategico. Andando nel concreto, i due leader dovranno discutere anche su come tendere al riarmo.
Parigi e Berlino hanno cercato di sgambettare tutti gli altri nei mesi scorsi, avanzando la proposta di accedere ai fondi UE da 150 miliardi destinati alla difesa con progetti presentati da soli due stati. Un modo per fare cassa, lasciando fuori tutti gli altri. Bruxelles ha reagito e il piano è saltato.
Servono convergenze industriali tra i tre principali colossi della difesa europea: Leonardo, Rheinmetall e Thales. I primi due hanno già sottoscritto qualche accordo tra loro, così come il secondo e il terzo. Senza un piano comune rischiamo di spendere di più senza migliorare la nostra capacità di difesa in campo militare. Infine, al vertice romano Meloni e Macron probabilmente discuteranno su cosa inserire nella lista delle voci di spesa da considerare per l’obiettivo NATO del 5% del Pil. E’ interesse di entrambi farvi rientrare quei costi sostenuti già in campi come la lotta al terrorismo, così da ridurre l’aggravio effettivo.