È vero che anche chi ha lavorato solo 5 anni ha diritto alla pensione?

Pensione con 5 anni di contributi: requisiti, calcolo dell’assegno e come arrivare a quasi 750 € mensili grazie alle misure assistenziali.
4 settimane fa
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pace contributiva, riscatto fini a 5 anni
Foto © Pixabay

In Italia la pensione non è un privilegio destinato soltanto a carriere ultratrentennali: l’ordinamento prevede diverse “uscite” disegnate su storie lavorative molto diverse fra loro che consentono anche di andare in pensione con 5 anni di contributi.

Sapere quante settimane di contributi servono, a quale età e con quale metodo di calcolo (retributivo o contributivo) è il primo passo per non perdere denaro già versato.

Questo vale a maggior ragione per chi, per scelta o necessità, ha lavorato poco: perfino cinque anni possono bastare.

Di seguito vediamo in che modo, con date, requisiti e cifre ufficiali in vigore nel 2025.

Tutti i canali per andare in pensione oggi

Canale Età / Contributi Note essenziali
Vecchiaia ordinaria 67 anni + 20 anni Misura “pilastro” confermata per il 2025
Vecchiaia “deroghe Amato” 67 anni + 15 anni Tre deroghe per requisiti maturati entro il 1992 (art. 2, L. 503/1992)
Vecchiaia contributiva pura 71 anni + 5 anni Riservata a chi non ha contributi prima del 1 gennaio 1996
Anticipata ordinaria 42 anni e 10 mesi (uomini) / 41 anni e 10 mesi (donne) ≥ 35 anni di contributi effettivi; finestra mobile di 3 mesi
Anticipata contributiva 64 anni + 20 anni Assegno ≥ 3 × assegno sociale
Quota 103 62 anni + 41 anni Tetto di 4 × trattamento minimo INPS fino a 67 anni
Quota 41 “precoci” 41 anni 12 mesi ante 19 anni + disocc.

/inval./caregiver/gravosi

APE Sociale 63 anni e 5 mesi + 30/36 anni Indennità ponte prorogata al 31/12/2025
Opzione Donna 61 anni (59 con ≥2 figli, 60 con 1) + 35 anni Ricalcolo totalmente contributivo, requisiti entro 31/12/2024
Lavori usuranti (Quota 97,6) ≥ 61 anni e 7 mesi + ≥ 35 anni Finestra 12–18 mesi; per autonomi quota 98,6

Pensione di vecchiaia contributiva pura: 5 anni bastano davvero

La pensione con soli 5 anni di contributi è un’opzione riservata ai contributivi puri, cioè a chi non possiede neppure una settimana accreditata prima del 1° gennaio 1996.

In sostanza, si applica a chi è entrato nel mondo del lavoro dopo la riforma Dini e non ha mai avuto buste paga precedenti a quella data, oppure – in alternativa –  chi sceglie il computo nella Gestione Separata, purché possa totalizzare almeno 15 anni di contributi complessivi (di cui 5 dopo il 1996 e almeno uno prima) e rispetti gli altri requisiti di legge. Requisiti ufficiali – fissati dal D.M. 282/1996 e ribaditi dalla circolare INPS 184/2015

I requisiti sono soltanto due, ma rigidi: Età: 71 anni tondi, senza finestre di anticipo né bonus di sorta. Contributi: 5 anni di versamenti effettivi (non valgono figurativi, Naspi, riscatti).

Per intenderci, questa norma serve a non “buttare via” il poco che si è versato quando non si raggiunge la soglia ordinaria dei 20 anni.

Quanto vale l’assegno dopo cinque anni

Cinque annualità di stipendio confluiscono nel montante contributivo, che per i lavoratori dipendenti cresce del 33 % della retribuzione lorda annua.

Al momento del pensionamento il montante viene trasformato in rendita tramite il coefficiente di trasformazione previsto fissato al 6,510 % per il biennio 2025-2026.

Ecco cosa significa in pratica andare in pensione con 5 anni di contributi:

Immaginiamo un reddito lordo medio di 25 000 € per ciascuno dei cinque anni lavorati. I contributi annui sono pari a 8 250 €; il montante complessivo è dunque 41 250 €. Applicando il coefficiente 6,510 %, la pensione annua lorda ammonta a 2 685 €, pari a circa 207 € al mese (13 mensilità).

