Quando il presidente americano Donald Trump annunciava martedì scorso la revoca delle sanzioni, milioni di persone in Siria esplodevano di gioia. Dopo 14 anni di sanguinosa e devastante guerra civile, iniziano a intravedere la luce in fondo al tunnel. Gli animi di imprenditori, banchieri e semplici lavoratori sono tutti eccitati: la ricostruzione dell’economia siriana può avere finalmente inizio. Lo storico incontro a Riad tra l’inquilino della Casa Bianca e il presidente ad interim Ahmed al-Sharaa ha dell’incredibile. Fino a dicembre, il secondo figurava nella lista dei terroristi ricercati dalle autorità americane con tanto di taglia da 10 milioni di dollari sulla sua testa.
Economia siriana devastata da 14 anni di guerra civile
L’economia siriana esce distrutta da anni di guerra civile e cleptocrazia sotto il brutale regime di Bashir al-Assad. Il Pil dal 2011 si sarebbe contratto di oltre la metà, ma monitorando l’illuminazione notturna per dedurre il livello delle attività produttive si arriverebbe a stimare un tracollo dell’83%. In valore assoluto il Pil valeva 21 miliardi di dollari nel 2024, meno di 1.000 dollari pro-capite. Non meno del 69% della popolazione vivrebbe in povertà e un quarto in povertà assoluta. Del resto, parliamo di un Paese che ha patito 300.000 morti tra scontri e repressione, 13 milioni di sfollati e quasi 6 milioni di profughi.
Secondo l’ONU, le perdite cumulate dal 2011 ammonterebbero a 923 miliardi. I costi della ricostruzione per l’economia siriana sono stati stimati tra un minimo di 250 e un massimo di 500 miliardi. Il cambio, che in questi giorni segnala la ritrovata fiducia nel nuovo corso, è passato dalle 47 lire contro 1 dollaro di prima della guerra alle 13.000 in vigore alla caduta di Assad.
Ieri, viaggiava a 9.500 dopo avere toccato gli 8.500 subito dopo l’annunciata revoca delle sanzioni.
Pochi dollari in cassa e tanti debiti
Le condizioni per l’economia siriana restano spaventose. La banca centrale, che sotto il nuovo regime è guidata per la prima volta da una donna (tale Maysaa Sabrine), possiede appena 200 milioni di dollari di riserve valutarie. Erano a 18,5 miliardi nel 2011. Anche includendo gli asset “congelati” all’estero, principalmente Svizzera e Regno Unito, si arriverebbe a 600 milioni. Pochissimi per poter commerciare con l’estero. Anche perché negli anni della guerra le esportazioni, ergo l’afflusso di valuta estera, si sono letteralmente prosciugate: dai 18,4 miliardi di greggio venduto fuori dai confini nazionali agli 1,8 miliardi nel 2021.
Tra i numeri che provano la devastazione della guerra c’è la produzione di grano, collassata del 75%. E i prestiti stranieri sono stimati in 20-23 miliardi. In realtà, solamente Russia e Cina avrebbero titolo per chiedere il rimborso di 30-50 miliardi. Quasi certamente, ci sarà una rinegoziazione di tali debiti, parte dei quali verrebbero persino ripudiati. Non a torto. L’Iran e la Russia, ad esempio, hanno erogato prestito, spesso in forma di esportazioni semi-gratuite, per sostenere il regime di Assad. Questi a sua volta utilizzava tali prestiti per reprimere la popolazione e arricchire la sua stretta cerchia di amici e parenti.
Narco-stato sotto Assad, restano timori su nuovo corso
Tanto per dirne una, è accertato che il cognato di Assad fosse a capo di un ufficio dedito alla produzione di droghe come le metamfetamine per un business di 5,6 miliardi annuali. L’economia siriana era stata trasformata in un narco-stato simil-mafioso. La sua ricostruzione ingolosisce particolarmente Turchia e Arabia Saudita, sponsor di al-Sharaa e nemici del vecchio regime filo-iraniano. Le loro imprese e banche dovrebbero risultare le principali beneficiarie del nuovo corso. Non a caso hanno lodato Trump e il suo gesto “storico”.
Qualche timore persiste. Anzitutto, non tutte le sanzioni potranno essere revocate da Trump in persona. Alcune dovranno passare per il Congresso, dove nulla è mai scontato. Secondariamente, tale cancellazione è stata promessa dietro il rispetto di precise condizioni, tra cui il rispetto delle minoranze religiose e il taglio dei rapporti con l’Iran. Riuscirà il governo islamista a non farsi prendere la mano sull’imposizione della Sharia e la repressione di cristiani, sciiti e alawiti? I massacri sommari accertati tra questi ultimi, stretti sostenitori del precedente regime, hanno instillato più di un dubbio.
Economia siriana verso svolta storica
L’Unione Europea aveva già allentato alcune sue sanzioni all’economia siriana, ma in scia all’annuncio di Trump ora può compiere un ulteriore passo in tal senso. Già il solo fatto che Damasco tornerebbe a fare parte dello SWIFT, consentirebbe ad imprese e banche di fare affari con l’estero. Esclusa dal sistema dei pagamenti internazionali dollaro-centrico, in questi anni lo stato arabo si è affidato al mercato nero e a ristretti circuiti alternativi. Ora molti accordi potranno essere siglati per investire nello sviluppo di produzioni come petrolio e altre risorse minerarie. Molti profughi ancora all’estero potranno decidere di tornare per partecipare alla ricostruzione e beneficiarne. Sarebbe una svolta geopolitica storica per la regione.