Nel promuovere i nostri titoli di stato al termine della settimana scorsa, l’agenzia di rating Moody’s ha evidenziato la solidità del nostro mercato del lavoro. In effetti, l’occupazione italiana è salita al record del 63%. Nel confronto europeo restiamo fanalino di coda, ma il miglioramento di questi anni aiuta ad alleviare il peso del debito pubblico. Le metriche che potremmo utilizzare allo scopo possono essere diverse. Concentriamoci sugli ultimi dieci anni, nel corso dei quali gli occupati sono saliti da 22 milioni scarsi a più di 24,3 milioni. In questo lasso temporale, il debito pubblico è passato da quasi 2.200 a più di 3.000 miliardi di euro.
Dati nell’ultimo decennio
Cosa c’entrano gli occupati con il peso del debito? Siamo abituati a rapportare quest’ultimo al Pil, che rappresenta il valore della produzione di beni e servizi di un’economia. Ma il Pil è prodotto giornalmente da chi lavora, sia esso dipendente o imprenditore o autonomo. Dunque, non possiamo prescindere dal loro numero per farci un’idea di quanti effettivamente sostengono sulle loro spalle le passività generate dallo stato. Dieci anni fa, il debito suddiviso per ogni occupato ammontava a circa 99.300 euro. Al 31 marzo scorso risultava di quasi 125.000 euro.
In termini percentuali, il debito per occupato è salito del 25,7%. Tuttavia, il debito pubblico in sé ha registrato una variazione del 38,9%. In rapporto al Pil, invece, la crescita è stata solamente del 3,3%. Cosa ci dicono questi numeri? Se oggi il peso del debito viene considerato più positivamente dalle agenzie di rating e dagli stessi mercati, tant’è che lo spread è sceso sotto 100 punti base, è anche grazie alla più alta occupazione.
Più persone lavorano e minore il carico sulle spalle di chi contribuisce alla creazione di ricchezza. Come dire che se a tirare la carretta siamo di più, forse ce la facciamo con un sacrificio accettabile.
Confronto europeo
Pensate se l’occupazione italiana fosse ai livelli medi europei, cioè almeno al 70%. Avremmo 27 milioni di occupati, quasi 3 milioni in più di oggi. E il peso del debito attuale scenderebbe a un valore unitario di circa 112.300 euro, il 10% in meno. In Germania, con un debito a fine 2024 di 2.700 miliardi, ci sono quasi 46 milioni di occupati. Ciascuno di loro sopporta meno di 59.000 euro di passività dello stato tedesco. In Francia, quasi 28 milioni di occupati contro più di 3.300 miliardi di debito: rapporto di quasi 119.000 euro. E in Spagna con circa 21,8 milioni di occupati e 1.636 miliardi di debito, a fine 2024 ciascun occupato risultava esposto per poco oltre 75.000 euro.
Questi confronti ci fanno capire l’importanza di aumentare l’occupazione per rendere più sostenibile il peso del debito anche agli occhi di chi lo deve finanziare. Ma il discorso diventa più complesso. Più occupati non significa solo aumento del denominatore, bensì anche del gettito fiscale e contributivo. Soltanto tenendo conto delle imposte legate strettamente al lavoro e all’impresa (IRPEF, IRES, ISOS, IRAP e relative addizionali comunali e regionali) e ai contributi previdenziali, otteniamo per il 2024 un gettito superiore ai 600 miliardi.
Fanno quasi 25.000 euro per ciascun occupato.
Peso del debito giù con maggiore occupazione
Tendendo all’occupazione media europea, le maggiori entrate per lo stato ammonterebbero a più di 65 miliardi. In pratica, azzereremmo il deficit. Comportandoci virtuosamente, smetteremmo di produrre nuovo debito e il suo peso diverrebbe più sostenibile. E stiamo escludendo i benefici legati alla maggiore occupazione, come l’aumento dei consumi e del relativo gettito IVA, nonché la riduzione dei sussidi erogati dallo stato alle famiglie con redditi bassi. Ecco perché è il mercato del lavoro a rivelarsi determinante per la tenuta futura dei conti pubblici.