Con stipendi più bassi – pensiamo a un part-time o a contratti intermittenti – l’assegno scende facilmente sotto i 150 € mensili.

A differenza delle pensioni miste o retributive, l’importo non viene integrato al minimo: la legge esclude questa garanzia per chi è nel contributivo puro.

La pensione cresce con il cumulo dell’assegno sociale

La pensione con 5 anni di contributi però può essere cumulata con altre misure:

  • assegno sociale: dal compimento dei 67 anni offre 538,68 € mensili (13 mensilità) a chi è privo di altri redditi significativi. L’assegno resta anche una volta liquidata la pensione a 71 anni, ma si riduce della parte di reddito previdenziale che eccede la soglia di legge.
  • maggiorazione sociale (incremento al milione): a 70 anni aggiunge 201,15 € mensili, portando il totale massimo a 739,83 € nel 2025.

Se il pensionato non ha altre entrate (e il reddito del coniuge è entro i limiti), l’assegno sociale colma il distacco tra la pensione “magrolina” e la soglia di dignità fissata ogni anno dall’indice ISTAT. Ed è così che, pur con soli cinque anni di lavoro vero, si può contare su un reddito mensile prossimo ai 740 €, destinato a salire lentamente con la rivalutazione

Perché la via dei 5 anni è (solo) un paracadute

  • Importo ridotto: con cinque soli anni di contributi l’assegno INPS copre appena il 20-30 % di una pensione minima.
  • Età alta: 71 anni superano di quattro anni la vecchiaia ordinaria.
  • Assistenza condizionata: Assegno e maggiorazione sociale si perdono (in tutto o in parte) se esistono altri redditi; bastano rendite modeste per far scendere l’importo finale.
  • Nessuna integrazione al minimo contributiva: l’art. 1, comma 3, D.Lgs. 503/1992 non si applica ai contributivi puri.
  • Utile per non “perdere” i contributi: senza questa opzione i versamenti resterebbero bloccati e inutilizzabili.

Luci e ombre dell’opzione a 5 anni

Sulla carta il meccanismo è salvifico: evita di perdere quanto versato e fa scattare le tutele assistenziali.

Nella realtà comporta tre limiti strutturali: l’età elevata (71 anni), la dipendenza da prestazioni assistenziali soggette a severe soglie di reddito familiare e l’impossibilità di ottenere l’integrazione al minimo.

È dunque un paracadute di ultima istanza, utile a chi non riuscirà mai a raggiungere i 20 anni necessari per la vecchiaia ordinaria, ma lontano dall’assicurare la stessa stabilità economica delle carriere lunghe.

Rimane confermata la pensione per gli invalidi con 5 anni di versamenti.

Riassumendo.

  • Nel 2025 restano attivi molti canali: vecchiaia (67/20), deroghe Amato, Quota 103, APE Sociale, Opzione Donna, contributiva pura, ecc.
  • La vecchiaia contributiva pura consente di andare in pensione con 5 anni di versamenti ma solo a 71 anni e a chi non ha contributi pre-1996.
  • L’assegno si calcola esclusivamente col sistema contributivo (coefficiente 6,510 % a 71 anni).
  • Con stipendi ordinari l’importo oscilla fra 40 € e 400 € lordi al mese; niente integrazione al minimo.Assegno sociale e maggiorazione sociale (tot. 739,83 €) possono “alzare” la rendita, ma soltanto se il
  • pensionato e la famiglia non hanno altri redditi significativi

Andrea Amantea

Giornalista pubblicista iscritto all’ordine regionale della Calabria, in InvestireOggi da giugno 2020 in qualità di redattore specializzato, scrive per la sezione Fisco affrontando tutte le questioni inerenti i vari aspetti della materia. Ha superato con successo l'esame di abilitazione alla professione di Dottore Commercialista, si occupa oramai da diversi anni, quotidianamente, per conto di diverse riviste specializzate, di casi pratici e approfondimenti su tematiche fiscali quali fatturazione, agevolazioni, dichiarazioni, accertamento e riscossione nonché di principi giurisprudenziali espressi in ambito di imposte e tributi.

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