L’8 e il 9 giugno gli italiani saranno chiamati a votare su 5 referendum relativi a 4 quesiti sul mercato del lavoro e alla possibilità di dimezzare a 5 anni i tempi per l’ottenimento della cittadinanza. Iniziamo con il primo, che riguarda i licenziamenti illegittimi. I promotori, tra cui principalmente la CGIL di Maurizio Landini, chiedono di abrogare sul punto il Jobs Act, entrato in vigore il 7 marzo del 2015 e che modificò lo Statuto dei lavoratori. Fino ad allora, i lavoratori licenziati senza giusta causa da imprese con oltre 15 dipendenti venivano reintegrati dal giudice sul posto di lavoro. A seguito della riforma, il giudice può eventualmente disporre solo del pagamento di un’indennità.
Licenziamenti illegittimi, promotori per il reintegro
Per le imprese fino a 15 dipendenti, il reintegro non era previsto già allora e continua a non essere previsto dopo il Jobs Act. Cosa sostengono i promotori? I licenziamenti illegittimi, proprio perché tali, devono essere sanati con il reintegro. In caso contrario, sostengono, ci sarebbe il far west. Le imprese si farebbero beffa delle normative a tutela dei dipendenti, consapevoli che potranno semplicemente limitarsi a pagare un’indennità.
Cosa succede se vince il sì
Se vince il “sì”, la riforma entrata in vigore nel 2015 viene cancellata. Si tornerebbe allo Statuto dei lavoratori, in verità nella versione già riformata nel 2012 dalla legge Fornero. Il reintegro ci sarebbe in casi specifici e non sempre, come da volontà del legislatore nel 1970. Affinché ciò sia possibile, serve che si rechino ai seggi almeno la metà più uno degli aventi diritto e che si esprimano a favore anche in questo caso per la metà più uno dei votanti.
I sondaggi della vigilia danno il famigerato “quorum” ben lontano dall’essere raggiunto. Al voto andrebbe un terzo degli aventi diritto.
Per il “sì” stanno facendo campagna la CGIL, il Partito Democratico, Alleanza Verdi Sinistra e Movimento 5 Stelle. Da notare che Italia Viva e Azione, pur essendo all’opposizione, sono contrari ai quesiti sul lavoro. In effetti, la situazione paradossale è che il Jobs Act venne varato dal governo di Matteo Renzi, sostenuto principalmente proprio dal PD. In pratica, il centro-sinistra sta facendo campagna contro una sua stessa legge. La maggioranza attuale di centro-destra invita apertamente a non recarsi alle urne, ad eccezione di Noi Moderati che invita a votare “no”.
Maggioranza e governo per l’astensione
L’invito all’astensionismo anche da parte del presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha scatenato furibonde polemiche tra le opposizioni, alcune delle quali sono arrivate a definirlo un gesto “eversivo”. In realtà, è sempre accaduto che i contrari ai referendum facessero campagna per l’astensione. E’ il modo più semplice per non fare prevalere i promotori e ricalca perfettamente lo spirito della Costituzione. Questa fissò il quorum per i referendum abrogativi (non per quelli costituzionali), in quanto devono essere i soggetti che promuovono la cancellazione di una o più leggi a convincere la maggioranza dei concittadini almeno ad andare a votare.
Cosa accade se vince il “no” o se non si raggiunge il quorum? La legge sui licenziamenti illegittimi resta così com’è. Le imprese con più di 15 dipendenti continueranno a pagare un’indennità ordinata dal giudice per i casi in cui fosse riscontrata l’assenza di giusta causa. E cosa dicono i numeri? Da quando il Jobs Act è entrato in vigore, risultano essere stati creati 2,3 milioni di posti di lavoro. Il tasso di occupazione è salito dal 55,6% al record del 63%. Pur restando il più basso nell’Unione Europea, dove la media supera il 70%, sono stati compiuti grossi passi in avanti. Il miglioramento ha riguardato anche le donne (dal 46,9% al 54,1%).
Riforma licenziamenti illegittimi toccasana per l’occupazione
Quale fu la ratio alla base della riforma sui licenziamenti illegittimi? Una disciplina del lavoro rigida disincentiva alle assunzioni. Le imprese italiane sono mediamente di piccole e medie dimensioni. Spesso, hanno paura di assumere un dipendente perché corrono il rischio di non poterlo licenziare facilmente nel caso in cui lo ritenessero poco adeguato al ruolo o apertamente incapace. Checché ne dicesse la legge, in passato era diventato quasi impossibile anche cacciare un dipendente scansafatiche, perché tra sindacati e giudici si trovava sempre l’escamotage per farlo rimanere sul posto di lavoro.
L’ammorbidimento delle regole si è rivelato un toccasana per il mercato del lavoro. Le assunzioni sono aumentate e in 9 casi su 10 hanno riguardato contratti a tempo indeterminato, non precari come si temeva. Questo significa che è aumentata la fiducia tra gli imprenditori. Tornare alla vecchia disciplina sui licenziamenti illegittimi appare insensato, dato che la nuova ha dato buoni frutti.