E’ stata già definita la rivolta laburista contro i tagli allo stato sociale decisi dal governo di Keir Starmer. E a quasi un anno esatto dalla vittoria alle elezioni generali, la maggioranza a Westminster va in pezzi. Sono stati 49 deputati ad avere votato ieri contro una contestata legge proposta dal ministro del Lavoro, Liz Kendall, che prevede minori benefici per i lavoratori in malattia e i disabili. Ma prima che lo stesso governo annacquasse le misure, dalle telefonate ricevute il ministro era arrivato a calcolare in 120 deputati il fronte ribelle. Sarebbero stati capaci di affossare la legge e forse anche la legislatura.
Starmer premier già dimezzato
I tagli allo stato sociale erano stati decisi per cercare di risparmiare 5,5 miliardi di sterline all’anno. Tuttavia, dopo l’annacquamento Starmer ha perso da un lato la faccia come leader e dall’altro si ritrova nella necessità di trovare sempre 5 miliardi per risanare i conti pubblici. Peggio di così non gli poteva andare, insomma. Già, perché per placare la rivolta interna ai laburisti Kendall ha dovuto ammorbidire le proposte. I criteri più restrittivi saranno applicati ai nuovi richiedenti e resteranno invariati fino al novembre del prossimo anno, quando dovrebbero arrivare i risultati di un’indagine sul welfare.
Ciò non sarebbe ugualmente sufficiente ad evitare che 150.000 persone finiscano in povertà, secondo uno studio arrivato in Parlamento poco prima del voto. A capeggiare la rivolta è stato il laburista Rachael Maskell, che ha anche presentato una mozione propria, votata da quasi una cinquantina di colleghi. L’ala più moderata del partito non si è unito alla rivolta solo per l’opposizione che nutre nei confronti di Maskell, troppo vicino all’ex leader Jeremy Corbyn al quale sedeva accanto ieri prima del voto.
Parliamo di un ex segretario accusato in passato persino di anti-semitismo.
Troppi debiti e spesa militare in crescita
Cosa sta succedendo a Londra? Il cancelliere Rachel Reeves dovrà presentare il nuovo bilancio dopo l’estate e già si parla di aumentare le tasse. Con un debito pubblico sopra il 95% del Pil e un disavanzo stimato al 2,6% per l’anno fiscale al 31 marzo scorso, Starmer è in prima fila tra coloro che si sono impegnati nella NATO a portare la spesa militare al 5% del Pil. Tra i laburisti in molti temono la trasformazione dell’economia dal welfare al warfare. I tagli allo stato sociale servono per trovare quattrini per abbassare il deficit e al contempo per finanziare il riarmo.
Non saranno i 5 miliardi di sterline a fare la differenza, ma da qualche parte si deve pure iniziare. Anche perché Starmer ha la necessità di reagire all’avanzata del Reform UK di Nigel Farage, in testa nei sondaggi e vincitore delle elezioni amministrative di maggio. Aveva promesso lotta dura contro gli sbarchi, ma nei primi sei mesi dell’anno si è registrato un nuovo record a quasi 20.000. Londra non può più permettersi un’assistenza sociale così generosa. Da quando i laburisti sono tornati al governo, i rendimenti sono risaliti. Il decennale è passato dal 4,10% al 4,44% di questa mattina. Anche l’inflazione è aumentata nel frattempo dal 2,2% al 3,4%.
Per fortuna si è rafforzata la sterlina, il cui cambio contro il dollaro è salito da 1,28 a 1,37.
Tagli a stato sociale già nel 2024
Questi non sono stati i primi tagli allo stato sociale di Starmer. Il suo governo aveva esordito proprio riducendo il sostegno a milioni di pensionati per l’acquisto di carburante. Neanche i conservatori avevano osato tanto. Reeves era terrorizzata dal fare la fine della premier Liz Truss e ha impostato la sua prima manovra su un maxi-aumento della spesa coperto da altrettante tasse. L’economia britannica ad aprile è scesa dello 0,3%, spegnendo l’entusiasmo per i dati sul Pil nel primo trimestre a +0,7%. Dalla sua Starmer ha quattro anni di tempo per cercare di svoltare e un’ampia maggioranza parlamentare a suo sostegno. Ma la rivolta di ieri segnala che i numeri potrebbero essere già cambiati a suo sfavore.