Pensione a 64 anni nel 2026? Quanti anni di contributi serviranno davvero

Dal 2026 la pensione a 64 anni potrebbe diventare realtà, ma con requisiti contributivi rigidi e non accessibili a tutti.
5
4 settimane fa
3 minuti di lettura
pensione prima
Foto © Investireoggi

Con l’avvicinarsi del 2026, il panorama previdenziale italiano si prepara a mutare ancora una volta. Dopo l’introduzione nel 2023 della misura nota come Quota 103, che ha permesso (e permette) l’accesso anticipato alla pensione a 62 anni con almeno 41 anni di contributi, si profila ora una riforma più selettiva, centrata sul principio contributivo puro. Il nuovo sistema potrebbe sancire l’accesso alla pensione a 64 anni, ma con condizioni ben più stringenti rispetto al passato.

Pensione a 64 anni dopo il tramonto di Quota 103

La c.d. Quota 103 (succeduta a Quota 100 e Quota 102) è stata concepita come un’opzione temporanea, destinata ad agevolare l’uscita dal lavoro per coloro che vantano una lunga carriera contributiva.

La misura ha rappresentato (e rappresenta) un compromesso tra flessibilità in uscita e sostenibilità finanziaria, permettendo a molti lavoratori di anticipare la fine dell’attività lavorativa senza attendere i requisiti ordinari previsti dalla Legge Fornero. Tuttavia, questa opportunità ha una durata limitata: il suo addio è previsto, salvo nuova proroga, a partire dal 2026.

Il governo italiano, consapevole della necessità di una riforma strutturale del sistema pensionistico, sta studiando nuove modalità di accesso alla pensione anticipata, che saranno probabilmente molto più rigorose in termini di requisiti di contribuzione e calcolo dell’assegno previdenziale.

Il nuovo modello: pensione a 64 anni con 25 anni di contributi

L’ipotesi attualmente in discussione propone un’età pensionabile di 64 anni, condizionata però a un minimo di 25 anni di versamenti contributivi. A differenza di Quota 103, che si applicava anche a chi aveva iniziato a lavorare prima del 1996 e comprendeva una quota retributiva nel calcolo dell’assegno, la nuova proposta si rivolge esclusivamente ai lavoratori la cui carriera è iniziata dopo il 1° gennaio 1996, cioè coloro il cui trattamento pensionistico è calcolato interamente con il sistema contributivo.

Questo vincolo non è solo anagrafico, ma anche strutturale, perché si accompagna a un ulteriore paletto: il valore dell’assegno maturato dovrà essere pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale, che nel 2025 si aggira intorno ai 539 euro. Significa quindi che la pensione spettante dovrà essere pari ad almeno circa 1.617 euro lordi mensili per poter accedere all’uscita a 64 anni.

Un criterio selettivo che restringe la platea

Il nuovo assetto previdenziale si fonda su un impianto rigorosamente contributivo, con effetti discriminanti verso alcune categorie di lavoratori. In particolare, ad essere penalizzati sarebbero coloro che hanno avuto carriere discontinue, salari bassi o lunghe interruzioni, come capita frequentemente nel lavoro autonomo, precario o nei settori a basso reddito.

L’asticella dei requisiti reddituali, fissata a un livello così elevato, escluderebbe molti cittadini che, pur avendo raggiunto l’età di 64 anni e versato almeno 25 anni di contributi, non riescono a maturare un assegno previdenziale così consistente. La conseguenza più immediata sarebbe il rinvio dell’uscita dal lavoro, con un ritorno all’età pensionabile ordinaria, che al momento è fissata a 67 anni.

Le proiezioni future: verso requisiti ancora più rigidi

Il quadro diventa ancora più restrittivo se si considera la possibile evoluzione della misura nel medio-lungo termine.

Secondo le anticipazioni attuali, a partire dal 2030 i criteri di accesso alla pensione anticipata a 64 anni potrebbero inasprirsi ulteriormente. Si parla di un incremento della soglia contributiva da 25 a 30 anni, accompagnato da una rivalutazione dell’importo minimo dell’assegno, che dovrebbe arrivare a 3,2 volte l’assegno sociale.

Tali modifiche accentuerebbero l’effetto selettivo della riforma, riducendo ulteriormente la platea dei potenziali beneficiari. In pratica, solo chi ha goduto di carriere continuative, stipendi medio-alti e una costante regolarità nei versamenti potrà accedere alla pensione a 64 anni. La flessibilità in uscita verrebbe così garantita solo a una parte ristretta della popolazione lavorativa.

Pensione a 64 anni: l’equilibrio tra sostenibilità e inclusività

Le ragioni alla base della nuova proposta poggiano sull’esigenza di garantire la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico italiano, minacciato dall’invecchiamento della popolazione e dalla diminuzione del tasso di natalità. Tuttavia, l’introduzione di criteri così selettivi potrebbe sollevare critiche sotto il profilo dell’equità sociale.

L’adozione esclusiva del metodo contributivo favorisce chi ha potuto versare contributi elevati e continuativi. Ma ignora le difficoltà strutturali del mercato del lavoro italiano, caratterizzato da una crescente precarietà e da disuguaglianze retributive. Il rischio è quello di creare una frattura tra lavoratori “forti”, con percorsi lineari e ben remunerati. E lavoratori “fragili”, penalizzati da discontinuità lavorative e redditi modesti.

Riassumendo

  • Quota 103 dovrebbe terminare nel 2026, lasciando spazio a un sistema contributivo puro.
  • Nuova pensione a 64 anni prevista solo per chi ha iniziato dopo il 1995.
  • Serviranno almeno 25 anni di contributi e un assegno pari a tre volte il sociale.
  • Misura penalizza chi ha carriere discontinue o redditi bassi.
  • Dal 2030 aumenteranno i requisiti: 30 anni di contributi e assegno più alto.
  • Riforma punta alla sostenibilità, ma rischia di accentuare le disuguaglianze sociali.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

Articolo precedente

Rimborso retribuzioni per lavoratori donatori di sangue: come cambia la busta paga? (circolare INPS n. 96/2025)

Articolo seguente

Truffa a nome Nespresso: ecco come funziona il nuovo raggiro del caffè