In Italia la pensione non è un privilegio destinato soltanto a carriere ultratrentennali: l’ordinamento prevede diverse “uscite” disegnate su storie lavorative molto diverse fra loro che consentono anche di andare in pensione con 5 anni di contributi.
Sapere quante settimane di contributi servono, a quale età e con quale metodo di calcolo (retributivo o contributivo) è il primo passo per non perdere denaro già versato.
Questo vale a maggior ragione per chi, per scelta o necessità, ha lavorato poco: perfino cinque anni possono bastare.
Di seguito vediamo in che modo, con date, requisiti e cifre ufficiali in vigore nel 2025.
Tutti i canali per andare in pensione oggi
Canale | Età / Contributi | Note essenziali |
Vecchiaia ordinaria | 67 anni + 20 anni | Misura “pilastro” confermata per il 2025 |
Vecchiaia “deroghe Amato” | 67 anni + 15 anni | Tre deroghe per requisiti maturati entro il 1992 (art. 2, L. 503/1992) |
Vecchiaia contributiva pura | 71 anni + 5 anni | Riservata a chi non ha contributi prima del 1 gennaio 1996 |
Anticipata ordinaria | 42 anni e 10 mesi (uomini) / 41 anni e 10 mesi (donne) | ≥ 35 anni di contributi effettivi; finestra mobile di 3 mesi |
Anticipata contributiva | 64 anni + 20 anni | Assegno ≥ 3 × assegno sociale |
Quota 103 | 62 anni + 41 anni | Tetto di 4 × trattamento minimo INPS fino a 67 anni |
Quota 41 “precoci” | 41 anni | 12 mesi ante 19 anni + disocc.
/inval./caregiver/gravosi |
APE Sociale | 63 anni e 5 mesi + 30/36 anni | Indennità ponte prorogata al 31/12/2025 |
Opzione Donna | 61 anni (59 con ≥2 figli, 60 con 1) + 35 anni | Ricalcolo totalmente contributivo, requisiti entro 31/12/2024 |
Lavori usuranti (Quota 97,6) | ≥ 61 anni e 7 mesi + ≥ 35 anni | Finestra 12–18 mesi; per autonomi quota 98,6 |
Pensione di vecchiaia contributiva pura: 5 anni bastano davvero
La pensione con soli 5 anni di contributi è un’opzione riservata ai contributivi puri, cioè a chi non possiede neppure una settimana accreditata prima del 1° gennaio 1996.
In sostanza, si applica a chi è entrato nel mondo del lavoro dopo la riforma Dini e non ha mai avuto buste paga precedenti a quella data, oppure – in alternativa – chi sceglie il computo nella Gestione Separata, purché possa totalizzare almeno 15 anni di contributi complessivi (di cui 5 dopo il 1996 e almeno uno prima) e rispetti gli altri requisiti di legge. Requisiti ufficiali – fissati dal D.M. 282/1996 e ribaditi dalla circolare INPS 184/2015
I requisiti sono soltanto due, ma rigidi: Età: 71 anni tondi, senza finestre di anticipo né bonus di sorta. Contributi: 5 anni di versamenti effettivi (non valgono figurativi, Naspi, riscatti).
Per intenderci, questa norma serve a non “buttare via” il poco che si è versato quando non si raggiunge la soglia ordinaria dei 20 anni.
Quanto vale l’assegno dopo cinque anni
Cinque annualità di stipendio confluiscono nel montante contributivo, che per i lavoratori dipendenti cresce del 33 % della retribuzione lorda annua.
Al momento del pensionamento il montante viene trasformato in rendita tramite il coefficiente di trasformazione previsto fissato al 6,510 % per il biennio 2025-2026.
Ecco cosa significa in pratica andare in pensione con 5 anni di contributi:
Immaginiamo un reddito lordo medio di 25 000 € per ciascuno dei cinque anni lavorati. I contributi annui sono pari a 8 250 €; il montante complessivo è dunque 41 250 €. Applicando il coefficiente 6,510 %, la pensione annua lorda ammonta a 2 685 €, pari a circa 207 € al mese (13 mensilità).
Con stipendi più bassi – pensiamo a un part-time o a contratti intermittenti – l’assegno scende facilmente sotto i 150 € mensili.
A differenza delle pensioni miste o retributive, l’importo non viene integrato al minimo: la legge esclude questa garanzia per chi è nel contributivo puro.
La pensione cresce con il cumulo dell’assegno sociale
La pensione con 5 anni di contributi però può essere cumulata con altre misure:
- assegno sociale: dal compimento dei 67 anni offre 538,68 € mensili (13 mensilità) a chi è privo di altri redditi significativi. L’assegno resta anche una volta liquidata la pensione a 71 anni, ma si riduce della parte di reddito previdenziale che eccede la soglia di legge.
- maggiorazione sociale (incremento al milione): a 70 anni aggiunge 201,15 € mensili, portando il totale massimo a 739,83 € nel 2025.
Se il pensionato non ha altre entrate (e il reddito del coniuge è entro i limiti), l’assegno sociale colma il distacco tra la pensione “magrolina” e la soglia di dignità fissata ogni anno dall’indice ISTAT. Ed è così che, pur con soli cinque anni di lavoro vero, si può contare su un reddito mensile prossimo ai 740 €, destinato a salire lentamente con la rivalutazione
Perché la via dei 5 anni è (solo) un paracadute
- Importo ridotto: con cinque soli anni di contributi l’assegno INPS copre appena il 20-30 % di una pensione minima.
- Età alta: 71 anni superano di quattro anni la vecchiaia ordinaria.
- Assistenza condizionata: Assegno e maggiorazione sociale si perdono (in tutto o in parte) se esistono altri redditi; bastano rendite modeste per far scendere l’importo finale.
- Nessuna integrazione al minimo contributiva: l’art. 1, comma 3, D.Lgs. 503/1992 non si applica ai contributivi puri.
- Utile per non “perdere” i contributi: senza questa opzione i versamenti resterebbero bloccati e inutilizzabili.
Luci e ombre dell’opzione a 5 anni
Sulla carta il meccanismo è salvifico: evita di perdere quanto versato e fa scattare le tutele assistenziali.
Nella realtà comporta tre limiti strutturali: l’età elevata (71 anni), la dipendenza da prestazioni assistenziali soggette a severe soglie di reddito familiare e l’impossibilità di ottenere l’integrazione al minimo.
È dunque un paracadute di ultima istanza, utile a chi non riuscirà mai a raggiungere i 20 anni necessari per la vecchiaia ordinaria, ma lontano dall’assicurare la stessa stabilità economica delle carriere lunghe.
Rimane confermata la pensione per gli invalidi con 5 anni di versamenti.
Riassumendo.
- Nel 2025 restano attivi molti canali: vecchiaia (67/20), deroghe Amato, Quota 103, APE Sociale, Opzione Donna, contributiva pura, ecc.
- La vecchiaia contributiva pura consente di andare in pensione con 5 anni di versamenti ma solo a 71 anni e a chi non ha contributi pre-1996.
- L’assegno si calcola esclusivamente col sistema contributivo (coefficiente 6,510 % a 71 anni).
- Con stipendi ordinari l’importo oscilla fra 40 € e 400 € lordi al mese; niente integrazione al minimo.Assegno sociale e maggiorazione sociale (tot. 739,83 €) possono “alzare” la rendita, ma soltanto se il
- pensionato e la famiglia non hanno altri redditi significativi