I giovani occupati scappano dal lavoro. Sono le nuove vittime di un panorama affatto invitante, tra lavoro precario e stipendi per nulla adeguati al costo della vita. Segue a ruota il tragico fenomeno delle donne con collaborazioni precarie: i numeri sono da capogiro. Questa è una sconfortante fotografia di come si sia evoluto il mercato del lavoro italiano nell’ultimo decennio. I dati sono stati raccolti nel sesto rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale e offrono una visione d’insieme che non è possibile ignorare.

Così, mentre si ragiona di innovazioni per semplificare la vita di tutti come la settimana lavorativa corta messa al vaglio dal governo Meloni, certi meccanismi si inceppano e ci immobilizzano in una sorta di medioevo lavorativo. Sì, perché la forza lavoro in Italia sta invecchiando rapidamente e vertiginosamente, le differenze di trattamento tra sessi non accennano a diminuire e per i più giovani diventa sempre meno allettante l’ingresso nel mondo del lavoro. Vediamo insieme i numeri per capire la portata del fenomeno.

Giovani occupati in fuga: il mondo del lavoro sta invecchiando senza sosta

Nonostante il fermento e il tentativo di alcune aziende di stare al passo coi tempi in tema di smart working e lavoro flessibile, la crisi del mercato del lavoro italiana continua a farsi sentire. Si accanisce soprattutto sui giovani occupati che, beh, smettono di esserlo nel momento in cui fuggono da aziende, stipendi troppo bassi, nessuna possibilità di carriera, mancanza totale di flessibilità. Di fatto, un panorama nient’affatto stimolante.

Le percentuali parlano chiarissimo: gli occupati tra i 15 e i 34 anni d’età, nel periodo che intercorre tra il 2012 e il 2022, sono diminuiti del 7,6%. Il dato diventa ancora più preoccupante per quanto riguarda quelli nella fascia 35-49 anni: sono diminuiti del 14,8%. Di contro, per naturale assestamento del mercato del lavoro, aumentano del 40,8% i lavoratori tra i 50 e i 64 anni e addirittura del 68,9% gli over-65.

Insomma, con l’età che avanza dovremmo lavorare sempre meno, ma logica e speranze mal si sposano con la realtà italiana.

Perché i giovani occupati stanno fuggendo in massa dal lavoro? Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, in occasione della presentazione del rapporto Censis-Eudaimon ha dato la sua versione dei fatti:

«Si parla troppo poco di lavoro e quando si parla di lavoro, si parla di lavoro precario. Bisogna intervenire, come abbiamo chiesto a questo governo e a quello precedente, sul lavoro precario e povero».

La forza lavoro non va solo spremuta, va anche invogliata con offerte eque e sensate. Il cambio di mentalità è ormai essenziale.

Donne e giovani sempre più precarie

Non solo giovani occupati in fuga, ma anche giovani occupate senza contratti di lavoro stabili. Secondo il rapporto Censis-Eudaimon il mercato del lavoro è effettivamente dinamico, ma è una dinamicità forzata dovuta al desiderio di trovare condizioni migliori. Così, si scatena il fenomeno delle dimissioni di massa: nei primi nove mesi del 2022, in media, sono stati 8.500 gli italiani che hanno lasciato la propria occupazione. Nel rimescolamento continuo del mercato del lavoro, nello stesso periodo 49.500 italiani hanno iniziato un nuovo lavoro, un 6,2% in più rispetto al 2019. Rispetto al 2019 è un 30,1% in più. Cosa scatena quest’ondata di movimenti tra un’azienda e l’altra? Come già anticipato, la ricerca di condizioni di lavoro migliori, senza troppi compromessi.

Dopo la pandemia ci siamo resi conto che qualcosa doveva cambiare, che gli orari e le sedi di lavoro non dovevano più per forza essere rigidi. Che una certa flessibilità ci ha permesso di coltivare la vita privata, rispondendo anche alle esigenze familiari o personali. Ma anche che conservare il potere d’acquisto rispetto all’inflazione galoppante non è un capriccio, ma un diritto. Il fattore che più di tutti spiega i rimescolamenti del mercato del lavoro è però la precarietà che, purtroppo, continua a imperversare.

Secondo i dati Censis-Eudaimon, più di un lavoratore su quattro ha un contratto non standard (ovvero a tempo determinato, part-time, collaborazioni occasionali).

Il problema riguarda soprattutto le donne. Quasi la metà delle giovani lavoratrici ha un contratto non standard: circa il 46,3%. Inoltre, il 20,9% di esse ha dovuto accettare un part-time involontario. Associando questi dati con quelli legati al gender pay gap che ancora imperversa, il quadro è tutt’altro che incoraggiante. La precarietà non è solo un problema di genere, ma anche di generazioni: il 39,3% dei lavoratori tra i 15-34 anni conferma di non avere un contratto non standard.

Giovani occupati in fuga, ma non solo: la qualità del lavoro in Italia

Il rapporto di Censis-Eudaimon non si è concentrato solo su giovani occupati in fuga e contratti precari, ma anche più in generale sulla qualità del lavoro in Italia. Argomento che, in sé, riassume tutte le ragioni prima elencate sul perché i giovani siano insofferenti e le dimissioni procedano a raffica. Il quadro, infatti, è ancora una volta desolante. Il 46,7% degli italiani lascerebbe l’attuale occupazione se ne avesse la possibilità. La percentuale schizza al 50,4% tra i giovani e al 58,6% tra gli operai.

Due occupati su tre svelano di rimanere al lavoro solo ed esclusivamente per guadagnare soldi necessari a vivere e permettersi qualche sfizio. Una disaffezione e una mancanza di passione inevitabili ripercorrendo quanto appena analizzato. Le ragioni specificate nel rapporto Censis sono comunque tre: la difficoltà di fare carriera secondo l’esperienza del 65% degli occupati; gli stipendi troppo bassi in particolare per il 53% di giovani; la precarietà e la paura per il 46,2% degli occupati di perdere il proprio lavoro senza preavviso.