Con l’ordinanza n. 14883 del 3 giugno 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Quinta Civile ha fatto chiarezza sui rimborsi IMU per i terreni dichiarati “inedificabili” a seguito di annullamento giudiziario di strumenti urbanistici.
Nel caso esaminato, tre soggetti si sono contrapposti: il contribuente proprietario del terreno, il Comune di Segrate (MI) e la società X, concessionaria del servizio di gestione delle entrate tributarie per lo stesso Comune.
La decisione riprende e aggiorna il consolidato orientamento secondo cui l’annullamento delle delibere relative all’adozione e approvazione del Piano di Governo del Territorio non incide di per sé sulla qualificazione fiscale dell’area, che continua a mantenere – ove sussistenti elementi di fatto – una “edificabilità di fatto” rilevante ai fini IMU.
Inoltre, la Corte sottolinea come il riconoscimento di un eventuale rimborso resti affidato alla discrezionalità del Comune: l’art. 59, comma 1, lett. f) del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, conferisce agli enti locali la facoltà di prevedere, attraverso appositi regolamenti, termini, condizioni e limiti per il rimborso dell’imposta versata sulle aree successivamente divenute inedificabili, senza che possa ritenersi un diritto soggettivo del contribuente né applicabile l’art. 2033 c.c. in materia di indebiti.
La questione oggetto di giudizio
La controversia trae origine dal pronunciamento della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 2788/24/2020 (depositata il 27 novembre 2020), che accoglieva l’appello del contribuente – proprietario di un terreno – contro il diniego di rimborso IMU per l’anno 2012.
Il diniego faceva seguito all’annullamento, da parte del TAR e confermato dal Consiglio di Stato, di alcune deliberazioni comunali relative all’adozione e all’approvazione del Piano urbanistico.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva respinto la domanda di rimborso; in appello la CTR ha invece ritenuto che, una volta annullate le delibere, il terreno non potesse più considerarsi edificabile “ex tunc” e che il contribuente avesse dunque diritto alla ripetizione dell’IMU versata in eccedenza.
Nel gravame per cassazione, la società X Spa – nella qualità di concessionaria delle entrate tributarie comunali – e il Comune di Segrate hanno entrambi presentato un unico motivo di ricorso, invocando la violazione e falsa applicazione di norme tributarie fondamentali (art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 504/1992; art. 11-quaterdecies, comma 16, D.L. 203/2005; art. 36, comma 2, D.L. 223/2006; art. 5, comma 5, D.Lgs. 504/1992; art. 9, comma 2, D.Lgs. 23/2011), tutte riferite alla definizione di area edificabile ai fini ICI/IMU.
Il contribuente si è costituito in giudizio, mantenendo la richiesta di rimborso.
Preliminarmente, la Corte di Cassazione ha respinto l’eccezione di inammissibilità dei motivi, rilevando che la censura riguardava non la motivazione, ma la corretta applicazione delle disposizioni sulla nozione tributaria di area edificabile.
La decisione della Corte di Cassazione
Richiamando la propria giurisprudenza – in particolare le ordinanze nn. 30372/2021 e 31174/2022 – la Corte ha ribadito il principio secondo cui l’annullamento giudiziario delle delibere urbanistiche non può incidere retroattivamente sul presupposto impositivo dell’IMU.
Infatti ai fini fiscali rileva non soltanto l’edificabilità di diritto (derivante dal piano urbanistico), ma anche l’edificabilità di fatto.
Quest’ultima si desume dall’esistenza di fattori oggettivi quali:
- la vicinanza al centro abitato,
- lo sviluppo edilizio delle zone circostanti,
- la presenza di opere di urbanizzazione primaria,
- i servizi pubblici essenziali e
- ogni altro elemento che “obiettivamente incida sulla destinazione urbanistica” del suolo (Cass. Sez. 5, nn. 19851/2012, 20137/2012, 23023/2016).
La Corte ha altresì ricordato l’interpretazione autentica fornita dall’art. 36, comma 2, del D.L. 223/2006, secondo cui l’edificabilità fiscale deve essere valutata con riferimento al momento in cui viene conteggiato il fatto imponibile.
Ciò indipendentemente dall’approvazione o dalla successiva modifica del piano regolatore.
L’avvio del procedimento di trasformazione urbanistica è già sufficiente ad accrescere il valore venale del terreno.
Ulteriori motivi della decisione
Inoltre, pur essendo possibile alla luce dell’art. 59 del D.Lgs. 446/1997 concedere rimborsi IMU per aree divenute inedificabili, tale potere resta strettamente discrezionale e non crea un diritto soggettivo del contribuente. In mancanza di un regolamento comunale che disciplini tempi, condizioni e limiti, non sussiste alcun obbligo di restituzione dell’imposta.
Appurata la fondatezza dei motivi di diritto, la Corte ha quindi accolto i ricorsi di X Spa e del Comune di Segrate, cassando la pronuncia della CTR e rigettando il ricorso originario del contribuente, compensando le spese dei giudizi di merito e di legittimità.
Riassunto in 5 punti
- Il giudizio riguarda il diritto al rimborso IMU di un terreno inedificabile a seguito di annullamento del “Piano di Governo del Territorio”.
- La CTR aveva ritenuto che l’annullamento urbanistico privasse ex tunc il terreno della sua edificabilità, legittimando il rimborso.
- La Cassazione conferma che, ai fini IMU, conta anche l’“edificabilità di fatto”, desumibile da elementi oggettivi sul territorio.
- L’annullamento giudiziario delle delibere non incide sul presupposto impositivo: l’avvio del procedimento urbanistico è sufficiente ad aumentare il valore fiscale.
- Il rimborso resta facoltà discrezionale del Comune (art. 59 D.Lgs. 446/1997, lett. f): in assenza di regolamento, non sussiste diritto soggettivo alla restituzione dell’IMU.
- Un eventuale diritto al rimborso IMU deve essere esercitato entro termini precisi.