Il dato sull’inflazione a maggio sarà probabilmente determinante per capire come reagirà la Banca Nazionale Svizzera (BNS) sul fronte dei tassi di interesse. Il governatore Martin Schlegel ha spiegato nei giorni scorsi di preferire di non reintrodurre i tassi negativi, ma che lo farà se necessario. Ad aprile i prezzi al consumo sono rimasti invariati su base annua, aumentando i timori sullo scivolamento dell’economia alpina verso la deflazione. E i rendimenti svizzeri sono precipitati sotto lo zero fino alla scadenza dei 6 anni ad inizio mese, mentre al momento restano tali fino ai 4 anni.
Ipotesi tassi negativi contro super franco
La Confederazione elvetica è una macchina delle esportazioni.
Nei primi 3 mesi dell’anno, il suo surplus commerciale è salito a 13,3 miliardi di franchi dagli 8,5 di un anno prima. Tuttavia, ciò è avvenuto in grossa parte per gli accresciuti acquisti delle imprese americane prima che fossero introdotti i dazi. La BNS teme contraccolpi per le esportazioni a causa del cambio forte. Nell’ultimo anno si è rafforzato del 6% contro l’euro e continua a flirtare con i massimi storici.
I rendimenti svizzeri decennali viaggiano al momento allo 0,32% contro quasi il 2,60% della Germania. Lo spread tra i due Paesi sfiora i 230 punti base o 2,30%, chiaramente a favore della Svizzera. La media decennale è stata di 65 punti base o 0,65%. La differenza la stanno facendo proprio i tassi. La BNS li ha tagliati allo 0,25%, la Banca Centrale Europea al 2,25% (sui depositi bancari). I tassi reali elvetici restano positivi e pari allo 0,25% con l’ultima rilevazione di aprile, mentre nell’Eurozona rasentano lo zero.
Rendimenti reali svizzeri restano positivi sulle lunghe scadenze
All’apice degli anni scorsi, i tassi in Svizzera arrivarono all’1,75% contro il 4% nell’Eurozona. Il differenziale raggiunse i 225 punti base o 2,25%, un quarto di punto in più rispetto ad oggi. I rendimenti svizzeri decennali in termini reali offrono poco più dello 0,30% contro quasi lo 0,40% della Germania con riferimento all’inflazione dell’intera Eurozona.
Il ritorno ai tassi negativi servirebbe a far defluire i capitali stranieri, indebolendo il franco svizzero. Una mossa che funzionerebbe poco nel caso di tensioni finanziarie, commerciali e/o geopolitiche. Esse sostengono gli afflussi dei capitali nello stato alpino per la sua qualità di “porto sicuro“.
Rendimenti svizzeri così infimi offrono sostegno alle già solide casse confederali. Secondo una stima dell’OCSE, la spesa per interessi quest’anno sarà di appena lo 0,1% del Pil. A titolo di confronto, negli USA si attesterebbe al 4,6%. In Italia dovrebbe sfiorare il 4%. Del resto, indebitarsi per 40 anni costa al governo appena lo 0,40% in questa fase contro il 5% pagato dal Tesoro americano sui 30 anni (2,70% reale). La ragione è semplice: il debito USA supera il 120% del Pil, quello elvetico è più basso di oltre tre volte al 38% a fine 2024.